Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21113 del 12/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 12/09/2017, (ud. 04/07/2017, dep.12/09/2017),  n. 21113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di sez. –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17522-2016 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO 48,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ROMANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI CERIELLO;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MONZA, PROCURATORE GENERALE

PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 137/2016 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 10/05/2016;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Avvocato P.D. ha proposto ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ai sensi del R.D.L. n. 1568 del 1933, art. 56, comma 4, avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense del 10 maggio 2016, notificatagli il 9 giugno 2016, con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità, per tardività, del suo ricorso avverso la Delib. 19 settembre 2014, con cui il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per mesi quattro.

2. Nel ricorso, cui il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza non ha resistito, il ricorrente formulava istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza ai sensi della L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 7, e, in vista della trattazione in camera di consiglio dell’istanza di sospensione, veniva fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c. ed all’esito del loro deposito veniva fissata la trattazione nella camera di consiglio del 24 gennaio 2017.

All’esito le sezioni Unite, con ordinanza n. 7298 del 22 marzo 2017, rigettavano l’istanza di sospensione.

3. La trattazione del merito del ricorso veniva fissata per l’odierna udienza e, in vista di essa, parte ricorrente non ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva che le ragioni con le quali venne rigettata l’istanza di sospensione in sede cautelare, siano pienamente idonee a determinare il rigetto del ricorso, atteso che esse riguardarono il fumus boni iuris della prospettazione del ricorso e considerato che quanto con esse espresse dimostra l’infondatezza in iure del ricorso.

2. Nell’ordinanza cautelare le Sezioni Unite si sono così espresse: “il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto dell’istanza cautelare, sostenendo che: a) difetterebbe il requisito del fumus boni iuris, in quanto erroneamente il ricorrente avrebbe dedotto a sostegno del ricorso che il termine per la proposizione del ricorso contro la deliberazione del Consiglio dell’ordine brianzolo sarebbe stato quello di trenta giorni, di cui alla L. n. 247 del 2012, art. 61 mentre, ai sensi dell’art. 61 stessa legge, in attesa dei regolamenti esecutivi, aveva conservato valore il disposto della normativa precedente; b) in ogni caso sarebbe infondato l’assunto secondo cui il ricorso al C.N.F. sarebbe stato tempestivo, anche alla stregua di essa; le conclusioni del Pubblico Ministero appaiono condivisibili; è, in primo luogo, corretto l’assunto che, a differenza di quanto si sostiene nel ricorso, il termine per la proposizione del ricorso al C.N.F. non fosse quello indicato dalla L. n. 247 de 2012, art. 61, comma 1, atteso che, ai sensi dell’art. 65, comma 1, stessa legge, fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti da quella legge trovava applicazione la normativa previgente, cioè il R.D. n. 1578 del 1933, art. 50, comma 2, il quale, nel testo sostituito dalla L. n. 254 del 1940, art. 1,n. 18, prevedeva un termine di venti giorni dalla notificazione della decisione disciplinare; nella specie il regolamento di cui all’art. 65, comma 1, citato è stato adottato dal C.N.F. il 21 febbraio 2014, con il numero 2, ed è entrato in vigore il 1 gennaio 2015 e, quindi, dopo la proposizione del ricorso al C.N.F., il quale, dunque correttamente ha ritenuto operante il termine di venti giorni di cui alla disciplina anteriormente rimasta vigente; il ricorso del P. è fondato sul presupposto dell’applicabilità del termine di trenta giorni e tanto basta ad evidenziare, come dedotto dal Pubblico Ministero, l’assenza del requisito del fumus boni iuris, non senza che debba rilevarsi che esattamente il C.N.F., seguito dal Pubblico Ministero, ha motivato che, essendo la notificazione della decisione del C.O.A. di Monza avvenuta ai sensi dell’art. 140 c.p.c. ed essendosi perfezionata, giusta la sentenza della Corte cost. n. 3 del 2010, decorsi dieci giorni dalla data di spedizione dell’avviso da parte dell’ufficiale giudiziario, che fu il 20 ottobre 2014, e dunque, il 30 ottobre successivo, la proposizione del ricorso sarebbe dovuta avvenire con deposito da effettuarsi il 19 novembre 2014, mentre avvenne il 21 successivo; giusta le svolte considerazioni l’istanza cautelare dev’essere rigettata.”.

3. Il ricorso nel merito è rigettato sulla base delle stesse considerazioni svolte nell’ordinanza cautelare qui riportata.

Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2017

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