Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21108 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 02/10/2020), n.21108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi iscritto al n. 19735 del ruolo generale dell’anno 2013,

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

B.D., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

del 10 settembre 2013, rep. n. (OMISSIS), autenticata dal notaio

Bo.Gi., dall’avv. Francesco d’Ayala Valva, presso lo studio del

quale in Roma, al viale Parioli, n. 43, elettivamente si domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria, depositata in data 31 gennaio 2013, n. 10;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 17 gennaio 2020

dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

sentita la Procura generale, in persona del sostituto procuratore

generale Rita Sanlorenzo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso; udito l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per l’Agenzia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla narrativa della sentenza impugnata che B.D. ha ricevuto, per gli anni 2004 e 2005, avvisi di accertamento coi quali l’Agenzia delle entrate ha recuperato l’iva relativa all’attività paramedica da lui svolta, che il giudice d’appello ha ritenuto essere di fisioterapista.

La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso e quella regionale ha rigettato l’appello dell’Agenzia, in quanto, facendo appunto leva sull’attività di fisioterapista, ha ritenuto che essa fruisse del regime di esenzione previsto dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, comma 1, n. 18.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, cui il contribuente reagisce con controricorso.

Il giudizio proviene da adunanza camerale; in prossimità dell’udienza pubblica le parti depositano memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Col primo e col terzo motivo, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, l’Agenzia delle entrate lamenta:

– ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame del fatto decisivo dell’effettiva natura dell’attività svolta dal contribuente, di chiropratico e non già di fisioterapista (primo motivo);

– ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 18, là dove il giudice d’appello ha equiparato l’attività di chiropratico effettivamente svolta alle prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza (terzo motivo).

1.1.- Va preliminarmente respinta l’eccezione d’inammissibilità del primo motivo di ricorso:

– anzitutto, diversamente da quanto ha sostenuto il sostituto procuratore generale in udienza, non è configurabile errore revocatorio a fronte dell’affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza, che l'”Ufficio nulla oppone”, sebbene in narrativa si dia atto che “…il ricorrente impugnava gli atti sostenendo che, contrariamente a quanto asserito dall’Ufficio egli non svolgeva attività professionale paramedica indipendente di chiropratico ma di fisioterapista…”; e ciò perchè la natura dell’attività svolta dal contribuente costituiva giustappunto la materia controversa;

– inoltre, il motivo è calibrato sull’omessa considerazione del fatto storico rappresentato dalla presentazione dell’istanza d’interpello indicata in ricorso, valorizzata dall’Agenzia sin dal primo grado, con la quale, si espone, il contribuente aveva “…dichiarato di “offrire ai pazienti prestazioni di chiropratica””; e, in quanto tale, è ammissibile in base al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.- Oltre che ammissibile, la censura complessivamente proposta è altresì fondata nei limiti che seguono.

2.1.- Fondata è appunto la censura concernente la motivazione, in base alle considerazioni già esposte.

D’altronde, lo stesso B. riporta in controricorso il contenuto degli avvisi di accertamento coi quali si fa appunto leva, al fine di escludere l’applicabilità dell’esenzione invocata, sull’attività di chiropratico, a conferma dell’impostazione sin dall’origine seguita dall’Agenzia.

3.- La questione di fatto così posta è decisiva in diritto.

Questa Corte ha stabilito che, in tema di iva, le prestazioni dei chiropratici non possono essere comprese tra quelle sanitarie che beneficiano dell’esenzione dal tributo, poichè la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 355, pur avendo inquadrato il chiropratico tra i professionisti sanitari di primo grado, rinvia a un regolamento di attuazione, mai adottato; ha quindi ritenuto questo regolamento indispensabile per individuare la tipologia delle prestazioni svolte e per disciplinare i profili della professione, secondo le linee indicate del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, comma 1, n. 18, e dalla sesta Dir. n. 77/388/CE, art. 13, trasfuso nella Dir. iva n. 112/2006/Ce, art. 132, par. 1, lett. c), (Cass. 28 ottobre 2014, nn. 22812, 22813 e 22814; 22 marzo 2019, n. 8145; 20 dicembre 2019, n. 34169).

3.1.- In effetti il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 18, stabilisce che l’esenzione si applica alle “…prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi del testo unico delle leggi sanitarie, art. 99, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”.

Dal canto suo il t.u.l.s., art. 99, prevede la possibilità di ampliare il novero delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie (che già comprende quelle “dell’odontotecnico, dell’ottico, del meccanico ortopedico ed ernista e dell’infermiere abilitato o autorizzato, compresi in quest’ultima categoria i capi bagnini degli stabilimenti idroterapici e i massaggiatori”) alle attività sanitarie sottoposte a vigilanza, purchè si tratti di “…arti che comunque abbiano rapporto con l’esercizio delle professioni sanitarie, secondo le norme che sono determinate nel decreto medesimo”.

3.2.- La disposizione è conforme al diritto unionale, il quale riserva l’esenzione alla prestazione diretta alla diagnosi, alla cura e, nella misura del possibile, alla guarigione di malattie o di problemi di salute (da ultimo, Corte giust. 8 settembre 2019, causa C-700/17, Peters, punto 20), che sia, peraltro, resa nell’esercizio di una professione medica o paramedica, come definita dagli Stati membri.

Anche la norma di diritto interno prevede difatti che la prestazione esentata abbia contenuto sanitario e sia resa nell’esercizio di professione sanitaria o di arte a questa ausiliaria soggetta a vigilanza.

3.3.- Il punto è che il diritto nazionale presenta un quadro frammentato e incompleto dell’attività di chiropratica.

La L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 355, riconosce che il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore ed esercita la propria attività come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute e, quindi, annette validità scientifica e professionale in Italia all’attività di chiropratico.

Ma, di là dall’omessa istituzione del registro dei dottori in chiropratica, neanche il corso di laurea magistrale in chiropratica è stato attivato nell’ordinamento italiano.

Soltanto la L. 11 gennaio 2018, n. 3, art. 7, rubricato “Individuazione e istituzione delle professioni sanitarie dell’osteopata e del chiropratico”, ha stabilito che:

“1. Nell’ambito delle professioni sanitarie sono individuate le professioni dell’osteopata e del chiropratico, per l’istituzione delle quali si applica la procedura di cui alla L. 1 febbraio 2006, n. 43, art. 5, comma 2, come sostituito dalla presente L., art. 6.

2. Con accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti l’ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell’osteopata e del chiropratico, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonchè i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, sono definiti l’ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia e in chiropratica nonchè gli eventuali percorsi formativi integrativi”.

4.- Ciononostante, la giurisprudenza unionale ha aperto all’esenzione da iva l’attività svolta, tra gli altri, dai chiropratici.

Quanto alla prima condizione richiesta per l’esenzione, ossia la natura sanitaria dell’attività, la Corte di giustizia (con sentenza 27 giugno 2019, causa C-597/17, Belgisch Syndicaat van Chiropraxie e Bart. Vandendries e altri) mostra di non dubitare, sia pure con riguardo a quanto esposto dal giudice del rinvio, che “coloro che esercitano le professioni di cui trattasi nel procedimento principale (ossia quelle di chiropratici e di osteopati) effettuano senz’altro prestazioni sanitarie alla persona, in quanto propongono trattamenti che vengono svolti allo scopo di curare e, nei limiti del possibile, guarire malattie o anomalie della salute” (punto 20).

4.1.- Ma anche la seconda condizione, ossia il fatto che l’attività sia resa nell’esercizio di una professione medica o paramedica, è intesa in senso ampio.

E ciò perchè, per un verso, l’ambito regolamentare dello Stato membro interessato costituisce solo un elemento, tra gli altri, da prendere in considerazione per stabilire se un soggetto passivo possieda le qualifiche professionali necessarie affinchè gli si possa applicare l’esenzione. Sicchè non è da escludere che coloro che svolgono le prestazioni fuori da tale ambito comunque dispongano delle qualifiche necessarie per garantire cure di livello qualitativo sufficiente per essere considerate simili a quelle proposte dagli appartenenti all’ambito regolamentato, soprattutto se abbiano seguito un percorso formativo proposto da istituti di insegnamento riconosciuti dallo Stato.

Quel che importa, dunque, è che le prestazioni sanitarie alla persona presentino un livello di qualità sufficiente.

4.2.- Anche se spetta agli Stati membri verificare che i prestatori di cure interessati possiedano le qualifiche professionali a tal fine necessarie, dunque (come riconosce Corte giust. 27 aprile 2006, cause C-443/04 e C-444/04, Solleveld e van den Hout-van Eijnsbergen, punti 37 e 38), ciò non necessariamente significa che i prestatori in questione esercitino una professione disciplinata dalla normativa dello Stato membro interessato (Corte giust. in causa C597/17, cit., punto 27): “possono quindi essere prese in considerazione altre efficaci modalità di controllo delle loro qualifiche professionali, in funzione dell’organizzazione delle professioni mediche e paramediche in tale Stato membro”.

4.3.- E ciò anche al fine di garantire il rispetto del principio di neutralità fiscale, il quale osta a che prestazioni simili, che si trovano quindi in concorrenza fra loro, siano trattate in modo diverso ai fini dell’iva: basti considerare, sul punto, il novero delle arti ausiliarie alle professioni sanitarie indicate sopra, sub 3.1).

4.4.- Occorre quindi verificare, anzitutto che le prestazioni rese dal contribuente fossero di natura sanitaria, nell’accezione sopra indicata; inoltre, anche in mancanza di regolamentazione della professione di chiropratico all’epoca dei fatti, che il contribuente fosse munito di formazione somministrata da istituti d’insegnamento riconosciuti dallo Stato e che l’attività sia qualitativamente sufficiente ad offrire la cura della persona.

5.- La censura va quindi accolta in questi termini.

6.- Quest’accoglimento comporta l’assorbimento del secondo motivo di ricorso, col quale si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, e dell’art. 2697 c.c., e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:

“In tema di iva, il riconoscimento dell’esenzione, prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 18, al chiropratico che rende una prestazione di cura alla persona, richiede l’accertamento che la prestazione garantisca un sufficiente livello di qualità e che chi la rende sia munito di formazione adeguata somministrata da istituti d’insegnamento riconosciuti dallo Stato, anche in mancanza dell’istituzione del registro dei dottori in chiropratica e dell’attivazione del relativo corso di laurea magistrale”.

P.Q.M.

accoglie il primo e il terzo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

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