Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21120 del 07/10/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21120 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 8214-2013 proposto da:
DE LEO MARIA DLEMRA30A51F158L, CENTORRINO ROSA
CNTRS065P49F158W quali eredi legittime di Centorrino Santo,
elettivamente domiciliate in ROMA, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avv. TRISCHITTA
GIUSEPPE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Direttore Centrale Pensioni,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,
presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, PULII

Data pubblicazione: 07/10/2014


CLEMENTINA, EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura
speciale in calce al controricorso;

– controricorrente nonché contro

80415740580,
MINISTERO DEGLI INTERNI 80185690585;

intimati

avverso la sentenza n. 421/2012 della CORTE D’APPELLO di
MESSINA delP1.3.2012, depositata il 07/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’i /07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;
udito per il controricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta agli
scritti.

Ric. 2013 n. 08214 sez. ML – ud. 01-07-2014
-2-

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

FATTO E DIRITTO
Atteso che e’ stata depositata relazione del seguente contenuto.
«Il consigliere relatore osserva quanto segue.
De Leo Maria e Centorrino Rosa, quali eredi di Centorrino Santo, ricorrono per
cassazione in ordine alla sentenza n. 421/12 emessa dalla Corte d’Appello di Messina,
con la quale veniva rigettato l’appello dalle stesse proposto nei confronti del Ministero
dell’economia e finanze e dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Messina n.
3693/09, che rigettava la domanda proposta da Centorrino Santo volta al
riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.
Le ricorrenti prospettano tre motivi di ricorso.
Resiste l’INPS con controricorso.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art.
13 della legge n. 118 del 1971 e succ. mod. Vizio di motivazione su un punto decisivo
della controversia.
Ad avviso delle ricorrenti, erroneamente la Corte d’Appello basava la propria
decisione sulla CTU svolta nel primo grado di giudizio senza ritenere di doverla
rinnovare atteso la erroneità della stessa in ragione delle condizioni sanitarie del
Centorrino.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione
dell’art. 149 disp. att. cpc. Vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.
La Corte d’Appello non aveva disposto nuova CTU per valutare l’aggravamento
delle patologie, che l’avrebbe portato a morte, in ragione di documentazione medica
prodotta in atti.
I primi due motivi di ricorso devono essere tratti congiuntamente in ragione
della loro connessione.
Gli stessi sono manifestamente infondati.
Le condizioni previste dall’art. 1 della legge n. 18 del 1980 per l’attribuzione
dell’indennità di accompagnamento consistono, alternativamente, nell’impossibilità di
deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di
compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza; ai fini della valutazione
di dette situazioni non rilevano episodici contesti, ma è richiesta la verifica della loro
inerenza costante al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni
del vivere quotidiano (quale per esempio il portarsi fuori dalla propria abitazione),
ovvero alla necessità di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al
compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana (Cass., n. 7372 del 2011,
Cass., n. 12521 del 2009).
Nel giudizio in materia d’invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità,
della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico
d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza
medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai
quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una
corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso
diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, e
ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione (Cass., n. 1652
del 2012).
La Corte d’Appello di Messina confermava la sentenza di primo grado in
ragione delle risultanze della CTU espletata nel primo grado di giudizio che faceva
propria, condividendola, con adeguata motivazione, dando atto in modo congruo
delle risultanze della stessa e del relativo percorso motivazione.
1

La Corte d’Appello, prendeva in esame le doglianze dell’appellante rispetto
alla suddetta CTU (anche con riguardo al rilievo che avrebbe dovuto assumere la
valutazione d’insieme delle malattie) analizzandole e motivando in ordine alla non
fondatezza delle stesse, con riguardo alla specifica situazione sanitaria del Centorrino.
Il giudice di secondo grado, dava atto che il CTU accertava uno stato patologico
costituito da “bronco-pneumopatia cronico-ostruttiva; miocardiopatia ipertensiva in
discreto compenso emodinamico; diabete mellito tipo 2, ipoacusia” e condivideva tale
diagnosi in quanto fondata su accurati esami clinici e strumentali e la valutazione della
misura di incidenza delle infermità riscontrate sullo stato invalidante complessivo
teneva in esatto conto l’attuale grado di menomazione nonché della accertata idoneità
del ricorrente rispetto all’autonoma soddisfazione dei più elementari bisogni di vita,
Con riguardo al dedotto aggravamento, va rilevato che la Corte d’Appello ha
affermato che l’appellante nel corso del giudizio di secondo grado non aveva prodotto
alcuna documentazione sanitaria atta a comprovare un’eventuale aggravamento dello
stato patologico già in precedenza accertato e che nessun aggravamento era stato
allegato quale motivo di ricorso.
Le odierne ricorrenti fanno riferimento a documentazione prodotta in uno
all’istanza di anticipazione di udienza, dunque con una propria specifica finalità, e in
relazione a tale documentazione, oggi, e senza dedurre che ciò veniva esposto nel
giudizio di appello, attribuiscono idoneità ad avvalorare l’intervenuto aggravamento ai
fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.
Le censure mosse dalle ricorrenti, dunque integrano un dissenso diagnostico che,
in ragione della giurisprudenza sopra richiamata, non può trovare ingresso nel giudizio
di legittimità
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art-.
152 disp. att. cpc, come mod. dall’art. 42, comma 11, del d.l. n. 269 del 2003, conv.
legge n. 326 del 2003. Vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.
Erroneamente la Corte d’Appello, non riconosceva l’esenzione dalle spese
processuali, nonostante la dichiarazione sostitutiva relativa alla fruizione di reddito
inferiore a quello stabilito.
Il motivo è manifestamente infondato.
Occorre precisare che la Corte d’Appello riteneva di non poter disporre
l’esonero dalle spese di giudizio atteso che la dichiarazione era contenuta nel corpo dei
ricorsi, non trascritta in autocertificazione e non sottoscritta dall’interessato
personalmente.
Tale statuizione è conforme alla giurisprudenza di legittimità.
Ai fini dell’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari, nei giudizi
per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle
condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 disp.
att. cod. proc. civ., sostituito dall’art. 42, comma 11, del d.l. n. 269 del 2003, convertito
nella legge n. 326 del 2003, è inefficace se non sottoscritta dalla parte, poiché a tale
dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non delegabile al
difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a comunicare, fino a che il processo
non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito (Cass., n. 5363 del 2012)».
Il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni e le conclusioni del
consigliere relatore che precedono, in ragione dell’iter argomentativo logico-giuridico
su cui si fondano.
La Corte rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo attesa la
non applicabilità dell’art. 152 disp att. c.p.c., introdotta dall’art. 42, comma 11, del d.l.
2

30 settembre 2003 n. 269 al de cuius.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di
giudizio che liquida in euro duemilacinquecento per compensi professionali, oltre euro
cento per spese documentate, oltre accessori e spese forfetizzate del 15 per cento.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 1 0 luglio 2014

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