Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21115 del 12/09/20147

Cassazione civile, sez. lav., 12/09/2017, (ud. 03/05/2017, dep.12/09/2017),  n. 21115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16799-2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati,

ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO, SERGIO PREDEN,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.A., G.A.P., G.L.,

G.D., quali eredi di G.P.;

– intimati –

Nonchè da:

S.A., C.F. (OMISSIS), G.A.P. C.F.

(OMISSIS), G.D. C.F. (OMISSIS), G.L. C.F.

(OMISSIS), quali eredi di G.P., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ALESSANDRO PANZINI 47, presso il sig.

MATTEO ANNIBALLI, rappresentati e difesi dall’avvocato PIERLUCIO

NAPOLI, giusta delega in atti;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1537/2011 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 01/07/2011 R.G.N. 1044/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso principale rigetto del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;

udito l’Avvocato NAPOLI PIERLUCIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.A., G.A.P., G.D. e G.L., eredi di G.P., con ricorso ex art. 398 c.p.c., chiedevano la revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 3 della sentenza della Corte d’appello di Lecce n 911/2010 pubblicata il 23/4/2010 pronunciata, su appello dell’Inps, nei confronti del loro dante causa, in quanto emessa sulla base di un errore di fatto avendo la Corte ritenuto validamente instaurato il contraddittorio tra le parti.

La Corte d’appello di Lecce, con la sentenza qui impugnata, ha rilevato che nel corso del precedente giudizio il procuratore di G.P. aveva dichiarato il decesso del suo assistito e che, tuttavia, non era stata dichiarata l’interruzione del giudizio. La Corte territoriale, pertanto, revocata la sentenza ravvisando l’errore di fatto ex art. 395 c.p.c., n. 4, ha dichiarato l’interruzione del giudizio.

Secondo la Corte territoriale era,invece, infondata la richiesta di pronuncia di improcedibilità dell’appello dell’Inps. Ha rilevato, infatti, che l’impugnazione era stata validamente notificata presso il procuratore costituito, ancorchè la parte fosse deceduta nelle more tra la pubblicazione della sentenza e la notifica della impugnazione, poichè non risultava che l’appellante fosse a conoscenza del decesso, tanto più che mai la sentenza di primo grado era stata notificata all’Inps ai fini del decorso del termine breve.

Ricorre in cassazione l’Inps con un motivo, resistono gli eredi di G.P. con controricorso e ricorso incidentale. Entrambe le Parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente rigettata l’eccezione di tardività del ricorso in cassazione per inosservanza del termine breve. I contro-ricorrenti hanno eccepito che il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso in cassazione doveva decorrere dal deposito del ricorso in riassunzione a seguito della pronuncia di interruzione disposta dalla Corte d’appello con la sentenza qui impugnata, equivalendo tale deposito a legale conoscenza della sentenza. Deve, invece, rilevarsi che la produzione della sentenza non può costituire equipollente della notifica della stessa ai sensi dell’art. 326 c.p.c., comma 1. “Nella giurisprudenza di questa Corte, invero, è costantemente ribadita la regola per cui la notificazione della sentenza – fonte esclusiva della “conoscenza legale” di quest’ultima, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, secondo il richiamato art. 326 c.p.c., comma 1 – non ammette equipollenti (cfr., tra le meno risalenti, Cass. 17122/2011, 13431/2006, resa a sezioni unite, 23501/2004, 8858/2002, 4945/1996); regola alla quale si riconosce una sola eccezione, quella della notificazione dell’impugnazione (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 13431/2006, cit., e 3111/1982), che trova, però, specifica giustificazione nella legge, ricavandosi dal medesimo art. 326, comma 2 (per il quale, nel caso di cui all’art. 332 c.p.c., l’impugnazione proposta contro una parte fa decorrere nei confronti dell’impugnante il termine per proporla contro le altre parti) il più generale principio che la notificazione dell’impugnazione equivale, agli effetti della “scienza legale” di cui al comma 1, alla notificazione della sentenza (Cass. Sez. Un. 3111/1982, cit.).” (cfr Cass SU n. 11366/2016).

Nel merito il ricorso è infondato.

L’Inps denuncia violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4. Rileva che la Corte d’appello non era incorsa in un errore di fatto revocatorio, ma aveva risolto una questione giuridica, e cioè la questione se fosse valida la notifica effettuata alla parte costituita in primo grado e presso il suo difensore,nel caso in cui la parte sia deceduta dopo il deposito del ricorso in appello ma prima della notifica. Deduce che non trattasi di errore revocatorio ma giuridico,avendo la Corte dovuto disporre l’interruzione del giudizio. Osserva che, comunque, aveva proposto ricorso in riassunzione, come disposto dalla Corte d’appello nelle more, senza acquiescenza alla decisione.

La sentenza non è censurabile per aver ritenuto sussistere un errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4. Tale è l’errore di fatto consistente in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali (cfr tra le tante Cass. n 8828/2017).

Nella fattispecie in esame, come risulta dalla sentenza impugnata, all’udienza del 3/3/2010 il procuratore dell’appellato G. aveva dichiarato il decesso del suo assistito. La Corte d’appello, tuttavia, dopo aver disposto un rinvio, ha deciso la causa senza più accorgersi della precedente dichiarazione di decesso a cui avrebbe dovuto far seguito l’interruzione del giudizio e, comunque, la notifica agli eredi.

La Corte di appello con la sentenza ora impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi di cui sopra, ritenendo che il vizio con il quale si imputava alla sentenza di merito di non essersi accorta della dichiarazione di decesso era riconducibile ad un errore di fatto, quale errore di percezione, e non già ad un preteso errore di giudizio denunziabile con ricorso per cassazione.

Il ricorso principale va dunque rigettato.

Con il ricorso incidentale principale ed eventuale si censura la sentenza nella parte in cui la Corte ha dichiarato regolare la notifica del ricorso in appello dell’Inps sebbene, secondo i contro ricorrenti, fosse inesistente o nulla in quanto effettuata presso il procuratore costituito, ma dopo la morte della parte e,dunque, la Corte avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del giudizio e non l’interruzione.

Il ricorso incidentale è infondato. A seguito dell’accertamento della morte della parte il processo avrebbe dovuto proseguire nei confronti degli eredi (cfr Cass 14699/2010, n 15295/2014). L’appello era, pertanto, procedibile in quanto tempestivamente depositato presso la cancelleria e notificato al procuratore costituito, ma la notifica avrebbe dovuto essere rinnovata nei confronti degli eredi.

Quanto alle questioni relative alla riassunzione del giudizio ed alla sua tempestività trattasi di fatti successivi al presente giudizio, neppure documentati, e, pertanto, non possono essere esaminati nel presente giudizio.

Per le considerazioni che precedono entrambi i ricorsi vanno rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di causa.

PQM

 

Rigetta i ricorsi, spese compensate.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2017

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