Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21106 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 13/10/2011), n.21106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24309/2008 proposto da:

MA.VI.AL. MARRONE VINI ALCOOL SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato STEFANORI Angelo,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 305/2007 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 25/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato STEFANORI, che dichiara che la

Società MAVIAL MARRONE VINI ALCOOL SRL è stata dichiarata fallita

in data (OMISSIS) e che non ha la procura nè

l’autorizzazione del Giudice Delegato a rappresentare la Società;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La MA.VI.AL. s.rl. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 305 del 28/01/2006 della Commissione Regionale della Campania, depositata il 25/10/2007, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno che aveva accolto il ricorso della contribuente in ordine agli avvisi di rettifica parziale per Iva per gli anni 1996 e 1997; la CTR, in particolare, riformando la sentenza gravata, riteneva l’imponibilità della operazione di L. 30.000.000 non potendo ritenersi operazione finanziaria e per l’altro addebito, la emissione di fattura per operazione inesistente, non essendo dimostrata la fornitura di vino da parte di altra società facente parte del medesimo gruppo.

Pone la ricorrente a sostegno del ricorso quattro motivi.

L’Agenzia delle Entrate non ha resistito.

La causa veniva rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente deduce omessa insufficiente o contraddittoria motivazione in quanto la CTR aveva motivato sulla circostanza che non si trattasse di movimentazione finanziaria, questione oggetto di altre cause, avendo invece la ricorrente assunto che si trattava di prestazione di servizio con corrispettivo non pagato e, pertanto, senza che si fosse realizzato il momento impositivo.

Il motivo è infondato.

Anzitutto deve rilevarsi che il motivo si riferisce al punto della decisione relativa alla operazione di L. 30.000.000, con la ripresa a tassazione della minore imposta per L. 5.700.000.

La CTR motiva il rigetto dell’appello sul punto col rilievo che “in riferimento alla operazione imponibile di L. 30.000.000 per prestazioni che la MA.VI.AL ha ricevuto dalla DCA Spa non è stata esibita o rinvenuta alcuna documentazione”, in altre parole, che non è stata fornita prova dell’esistenza della operazione.

Le ulteriori osservazioni “la giustificazione addotta successivamente, che trattasi di finanziamento infragruppo sostenendone altresì la non tassabilità Iva, costituisce un espediente difensivo …” sono una ratio aggiuntiva e ad abundantiam.

La deduzione del vizio motivazionale della ratio principale avrebbe imposto in base ai superiori principi che il ricorrente deducesse i fatti che avrebbero supportato, ove correttamente valutati, una diversa decisione, e cioè quei fatti che avrebbero dimostrato la effettività della prestazione.

Tale non può essere certo il contratto tra due parti private (tra l’altro privo di data certa, come si legge nella sentenza di primo grado, trascritta nel ricorso) e ciò proprio perchè la predisposizione di supporti documentale è coessenziale alla fatturazione di operazioni inesistenti.

Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6, 21, 41, e 43, non potendosi ritenere la contribuente tenuta ad emettere fattura a norma dell’art. 41, comma 4, se il corrispettivo del servizio non era stato pagato.

Col terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in relazione ad un contratto di fornitura di vino in favore della D.C.A. per cui emetteva fattura per l’acconto che la D.C.A. riportava nelle liquidazione periodica evidenziando, secondo la tesi dell’ufficio, un credito d’imposta anzichè un debito che avrebbe dovuto versare;la violazione interpretativa consisteva nell’avere fatto riferimento a vantaggi fiscali di controparte, che non aveva ritirato la merce, non aveva pagato alcunchè e la DCA aveva nel 1999 stornato l’importo della fattura esponendo la corrispettiva sopravvenienza.

Col quarto motivo la contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6, 21 e 27, per non avere assolto l’obbligo dell’emittente con l’annotazione del debito d’imposta e avere richiesto invece il versamento.

IL motivi(che si riferiscono tutti al secondo punto della decisione relativa alla emissione di fatture per operazioni inesistenti e precisamente la n. 316 del 31/12/97 per L. 654.750.000), sono da trattare congiuntamente per identità di ragioni logiche e giuridiche, sono anch’essi infondati.

Anche in relazione a tale punto della decisione, la ratio della medesima è fondata sulla mancata prova della esistenza della operazione.

La CTR osserva: “risulta in atti che la DCA, in riferimento alla fattura n. 316 del 1997 non ha mai acquistato vino dalla Mavial. Nè c’è una spiegazione contabile del mancato ritiro della merce…”.

Orbene il secondo motivo, con cui il ricorrente si duole che la CTR male avrebbe interpretato le superiori norme dovendo nella prestazione di servizi l’obbligo di autofatturazione ritenersi attuale solo in relazione al momento della effettuazione della prestazione, è privo di rilevanza perchè la norma in questione si riferisce ad operazioni effettivamente esistenti, laddove la CTR le ha ritenute inesistenti con giudizio di fatto non impugnato validamente per vizio motivazionale.

Infondato è altresì il terzo motivo, in quanto a parte il vizio di autosufficienza del motivo per omessa trascrizione del contratto (nonostante la premessa di cui al ricorso conforme a tale rilievo e con richiamo giurisprudenziale in ordine all’autosufficienza) una eventuale interpretazione del contratto conformemente a quanto sostenuto dal ricorrente non sarebbe certo sufficiente a dimostrare l’effettività della operazione, proprio per i principi richiamati e ripetutamente affermati da questa Corte e cioè proprio perchè la predisposizione di supporti documentale è coessenziale alla fatturazione di operazioni inesistenti.

Del tutto estranea alla ratio della decisione è ogni riferimento all'”abuso di diritto” onde per tale riguardo il motivo presenta profili di inammissibilità.

In ordine al quarto motivo fondato sulla ritenuta natura non sanzionatoria dell’obbligo di pagamento della imposta per il solo fatto della emissione di fatture per operazioni inesistenti, onde nessun addebito potrebbe proporsi in caso di annotazione nelle liquidazioni periodiche, deve osservarsi che il motivo pecca di autosufficienza, non essendo dimostrato tale adempimento, nè ciò potrebbe dedursi dalla circostanza, analogamente solo affermata, della mancata contestazione di infrazioni in tema di liquidazioni periodiche.

Di poi potrebbe rilevarsi che, alla luce del recente arresto delle SS.UU n. 2616 del 27/12/2010 che, in ordine all’obbligo del committente di servizi o cessionario di beni, a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41, comma 6, di pagare oltre alle sanzioni, l’imposta non regolarizzata, ne ha ritenuto la natura sanzionatoria, anche il caso sostanzialmente analogo di cui all’art. 21, comma 7 il relativo obbligo di pagare l’Iva per operazioni inesistenti potrebbe ritenersi di natura sanzionatoria, così venendo meno anche la fondatezza del motivo.

Non si provvede sulle spese, non essendosi l’Ufficio difeso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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