Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21115 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 02/10/2020), n.21115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

R.R., rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa

a margine del ricorso, dall’Avv.to Mario Contaldi, che ha indicato

recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio,

alla via Pierluigi da Palestrina n. 63 in Roma;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Torino il 13.4.2011 e pubblicata il 27.5.2011;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Dott. Di Marzio Paolo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate notificava a R.R. l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo alla ripresa a tassazione di plusvalenza pari ad Euro 45.000,00, derivante dalla cessione di un terreno edificabile sito nel Comune di Asti, intervenuta nell’anno 2002, conseguendone maggiori imposte a titolo di Irpef nella misura di Euro 10.715,00 oltre sanzioni.

Il contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, ed esponeva di essere stato in realtà raggirato. Aveva, in effetti, ricevuto nel 1998 un anticipo per la successiva vendita del terreno nella misura di Euro 15.493,70, ma poi aveva conferito procura a vendere a tal F.A., che nulla gli aveva più corrisposto. Solo successivamente era venuto a conoscenza dell’agire del mandatario che, divenuto il terreno edificabile, l’aveva venduto trattenendo ogni provento. Si costituiva l’Ente impositore ed affermava che, in conseguenza della procura conferita dal R., il mandatario aveva trasferito il diritto in maniera legittima, e della plusvalenza doveva rispondere il mandante, risultando irrilevante per un terzo, qual è l’Agenzia delle Entrate, il rapporto interno tra mandante e mandatario, e le sue vicende. La CTP accoglieva il ricorso proposto dal contribuente ed annullava l’avviso di accertamento. Avverso la decisione adottata dalla CTP proponeva impugnazione l’Amministrazione finanziaria innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, rinnovando l’esposizione delle proprie ragioni. In conseguenza della osservazione dell’Ente impositore, secondo cui il contribuente non avrebbe provato in alcun modo di essersi attivato nei confronti del mandatario infedele, il R. produceva copia dell’atto di citazione in giudizio del F.A.. La CTR affermava di concordare “con le motivazioni e la decisione emesse dai primi giudici. Infatti risulta con evidenza che il contribuente, tra l’altro avanti con gli anni, è stato raggirato e quindi non esiste materia imponibile” (sent. CTR, p. 3). In conseguenza confermava la decisione dei giudici di primo grado.

Avverso la decisione assunta dalla Commissione tributaria regionale di Torino ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi di ricorso. Resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Agenzia delle Entrate contesta la insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nella “sussistenza della prova del versamento alla parte venditrice, rappresentata nel contratto dal suo procuratore sig. F., dell’intero prezzo pattuito” (ric., p. 4) per la vendita del terreno divenuto edificabile.

1.2. – Mediante il secondo mezzo di gravame, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Ente impositore contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 67 e 68 TUIR, perchè “il presupposto per la realizzazione di una plusvalenza deve essere individuato nella stipulazione della compravendita, non avendo alcun rilievo le vicende successive concernenti l’adempimento degli obblighi contrattuali, quale l’omessa percezione del corrispettivo” (ric., p. 9).

Deve essere preliminarmente esaminata la contestazione proposta dal controricorrente, secondo cui il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate risulterebbe inammissibile perchè tardivo. In merito deve osservarsi che l’impugnata sentenza pronunciata dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte è stata pubblicata in data 27.5.2011. Risulta pacifico tra le parti che la sentenza non è stata notificata, pertanto trova applicazione il termine d’impugnazione per cassazione c.d. “lungo”, nella misura di un anno, vigente ratione temporis, con l’aggiunta di giorni 46 per la sospensione feriale. Il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, come conv., ha previsto la sospensione, a decorrere dal 6.7.2011 e fino al 30.6.2012, dei termini di impugnazione delle controversie tributarie aventi valore inferiore a 20.000 Euro, quale è pure la presente, occorrendo far riferimento nel calcolo del valore a quanto dovuto a titolo di tributo (escludendo sanzioni ed interessi, cfr. Cass. n. 26660 del 2019). Pertanto, dal 27.5.2001 (deposito sentenza CTR) al 6.7.2011 (sospensione ex lege), sono decorsi 40 gg. Il termine utile per l’impugnazione ha ripreso a decorrere dal 1 luglio 2012 e sarebbe maturato dopo 365 giorni più 46 (feriale), con scadenza il 16.8.2013, occorrendo però detrarre i 40 giorni già trascorsi. Pertanto l’ultimo giorno utile per la notifica sarebbe stato il 6 luglio 2013, prorogato ex lege, perchè cadente in giorno di sabato (cfr. Cass. n. 23589 del 2016), all’8.7.2013, quando la notifica è stata richiesta, e la stessa risulta pertanto tempestiva.

2.1. – 2.2. – L’Agenzia delle Entrate censura con i suoi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro stretta connessione, in relazione ai profili del vizio di motivazione e della violazione di legge, la decisione assunta dalla impugnata CTR, per aver ritenuto non provato il versamento alla “parte venditrice” dell’intera somma dovuta per l’acquisto del terreno del R., divenuto edificabile, e per non avere il giudice dell’appello affermato che la plusvalenza conseguente ad una compravendita immobiliare dipende solo dalla stipula del valido contratto di trasferimento del bene, rimanendo irrilevante il concreto versamento del corrispettivo.

Nel caso di specie la CTR ha ritenuto che, essendo stato raggirato il Raviola, “alla luce del combinato disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 67 e 68, nel presente caso, non si è realizzata alcuna plusvalenza e quindi non esiste materia imponibile”. L’Agenzia delle Entrate non si confronta con la decisione assunta dalla CTR, e propone critiche di cui neppure illustra quando le abbia tempestivamente introdotte nel processo e con quali formule, in modo da consentire a questa Corte il controllo che le compete circa la tempestività e congruità delle contestazioni proposte, prima ancora di valutarne la decisività. La CTR nulla dice in ordine alla prova del versamento del “prezzo della compravendita” alla parte venditrice, in quanto concentra la propria attenzione sulla ritenuta mancanza di prova che il prezzo sia pervenuto alla persona fisica Romolo R., perchè è a lui che è stato richiesto dall’Ente impositore il pagamento delle imposte dovute in conseguenza di una plusvalenza realizzata, che però la CTR afferma motivatamente non esservi prova sia stata conseguita dal contribuente.

Quanto poi alla critica proposta dall’Amministrazione secondo cui, ai fini dell’imposizione della plusvalenza conseguente alla vendita di un terreno edificabile, l’unica cosa che rileva è la stipulazione dell’atto di compravendita, non avendo alcun rilievo il mancato pagamento del corrispettivo, come sarebbe stato affermato da questa Corte, occorre evidenziare che l’argomento non appare condivisibile, e neppure risulta sia stato sostenuto dal Giudice di legittimità. Invero la Cassazione, diversamente, ha di recente ribadito che “le plusvalenze ?immobiliari” di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. a) e b), sono di regola imponibili secondo il principio di cassa, ai sensi dello stesso D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68, comma 1, in quanto il principio di competenza opera, a norma del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 76, per le sole plusvalenze aventi finalità speculative: ne deriva che il momento rilevante ai fini dell’imposizione è, nel primo caso, quello in cui il corrispettivo è percepito, e, nel secondo caso, quello in cui lo stesso corrispettivo è dichiarato nell’atto di cessione”, Cass. sez. V, 25.9.2019, n. 23893 (conf. Cass. sez. V, 12.7.2018, n. 18389).

Esigenze di chiarezza suggeriscono di indicare il seguente principio di diritto: “Le plusvalenze immobiliari conseguenti alla vendita di terreni edificabili, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. a) e b), quando non ricorrano le finalità speculative di cui al D.P.R. n. 597 del 1973, art. 76, sono imponibili in riferimento all’anno in cui il corrispettivo sia stato effettivamente percepito, applicandosi il principio di cassa ai sensi dell’art. 68 TUIR, comma 1, risultando a tal fine irrilevante che l’atto di compravendita sia stato stipulato in anno precedente”.

I motivi di gravame proposti dall’Ente impositore devono, in conseguenza, essere rigettati.

Il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate deve essere pertanto respinto, rimanendo a carico della ricorrente le spese di lite, che sono liquidate come in dispositivo, in considerazione del valore della causa e della natura e complessità delle questioni di diritto esaminate.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro-tempore, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore di R.R., e le liquida in complessivi Euro 1.400,00, oltre spese generali nella misura del 15% ed Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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