Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21111 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. II, 22/07/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 22/07/2021), n.21111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23460-2019 proposto da:

A.U.E., rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA

BASSAN, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

nonché contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE VERONA SEZIONE DI PADOVA, PROCURATORE GENERALE DELLA

REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 4992/2019 del TRIBUNALE di

VENEZIA, depositato il 14/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 14.6.2019, il Tribunale di Venezia respinse il ricorso proposto da A.U.E., cittadino (OMISSIS) proveniente dall'(OMISSIS), avverso la decisione della Commissione Territoriale di Verona, Sezione di Padova, di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio del permesso umanitario.

1.1. Il ricorrente aveva dichiarato innanzi alla Commissione Territoriale di essere fuggito dal proprio paese in seguito all’uccisione del padre da parte dello zio, che voleva impossessarsi del terreno del proprio genitore; in caso di rimpatrio temeva di essere ucciso dallo zio.

1.2. Il Tribunale dispose l’audizione del ricorrente, e, nel rigettare la domanda, ritenne non credibile la versione narrata; ai fini della protezione sussidiaria affermò che il ricorrente non avesse nemmeno prospettato il rischio di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b); non ravvisò i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), non sussistendo nella zona di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza indiscriminata tale da minacciarne l’incolumità, secondo le informazioni tratte dal report dell’EASO. Il Tribunale disattese la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari non avendo il ricorrente allegato né specifici fattori di vulnerabilità né il suo inserimento in Italia, attraverso la prova dell’effettiva convivenza con la moglie presso il centro d’accoglienza.

2. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso A.U.E. sulla base di tre motivi.

2.1. Il Ministero dell’interno ha depositato un atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perché il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere inattendibili le dichiarazioni del ricorrente, che invece sarebbero dettagliate in relazione al fatto che avrebbe determinato l’espatrio, alle minacce subite ed al timore di fare rientro nel proprio paese. Sostiene che, in relazione alle dichiarazioni rese, il Tribunale avrebbe dovuto svolgere un ruolo attivo di cooperazione istruttoria.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, art. 14, lett. b) e c) e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 27, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale disatteso la domanda di concessione della protezione sussidiaria senza accertare se, in relazione alle minacce subite, lo Stato fosse idoneo ad assicurargli un’adeguata protezione, considerato l’alto tasso di corruzione della Polizia in (OMISSIS).

2.1. I motivi, che per la loro connessione, possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

2.2. il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, disciplina il procedimento cui l’organo giudicante è tenuto ad attenersi al fine di valutare la credibilità del ricorrente nel caso in cui lo stesso non fornisca adeguato supporto probatorio alle circostanze poste a fondamento della domanda di protezione internazionale.

2.3.Tra i criteri di valutazione menzionati, la disposizione de qua contempla espressamente quello della coerenza e plausibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente la protezione internazionale.

2.4. Secondo il principio costantemente affermato da questa Corte, infatti, in materia di protezione internazionale, il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. (Cassazione civile sez. 07/08/2019, n. 21142).

2.5. L’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati. La valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (Cassazione civile sez. VI, 30/10/2018, n. 27503).

2.6. Nell’applicare i summenzionati parametri, il Tribunale ha ritenuto incoerente ed inattendibile la ricostruzione sostenuta da parte ricorrente in ragione del carattere generico ed implausibile del racconto. Il ricorrente aveva dichiarato innanzi alla Commissione Territoriale di essere fuggito dal proprio paese in seguito all’uccisione del padre da parte dello zio, che voleva impossessarsi del terreno del proprio genitore. Il giudice di merito, oltre alla vaghezza del racconto ed alla genericità della descrizione del terreno, evidenzia l’incoerenza del comportamento dello zio, che, dopo aver ucciso il padre, avrebbe minacciato il ricorrente per il tramite della madre ed ha ritenuto implausibile che il richiedente non si fosse rivolto alla Polizia per denunciate tali gravi fatti, sol perché l’ufficio di Polizia era lontano.

2.7. Alla luce di quanto esposto, risulta, quindi, che il giudice di merito abbia fatto corretta applicazione degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, valorizzando, a tal fine, i criteri espressamente contemplati sull’inattendibilità del ricorrente e sull’incoerenza delle dichiarazioni rese dallo stesso.

2.8. Quanto, poi, alla censura concernente l’inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria di cui si sarebbe reso responsabile il giudice di merito, in violazione del disposto di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’eventuale esito negativo della valutazione di credibilità, coerenza intrinseca e attendibilità della versione resa dal richiedente la protezione internazionale inibisce l’attivazione del dovere di cooperazione istruttoria (Cassazione civile sez. I, 30/08/2019, n. 21889; Cassazione civile sez. I, 22/02/2019, n. 5354).

2.9. A fronte di tanto, sotto lo schermo della violazione di legge, il ricorrente chiede una rivalutazione dei fatti posti a fondamento della domanda di protezione internazionale, oggetto dell’apprezzamento di fatto da parte del Tribunale. Attesa l’assenza di credibilità, risulta infondata la censura di parte ricorrente volta a denunciare il mancato adempimento del dovere di cooperazione istruttoria da parte del Tribunale di Venezia.

2.10. Il giudizio negativo sulla credibilità dei fatti posti a fondamento della domanda di protezione comporta che nessun danno grave possa derivare al richiedente, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b).

2.11. Non sussiste nemmeno la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), non sussistendo nella zona di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza indiscriminata tale da minacciarne l’incolumità, secondo l’apprezzamento del giudice di merito, che si è avvalso delle informazioni tratte dal report dell’EASO.

1.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 2, comma 1, lett. h bis in relazione al rigetto della domanda di protezione umanitaria, basata su motivazioni illogiche e contraddittorie nonostante la sistematica violazione dei diritti umani in (OMISSIS); quanto alla convivenza con la moglie, giudice di merito avrebbe dovuto accertare che la predetta aveva presentato domanda di protezione internazionale, come risultava dalla documentazione allegata al ricorso per cassazione.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. Il dovere di cooperazione istruttoria non rende inoperante l’onere di allegazione delle condizioni di vulnerabilità che legittimano il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

3.3. Se è vero che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente non preclude al giudice di valutare altre circostanze che integrino una situazione di “vulnerabilità”, poiché la statuizione su questa domanda è frutto di una valutazione autonoma e non può conseguire automaticamente al rigetto di quella concernente la protezione internazionale (Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, n. 8020) è pur sempre necessario che il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegazione della situazione di vulnerabilità.

3.4. Nel caso in esame, nessun fattore di vulnerabilità è stato allegato dal ricorrente, il quale si è limitato ad affermare, in modo apodittico, che fosse

credibile il suo racconto ed ha fatto riferimento alle condizioni della (OMISSIS), senza tuttavia dolersi, in modo specifico, della compromissione dei diritti fondamentali nel paese d’origine e del raggiungimento di un livello di integrazione in Italia, presupposti indefettibili per effettuare il giudizio comparativo, al fine del riconoscimento dell’invocata misura.

3.5. Quanto poi alla circostanza della presenza della moglie in Italia, il ricorrente allega, unitamente al ricorso per cassazione, documentazione che non era stata prodotta nel giudizio di merito, in violazione dell’art. 360 c.p.c., in virtù dei quale è consentita l’allegazione ed il deposito dei documenti già prodotti nel giudizio di primo grado.

3.6. Nel giudizio di legittimità, infatti, possono essere prodotti, dopo la scadenza del termine di cui all’art. 369 c.p.c. e ai sensi dell’art. 372 c.p.c., solo i documenti che attengono all’ammissibilità del ricorso e non anche quelli concernenti l’allegata fondatezza del medesimo (ex multis Cass. Civ. Sez. III, Sez. III, 26/05/2020 n. 9685).

3.5. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

3.6. Non deve provvedersi alla liquidazione delle spese di lite non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva, ad essa non potendo essere equiparato l'”atto di costituzione” non notificato alla controparte.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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