Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21126 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 13/10/2011), n.21126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOGNANNI Salvatore – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Benaco n.

5, presso l’avv. Maria Chiara Morabito, rappresentato e difeso

dall’avv. CALDARERA Michele G. giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2643/05,

depositata il 12 novembre 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

luglio 2011 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

udito l’Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il

controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

LETTIERI Nicola, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. B.L. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione del B. avverso l’ingiunzione notificatagli dall’Ufficio doganale di Varese per il pagamento, in solido con altri soggetti, di circa L. 356.000.000, corrispondenti ai diritti asseritamente evasi con l’immissione in consumo di numerosi apparecchi televisivi, videoregistratori e radioregistratori; il relativo procedimento penale per il reato di contrabbando si era concluso con decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione.

La Corte d’appello ha affermato, in sintesi, che, in base agli elementi emersi in sede penale, la consapevole partecipazione del B. all’attività di contrabbando doveva ritenersi adeguatamente accertata.

2. Il Ministero dell’economia e delle finanze resiste con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 cod. civ., assumendo che il giudice a quo ha erroneamente attribuito all’opponente l’onere della prova della infondatezza della pretesa creditoria dell’Amministrazione, laddove spettava a quest’ultima, attrice in senso sostanziale, dimostrare la sussistenza dei fatti costitutivi della pretesa stessa.

Il motivo è inammissibile, poichè dall’esame del contenuto dei motivi di appello (integralmente riprodotti nel ricorso, come è espressamente precisato) non risulta che tale questione sia stata portata al vaglio del giudice del gravame. In ogni caso, la censura è infondata, in quanto quest’ultimo non ha affatto attribuito l’onere della prova al B., bensì è pervenuto alla decisione attraverso la valutazione del complesso degli elementi probatori acquisiti (valutazione da contestare, in ipotesi, sotto il profilo del vizio di motivazione: da ult., Cass. n. 19064 del 2006).

2.1. Con il secondo motivo, si censura la sentenza impugnata per insufficiente motivazione circa la attendibilità delle “chiamate in correità” del B. da parte di tali M. e R..

Con il terzo mezzo, ci si duole della omessa motivazione in ordine alla contestata affermazione del giudice di primo grado, secondo cui il bollettario in bianco, sequestrato il 27/10/1987 dalla Guardia di finanza, apparteneva al ricorrente.

Con il quarto motivo, infine, è ulteriormente lamentata l’omessa motivazione su altri due aspetti decisivi della controversia, e precisamente, da un lato, il fatto che il decreto di archiviazione emesso nel 1993 dal g.i.p. presso il Tribunale di Busto Arsizio aveva ravvisato un unico fatto di contrabbando con riferimento a beni completamente diversi da quelli indicati nell’opposta ingiunzione, e, dall’altro, la circostanza che sia il citato decreto di archiviazione, sia la precedente richiesta del p.m., avevano escluso la ricorrenza del reato di falso in scrittura privata con riguardo alle bolle di accompagnamento della merce immessa in consumo.

2.2. La Corte territoriale, premesso che “non è qui contestata l’oggettiva sussistenza dell’attività di contrabbando denunciata, bensì il concorso di B. in quel reato”, è pervenuta al convincimento che la “decisiva partecipazione” del ricorrente risultasse “adeguatamente accertata” sulla base sia delle attribuzioni di responsabilità a carico del B. operate dai due coobbligati in solido (le quali, ad avviso del giudice di merito, “si sostengono e si rafforzano reciprocamente”), sia, soprattutto, in virtù del contenuto dell’interrogatorio reso dallo stesso ricorrente (ampiamente riportato in sentenza), dal quale il giudice medesimo ha ritenuto agevole cogliere elementi decisivi per poter escludere la fondatezza della tesi della sua inconsapevole partecipazione all’attività di contrabbando, tesi ritenuta, in definitiva, “non solo in sè poco credibile rispetto al contesto, ma anche sfornita di qualsiasi dettaglio od elemento di riscontro”.

Ciò posto, va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, tra le più recenti, Cass. nn. 12362 del 2006, 5328 del 2007, 16499 del 2009, 17097 del 2010, 8767 del 2011).

In conclusione, sulla base dell’enunciato principio e a fronte di una motivazione da reputare esauriente e priva di vizi logico-giuridici, tutti i dedotti motivi sopra esposti si rivelano infondati.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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