Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21122 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 07/08/2019), n.21122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24794/17 proposto da:

-) O.P., elettivamente domiciliato in Roma, via Federico

Cesi n. 72, presso l’avvocato Pietro Sgarbi, che lo rappresenta e

difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona 14 luglio 2017 n.

1074;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7

giugno 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.P., cittadino nigeriano, nel 2011 chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato;

(b) in subordine, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in ulteriore subordine, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento dell’istanza dedusse di essere figlio di un sacerdote Voodoo; che alla morte del padre gli anziani del villaggio gli imposero di prenderne il posto; che lui, di fede cristiana, si era rifiutato, e per questa ragione era stato aggredito dagli abitanti del villaggio.

2. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza; avverso tale provvedimento l’odierno ricorrente propose opposizione dinanzi al Tribunale di Ancona, che la rigettò con ordinanza 16.12.2013.

La Corte d’appello di Ancona rigettò il gravame con sentenza 891/15.

Tale sentenza venne cassata con rinvio da questa Corte, con sentenza 3758/16, per non avere il giudice di merito esaminato il “fatto controverso” rappresentato dalla situazione sociopolitica del Paese di provenienza.

3. Riassunta la causa, con sentenza 14.7.2017 n. 1074 la Corte d’appello d’Ancona – ritenuta abbandonata la domanda di asilo – giudicò insussistenti i presupposti per la protezione sussidiaria e per quella umanitaria.

Ritenne che nella zona di origine del richiedente ((OMISSIS)) non fosse in atto una violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; e che comunque il richiedente non si trovava in una condizione di vulnerabilità idonea a giustificare la protezione umanitaria.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da O.P. con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso.

1.1. I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perchè prospettano censure o sovrapponibili, o connesse.

Con tutti e tre, infatti, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che nella regione nigeriana di provenienza del ricorrente ((OMISSIS)) non fosse in atto una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

Deduce che la Corte d’appello non avrebbe adeguatamente valutato i documenti prodotti dal ricorrente; non avrebbe fatto ricorso ai propri poteri di approfondimento istruttorio; non avrebbe preso in esame la circostanza che il ricorrente, nel suo Paese, era stato percosso e ferito; avrebbe travisato i rapporti internazionali in atti.

1.2. Tutti e tre i motivi sono inammissibili, perchè censurano la valutazione delle prove.

La prima sentenza d’appello, infatti, era stata cassata da questa Corte per non avere indagato in modo approfondito sulle condizioni sociopolitiche della Nigeria.

Tale indagine, per contro, nella seconda sentenza d’appello esiste, ed è tratta da un rapporto di Amnesty International; da dati forniti dal Ministero degli Esteri, e dalla stessa documentazione prodotta dall’odierno ricorrente.

Lo stabilire, poi, se quella valutazione sia stata condotta in modo corretto o scorretto, o se la Corte d’appello abbia bene o male valutato le relazioni delle organizzazioni internazionali, è questione di puro fatto, riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità.

2. Il quarto motivo di ricorso.

2.1. Col quarto motivo il ricorrente lamenta – formalmente invocando la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32nonchè la nullità della sentenza l’erroneità della decisione impugnata nella parte in cui ha negato la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Sostiene che la Corte d’appello avrebbe “travisato” la vicenda personale del ricorrente, che nel suo Paese non è stato lasciato libero di professare la propria religione, nè avrebbe esaminato le sue allegazioni, con le quali invocava la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, dal momento che nel suo paese sussisteva una “situazione di grave violazione dei diritti umani”.

2.2. Il motivo è inammissibile per plurime ed indipendenti ragioni.

In primo luogo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

La Corte d’appello, infatti, ha rigettato la domanda di concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, osservando che il ricorrente non aveva nè allegato, nè provato, particolari situazioni di vulnerabilità (così la sentenza d’appello, p. 8, secondo capoverso).

A fronte di questa ratio decidendi, il ricorrente avrebbe dunque innanzitutto censurare l’error in procedendo, indicando quali circostanze aveva dedotto a fondamento della suddetta domanda; in quale atto le aveva formulate e come le aveva provate.

2.3. In secondo luogo, il motivo sarebbe comunque inammissibile, poichè lo stabilire se un soggetto versi o non versi nelle particolari situazioni di vulnerabilità giustificative della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari è un accertamento di fatto, non una valutazione di diritto, e come tale è sottratta al sindacato di questa Corte.

2.3. In terzo luogo – lo si rileva ad abundantiam – il motivo sarebbe comunque infondato, poichè il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie è misura atipica e residuale, e non può conseguire ipso iure al solo fatto che il richiedente si sia viste rigettare le altre domande di protezione internazionale (Sez. 1 -, Ordinanza n. 13088 del 15/05/2019, Rv. 653884 – 02).

3. Le spese.

3.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’Amministrazione.

3.2. La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01).

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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