Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21115 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, (ud. 24/05/2019, dep. 07/08/2019), n.21115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 8368/2018 r.g. proposto da:

A.C., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Rosaria Tassinari, presso il cui studio è elettivamente domiciliato

in Forlì, Viale Matteotti n. 115;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso, ope legis, dall’Avvocatura

Generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma Via dei Portoghesi

n. 12 è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, depositata in

data 5.9.2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/5/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Capasso Lucio, che ha chiesto rinviarsi la causa in attesa della

prossima decisione delle SS.UU. in tema di protezione umanitaria e,

in subordine, dichiararsi il rigetto del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avv. Zhara (per delega), che ha chiesto

accogliersi il proprio ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna – decidendo sull’appello proposto dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza emessa in data 25.2.2016 dal Tribunale di Bologna (con la quale era stata accolta la domanda di protezione avanzata da A.C., cittadino nigeriano, limitatamente a quella sussidiaria) – ha accolto l’impugnativa respingendo in toto le domande di protezione internazionale ed umanitaria già proposte dal richiedente, compresa quella di protezione sussidiaria già accordata in primo grado.

La corte del merito ha ritenuto che non era credibile il racconto del ricorrente in ordine alle ragioni che avevano spinto quest’ultimo ad espatriare: il ricorrente aveva infatti raccontato di essere stato costretto a lasciare il suo paese per il timore di essere perseguitato come omosessuale in quanto in Nigeria tale condizione è prevista dalla legge come crimine; di essere stato, in realtà, violentato da due omosessuali nella casa di quest’ultimi e in occasione di una sua visita per la vendita di merce di cui egli stesso era commerciante; di avere dei testimoni che lo avevano riconosciuto come vittima passiva del rapporto omosessuale; di avere, tuttavia, timore di non essere creduto e di subire le conseguenze per la repressione dell’omosessualità nel suo paese. La corte distrettuale ha ritenuto non verosimile il racconto del richiedente in quanto quest’ultimo era stato vittima del rapporto omosessuale e perchè il richiedente aveva riferito di avere testimoni dell’accaduto, attraverso i quali avrebbe potuto denunciare la violenza subita alle autorità. La corte di merito ha infine ritenuto che le attuali condizioni socio-politiche della Nigeria, se considerate in relazione allo stato di provenienza ((OMISSIS)), non consentono il riconoscimento della protezione sussidiaria per l’assenza di conflitti armati generalizzati e che non era accoglibile neanche la domanda di protezione umanitaria, in assenza di una particolare vulnerabilità del ricorrente.

2. La sentenza, pubblicata il 5.9.2017, è stata impugnata da A.C. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

La causa è stata rimessa alla discussione in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria del 12.12.2018.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la parte ricorrente – lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5 – si duole dell’erronea applicazione del principio dell’onere della prova attenuato e della mancata valutazione del profilo di credibilità del richiedente, alla luce dei predetti parametri normativi. Osserva il ricorrente che la normativa richiamata e di cui si assume la violazione non prende in considerazione puramente e semplicemente la maggiore o minore specificità del racconto del richiedente, ma impone di effettuare ulteriori valutazioni volte ad approfondire le ragioni dell’eventuale genericità.

2. Con il secondo motivo si articola vizio di violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, per la mancata valutazione di una minaccia grave derivante da una situazione di violenza indiscriminata in ragione della presenza in Nigeria del noto gruppo terroristico di (OMISSIS).

3. Con il terzo motivo si declina vizio di violazione di legge in riferimento al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per la mancata valutazione dei requisiti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1 I primi due motivi (che possono essere esaminati congiuntamente in ragione della unitarietà della soluzione prospettata) sono inammissibili in quanto non colgono la ratio decidendi della motivazione impugnata che si fonda sulla ritenuta non credibilità del racconto posto dal richiedente a sostegno della domanda di protezione internazionale. Ed invero, la parte ricorrente si attarda sulla questione della mancata attivazione dei poteri istruttori del giudice del merito per approfondire i pericoli cui sarebbe stato esposto il richiedente, trascurando di aggredire la ragione principale sottesa al diniego della reclamata protezione, e cioè il profilo di non credibilità del richiedente, e senza neanche considerare la concreta possibilità del ricorrente di raggiungere la moglie a (OMISSIS), non interessata da episodi di violenza indiscriminata di livello tale da mettere in pericolo la presenza del richiedente nel territorio.

4.2 Il terzo motivo è del pari inammissibile in ragione dell’evidente genericità delle censure sollevate dal ricorrente, e ciò anche in presenza di una insuperata valutazione di inattendibilità della narrazione del richiedente, così operata dai giudici del merito.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da separato dispositivo.

Non è dovuto il doppio contributo, stante l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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