Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2111 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 18/10/2019, dep. 30/01/2020), n.2111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.M., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentato e difeso nel presente giudizio, per

mandato in calce al ricorso, dall’avv. Andrea Maestri (p.e.c.

andrea.maestri-ordineavvocatiravenna.eu; fax n. 0544.246060);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato (fax n. 06/96514000; p.e.c.

ags.rm-mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici in Roma,

via dei Portoghesi 12, è domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2435/2018 della Corte di appello di Bologna,

emessa in data 11.9.2018 e depositata il 2.10.2018, n. R.G.

473/2017;

sentito in camera di consiglio il relatore Dott. Giacinto Bisogni.

Fatto

RILEVATO

che:

Il sig. G.M., cittadino pakistano, nato il 1.1.1990, ha chiesto alla competente Commissione territoriale, il riconoscimento della protezione internazionale o in subordine della cd. protezione umanitaria.

La Commissione territoriale ha respinto la domanda.

Il sig. G.M. ha proposto quindi ricorso al Tribunale di Bologna esponendo di essere stato innamorato, e ricambiato, di una giovane donna sin dai tempi della scuola superiore. A causa della ostilità della famiglia avevano entrambi sposato altre persone ma dopo due anni dal matrimonio avevano intrapreso una relazione clandestina scoperta per caso dai fratelli della donna i quali avevano avuto una reazione violenta provocandogli lesioni che avevano richiesto una lunga degenza in ospedale. Nonostante ciò le minacce dei fratelli della donna erano continuate e in parte erano state attuate con una denuncia calunniosa per furto. Questa situazione aveva indotto il sig. G.M. a trasferirsi dapprima a Karachi e successivamente a lasciare il (OMISSIS) per venire in Europa.

Il Tribunale di Bologna ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni del richiedente asilo in quanto generiche e lacunose e ha respinto il ricorso.

La Corte di appello di Bologna con sentenza n. 2435/18 ha confermato la decisione di primo grado rilevando che il sig. G.M. con l’atto di appello si era limitato a richiamare la situazione di violenza indiscriminata esistente in (OMISSIS) ai fini dell’accoglimento della domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Ha ritenuto pertanto che le domande di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione umanitaria, formalmente reiterate nelle conclusioni dell’appellante, dovevano ritenersi inammissibili perchè non era stata proposta alcuna censura alla decisione impugnata sul giudizio di non credibilità che aveva condotto il Tribunale al loro rigetto.

Per ciò che concerne la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) la Corte distrettuale bolognese richiamando i report EASO più recenti ha escluso la sussistenza dei presupposti richiesti dalla norma e dalla giurisprudenza Europea e nazionale e consistenti in una situazione di violenza generalizzata e in grado di costituire una grave minaccia alla vita e alla incolumità dei civili per la sola presenza nel territorio del paese di provenienza del richiedente asilo. In particolare la Corte distrettuale ha rilevato che il distretto di provenienza del richiedente asilo, il (OMISSIS) non è neanche menzionato, nei citati rapporti informativi, tra quelli più interessati da incidenti ascrivibili ad attacchi terroristici.

Ricorre per cassazione il sig. G.M. affidandosi a due motivi di impugnazione: a) violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) e in particolare dell’art. 10 Cost., comma 3 della Costituzione, degli artt. 2,3,14,17 del D.Lgs. n. 251 del 2007 (recante attuazione della direttiva 2004/83/CE), del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, dell’art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati; b) omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) in riferimento al riconoscimento dei presupposti per la protezione umanitaria.

Si difende con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo di ricorso il sig. G.M. dichiara di prestare acquiescenza al diniego dello status di rifugiato, insistendo per il riconoscimento della protezione sussidiaria o in subordine della protezione umanitaria. Rileva quindi che i4r, (OMISSIS) vige una stagione di gravi tensioni con i paesi limitrofi e di presenza terroristica che legittima il governo a conculcare i diritti umani e a non garantire l’operatività dello stato di diritto.

Il motivo è inammissibile perchè consiste in una contestazione della valutazione di merito espressa dalla Corte di appello senza che vengano allegate informazioni contrastanti che il giudice dell’appello non avrebbe considerato.

Con il secondo motivo il sig. G.M. lamenta che la Corte di appello non ha motivato il diniego della concessione della protezione umanitaria e non ha valutato più approfonditamente le vicende personali del richiedente asilo e la grave situazione ambientale in cui si ritroverebbe in caso di rimpatrio nella sua regione di provenienza.

Il motivo è inammissibile per la sua genericità, che si scontra con le prescrizioni della giurisprudenza circa l’onere della indicazione specifica e motivata del fatto la cui valutazione sarebbe stata omessa dal giudice a quo. La Corte di appello oltre ad aver analiticamente ricostruito le dichiarazioni rese dal richiedente asilo alla Commissione territoriale di Forlì-Cesena ha preso atto della mancata impugnazione del giudizio di inattendibilità di tali dichiarazioni emesso dal Tribunale. Il ricorrente non ha neanche in questa sede specificato per quale motivo ritiene l’omessa valutazione di fatti decisivi e fa solo un fugace accenno alla certificazione medica delle lesioni subite, elemento che è stato ritenuto non decisivo dal giudice di primo grado. Ancora più generiche sono le deduzioni relative alla situazione del (OMISSIS) e del suo distretto di origine dal quale peraltro egli ha dichiarato in sede di audizione di essersi allontanato trasferendosi a (OMISSIS).

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna alle spese processuali e la presa d’atto in dispositivo dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 2.100 oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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