Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21123 del 12/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/09/2017, (ud. 23/05/2017, dep.12/09/2017),  n. 21123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20866-2012 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIO VENETO

84, presso lo studio dell’avvocato SUSANNA DELIRANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLO FOTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ASL (OMISSIS) SAVONESE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLO’ TARTAGLIA 5,

presso lo studio dell’avvocato SANDRA AROMOLO, rappresentata e

difesa dagli avvocati MARIO SPOTORNO e ANTONIO PIPICELLI, giusta

delega in atti;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 445/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 20/06/2012 R.G.N. 767/2011.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza depositata il 20 giugno 2012 la Corte di appello di Genova, in riforma della pronuncia del Tribunale di Savona, ha respinto la domanda presentata da D.M. nei confronti della A.S.L. n. (OMISSIS) Savonese per l’accertamento della illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati in data 5.7.2002 (della durata di sei mesi, prorogato di altri otto) e in data 9.2.2004 (della durata di sei mesi, prorogato sino all’8.2.2007), per lo svolgimento di mansioni, rispettivamente, di ausiliario specializzato (cat. A) e di operatore tecnico magazziniere (cat. B), e per la condanna al pagamento del risarcimento del danno, ritenendo che l’esigenza di assumere per “temporanea copertura di posto vacante” integrava una ragione di tipo organizzativo/sostitutivo consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001 (e rispettosa della clausola n. 5 della direttiva 1999/70/CE) a fronte della sostituzione di personale collocato a riposo e dell’urgente necessità di ricoprire i posti vacanti, in attesa dell’espletamento del concorso pubblico non consentito – nemmeno in via eccezionale – dal blocco delle assunzioni introdotto dalla L. n. 289 del 2002 e ribadito dalla L. n. 350 del 2003 (ed espletato una volta che il quadro normativo lo ha consentito).

che avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il D. prospettando tre motivi di ricorso;

che la A.S.L. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, dell’art. 17 c.c.n.l. comparto Sanità 1.9.1995, art. 31 c.c.n.l. comparto Sanità 20.9.2001 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che il D.Lgs. n. 368 del 2001 non si applica alle pubbliche amministrazioni in forza delle modifiche introdotte dal D.L. n. 112 del 2008, art. 49 (convertito in L. n. 133 del 2008) al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 ove si richiede la ricorrenza d i esigenze temporanee ed eccezionali per la stipulazione di contratti a tempo determinato. Del pari, i contratti del comparto Sanità stipulati nel settembre 1995 e 2001 consentono la copertura di posti vacanti per un periodo massimo di otto mesi.

che con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2001, art. 34, comma 11, e art. 5 dell’accordo in sede di conferenza unificata Stato, Regioni ed enti locali 19.6.2003 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che la conferenza unificata aveva autorizzato le Regioni, per l’anno 2003, ad assumere personale a tempo indeterminato entro i limiti di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 34 scegliendo autonomamente la tipologia di personale necessario, ed errando, pertanto, nel ritenere sussistente un blocco per le assunzioni.

che con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e della L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5, 6 e 7 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) essendo riconosciuto, dalla giurisprudenza di legittimità, una forma di risarcimento automatico a favore del lavoratore assunto illegittimamente con contratto a termine.

che, esaminati congiuntamente i primi due motivi di ricorso in quanto strettamente connessi, questo Collegio rileva che la legittimità del contratto a tempo determinato stipulato tra D.M. e la A.S.L. n. (OMISSIS) Savonese vada verificata alla luce della normativa vigente all’epoca della stipulazione;

che, alla data di stipulazione dei due contratti a tempo determinato nonchè delle loro proroghe (rispettivamente luglio 2002 e febbraio 2004), il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 1, recitava: “1. Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, in applicazione di quanto previsto dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dal D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3 convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863, dal D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 16convertito con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1994, n. 451, dalla L. 24 giugno 1997, n. 196, nonchè da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina”, disposizione più volte modificata – ma solamente nell’anno 2006 – nel senso di introdurre i caratteri della temporaneità e della eccezionalità delle esigenze di assunzione (in particolare, con il D.L. n. 4 del 2006, art. 4, comma 2, del convertito dalla L. n. 80 del 2006; poi con la L. n. 244 del 2007, art. 3, comma 79; poi con il D.L. n. 112 del 2008, art. 49, comma 1, convertito dalla L. n. 133 del 2008; poi con il D.L. n. 78 del 2009, art. 17 convertito dalla L. n. 102 del 2009 e, infine, con il D.L. n. 101 del 2013, art. 4, convertito dalla L. n. 125 del 2013);

che, pertanto, dalla disposizione normativa vigente alla data della stipulazione del contratto a tempo determinato risultava applicabile alle pubbliche amministrazioni e, nella specie, agli enti locali, il D.Lgs. n. 368 del 2001, in forza del richiamo operato alla normativa vigente in materia nonchè ad ogni “successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina”, e la limitata ultrattività delle clausole dei contratti collettivi (il cui regime di pubblicità è del tutto simile a quello della legge, essendo pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 47, comma 8, e risultando, pertanto, irrilevante l’eccezione di inammissibilità della relativa produzione) non impediva, peraltro, la stipulazione di contratti a tempo determinato per causali diverse da quelle elaborate dalle parti sociali in forza della L. n. 56 del 1987, art. 23 (c.c.n.l. comparto Sanità, sottoscritti, il primo, l’1.9.1995 e il secondo il 20.9.2001), e ciò in applicazione della disposizione legislativa sopravvenuta;

che l’accertata irrilevanza della ricorrenza dei requisiti della temporaneità ed eccezionalità delle esigenze di assunzione a tempo determinato rende ultronea la disamina dell’accordo concluso in sede di conferenza unificata Stato, Regioni ed Enti locali, dovendosi, comunque, rilevare l’inammissibilità della sottoposizione, al sindacato diretto di questa Corte di legittimità, di una disposizione non avente natura di norma di diritto;

che la sentenza impugnata – nel valutare la legittimità del contratto a termine sulla base delle “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” dettate dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 – ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, non essendo, inoltre, stato sollevato alcun profilo di abuso delle proroghe disposte con riguardo ad entrambi i contratti;

che il terzo motivo di ricorso, concernente le conseguenze di una pronuncia di illegittimità del contratto a tempo determinato, è assorbito dal rigetto della domanda originariamente proposta dalla lavoratrice;

che il ricorso va rigettato e le spese di lite sono liquidate in applicazione del criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..

PQM

 

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2017

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