Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21105 del 19/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 19/10/2016, (ud. 13/09/2016, dep. 19/10/2016), n.21105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. DE MARCHI ALBENGO P. G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8440-2014 proposto da:

OTTO SRL, in persona del suo Amministratore Unico Prof.

R.C., K.O., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SALARIA

292, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BALDI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANCARLO LA SCALA

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT SPA, e per essa UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK (già UGC

BANCA SPA) quale mandataria, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ISONZO 42-A, presso lo studio dell’avvocato ACHILLE REALI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO LUCA MIGLIORISI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3703/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE BALDI;

udito l’Avvocato LUCA DI GREGORIO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano, con sentenza 10.10.2013 n. 3703, confermava la decisione di prime cure che, accogliendo la domanda proposta da UNICREDIT s.p.a., aveva revocato ai sensi dell’art. 2901 c.c. gli atti di compravendita immobiliare stipulati in data (OMISSIS) dalla alienante EDIL Ticino s.r.l. in liquidazione – già Sophie Immobiliare s.r.l., debitrice della banca in conseguenza della revoca in data 31.8.2009 ed in data 31.9.2009 delle linee di credito concesse, essendo risultata inadempiente la società alle obbligazioni concordate con il piano di rientro delle passività maturate su due conto correnti – con gli acquirenti OTTO s.r.l. e K.O. (rapp.te legale di Otto).

I Giudici di appello rilevavano che la estinzione della società debitrice-alienante, in seguito a cancellazione dal registro delle imprese eseguita anteriormente alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio, non impedisse la valida instaurazione del giudizio revocatorio nei confronti dei soggetti-acquirenti, tanto alla stregua della interpretazione dell’art. 2495 c.c. (come modificato dal D.Lgs. n. 6 del 2003) fornita dalla Corte di legittimità e dalla Corte costituzionale per cui il fenomeno successorio dei debiti societari ai soci configurava una legittimazione passiva di questi ultimi in relazione alle azioni esperite dai creditori soltanto nel caso in cui fosse stata provata la effettiva liquidazione ai singoli soci di un residuo patrimoniale attivo: nella specie non sussisteva prova che il socio unico della EDIL TICINO s.r.l. ( S.F.) avesse riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione, difettando dunque le condizioni legali della successione, con la conseguenza che UNICREDIT s.p.a. non era tenuta ad integrare il contraddittorio nei confronti del predetto socio.

Nel merito la Corte d’appello riconosceva sussistere il presupposto della “scientia damni” e del “consilium fraudis” della parte acquirente a titolo oneroso.

Otto s.r.l. ed K.O. hanno impugnato per cassazione la sentenza di appello con quattro motivi deducendo errori di diritto e vizi di motivazione.

Resiste con controricorso UNICREDT s.p.a.

Le parti hanno presentato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono il vizio di violazione 2901 c.c., nonchè il vizio di motivazione per omesso esame della insussistenza del credito vantato dalla banca nei confronti dei terzi acquirenti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la “ratio decidendi”.

La Corte d’appello -diversamente da quanto ipotizzato dai ricorrenti – non ha affermato che il venire meno della società per cancellazione determina la estinzione del credito vantato dalla banca nei confronti di quest’ultima con conseguente insorgenza del medesimo credito nei confronti dei terzi proprietari del bene, ma ha rilevato invece che il venire meno del soggetto debitore, o meglio le vicende soggettive attinenti al rapporto creditore-debitore, non incidono sul diverso rapporto tra creditore e terzo acquirente che si instaura in relazione alla pretesa del primo di sentir dichiarare inefficace nei propri confronti l’atto di alienazione del bene in quanto scientemente o dolosamente sottratto alla generale garanzia assicurata dal patrimonio del debitore. Ed infatti la Corte ha espressamente preso in considerazione, ai fini dell’accertamento dei presupposti legali dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., la esistenza del credito della banca vantato nei confronti della società alienante, nonchè del pregiudizio arrecato alla banca creditrice dalla sottrazione del bene alla garanzia patrimoniale del debitore, accertando che il credito emergeva dai rapporti di c/c bancari intrattenuti con la società EDIL TICINO (passività, piano di rientro ineseguito; revoca dei fondi).

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 2901 c.c.

Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la “ratio decidendi”, aggredendo un argomento motivazionale che non è dato rinvenire nella sentenza impugnata, secondo cui il creditore in revocatoria vanterebbe nei confronti del terzo acquirente lo stesso titolo di natura obbligatoria oggetto del rapporto con il debitore alienante.

Il riferimento contenuto in sentenza al “rapporto processuale e sostanziale che lega il creditore all’avente causa” va, infatti, inteso in relazione all’intero contesto della motivazione volta ad evidenziare la irrilevanza delle vicende soggettive del debitore alienante sull’esercizio del diritto del creditore ad agire in revocatoria nei confronti del terzo acquirente: non trova alcun riscontro l’assunto dei ricorrenti secondo cui il Giudice di appello avrebbe affermato che la banca era titolare nei confronti dei terzi acquirenti del medesimo credito vantato nei confronti della società debitrici estinta.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione dell’art. 2902 c.c. e dell’art. 100 c.p.c.

Il motivo è infondato.

La estinzione della società non fa venire meno l’interesse ad agire in revocatoria perchè il creditore – secondo la tesi dei ricorrenti – non potrebbe più conseguire un titolo esecutivo nei confronti del soggetto estinto: ed infatti, non solo il titolo esecutivo validamente formato contro la società, anteriormente alla cancellazione dal registro delle imprese, può essere fatto valere, dopo la estinzione della società, direttamente nei confronti dei soci che assumono la posizione di soggetti passivi della azione esecutiva (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 18923 del 08/08/2013), ma il titolo esecutivo può essere conseguito anche dopo la estinzione del soggetto societario (per un credito insorto pendente societate), dovendo intendersi legittimati passivi alla domanda di accertamento del credito i singoli soci, che assumo la qualità di successori a titolo particolare del soggetto estinto subentrando nei rapporti attivi e passivi che facevano capo alla società.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno fornito al riguardo una interpretazione dell’art. 2495 c.c. alla quale deve esse prestata adesione, in assenza di elementi nuovi prospettai dalle parti che inducano a diversa rimeditazione, secondo cui dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (cfr. Corte eass. Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013; id. Sez. U, Sentenza n. 6072 del 12/03/2013. Conf. id. Sez. 1, Sentenza n. 25974 del 24/12/2015; id. Sez. 6 5, Ordinanza n. 13805 del 06/07/2016). Ne segue che proprio il descritto fenomeno successorio consente di ravvisare la identità della causa e della natura del debito societario che si trasmette ai soci, sicchè bene il creditore può conseguire il titolo esecutivo sul credito vantano nei confronti della società, con azione di condanna proposta nei confronti dei soci-successori.

4. Con il quarto motivo viene dedotta la violazione dell’art. 102 c.p.c. (litisconsorzio necessario in presenza di un rapporto giuridico inscindibilmente comune a più persone), non essendo stato convenuto nel giudizio revocatorio accanto ai terzi acquirenti anche il debitore-alienante.

Secondo quanto emerge dalla esposizione in fatto nel controricorso, EDIL TICINO s.r.l. in liquidazione aveva richiesto la iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese senza avere incassato i crediti maturati a saldo per il pagamento dei prezzi delle compravendite immobiliari oggetto di revocatoria (risultava infatti dagli atti di compravendita che la scadenza delle rate a saldo era stata stabilita in data successiva alla cancellazione ed alla estinzione della società). Nella specie, pertanto, la richiesta anticipata di cancellazione della società non configura un comportamento concludente di rinuncia al credito (ipotesi che si verifica solo se la estinzione della società si verifica in pendenza del giudizio avente ad oggetto l’accertamento di pretese o di crediti incerti ed illiquidi), ma si verifica l’ipotesi della sopravvenienza di residui dell’attivo già “noti” al tempo del deposito del bilancio finale di liquidazione, e che il liquidatore avrebbe allora dovuto inserire in bilancio, attendendo – prima di richiedere la iscrizione della cancellazione – la riscossione delle rate di prezzo residue, e provvedendo quindi a soddisfare prioritariamente i creditori sociali e se del caso a distribuire ai soci le residue somme. Tale omissione colposa del liquidatore, ne determina la responsabilità personale per il debito sociale – secondo la “lieti juris” prevista dallo stesso art. 2495 c.c. – , essendo legittimato il creditore, pertanto, ad agire anche nei confronti del liquidatore, ipotesi che ricorre nella fattispecie, cumulandosi nei confronti della banca creditrice la posizione debitoria (afferente alla medesima persona fisica) del liquidatore negligente e quella del socio unico di EDIL TICINO s.r.l. in quanto acquirente iure successionis del credito per saldo – prezzo quale sopravvenienza non iscritta a bilancio di liquidazione.

Dalle considerazioni svolte derivano i seguenti corollari:

estinta la società, il successore va individuato nel socio (o in caso di responsabilità colposa nel liquidatore): a tale soggetto va pertanto notificata la citazione volta a ad accertare il credito sociale, indipendentemente dalla iscrizione di tale posta nel bilancio di liquidazione ed anche dalla riscossione della quota patrimoniale da parte del socio (nel caso di bilancio di liquidazione in attivo), costituendo tale elemento soltanto una condizione di accoglimento della domanda nel merito, e non anche un requisito di legittimazione passiva con riferimento alla fattispecie concreta, inerente a giudizio revocatorio ex art. 2901 c.c., la banca creditrice avrebbe dovuto, pertanto, integrare il contraddittorio nei confronti del debitore-alienante (quale litisconsorte necessario del giudizio promosso dal creditore contro il terzo acquirente, secondo una costante giurisprudenza di legittimità – Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 8952 del 05/07/2000; id. Sez. 2, Sentenza n. 11005 del 26/07/2002; id. Sez. 3, Sentenza n. 11150 del 16/07/2003; id Sez. 3, Sentenza n. 15603 del 26/07/2005; id. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 23068 del 07/11/2011- pur recentemente sottoposta a revisione in relazione al parametro costituzionale della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., che “impone un contemperamento tra le esigenze e di natura pubblicistica del litisconsorzio necessario ed il dovere del giudice di verificare preliminarmente la sussistenza di un reale interesse a contraddire in capo al soggetto pretermesso” – cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 11523 del 14/05/2013, in tema di simulazione relativa, nel giudizio tra interponente ed interposto che non implichi questioni che coinvolgano la condotta dell’alienante; cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 895 del 20/01/2016 in tema di revocatoria, che esclude la necessità della integrazione in grado di appello nei confronti del debitore-alienante “in quanto l’immediata utilità dell’azione ex art. 2901 c.c. è comunque assicurata dalla presenza del terzo acquirente”-) e quindi nei confronti del successore nel debito sociale, nella specie il socio unico e liquidatore S.F..

Orbene rileva il Collegio che risulta in modo inequivoco dalla premessa in fatto della stessa sentenza di appello che l’atto di citazione era stato “ritualmente notificato” dalla banca tanto alla EDIL TICINO s.r.l. in liquidazione, quanto allo S. personalmente, “nella qualità di liquidatore” (cfr. sentenza appello, in motiv. pag. 2) e che nessuna delle due parti destinatarie della notifica dell’ano di citazione si era costituita in giudizio.

Pertanto la banca aveva, comunque, attinto con la notifica il successore nel debito sociale ex art. 2495 c.c. evocandolo in giudizio quale litisconsorte necessario, venendo meno in conseguenza la fondatezza della censura relativa alla assedia violazione della integrità del contraddittorio nel giudizio revocatorio.

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e le parti ricorrenti debbono essere condannate alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.800,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali ed accessori di legge;

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2016

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