Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21104 del 19/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 19/10/2016, (ud. 13/09/2016, dep. 19/10/2016), n.21104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. DE MARCHI ALBENGO P. G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18044-2013 proposto da:

BAGNI CASTELLUCCIO SRL, (OMISSIS), in persona d3el legale

rappresentante Presidente del Consiglio di Amministrazione sig.

R.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso

lo studio dell’avvocato MARIO GIUSEPPE RIDOLA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SIMONA PELUSO giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DANSK SUPERMARKED A/S, in persona del Presidente J.S. e

dell’amministratore delegato H.C.S., considerata

domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CASIMIRO SORRENTINO

unitamente all’Avvocato MAURO GIOVANNI SALVI giusta procura speciale

notarile;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 654/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 20/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato SIMONA PELUSO;

udito l’Avvocato CASIMIRO SORRENTINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Decidendo sulla controversia avente ad oggetto la domanda di condanna al risarcimento dei danni proposta Bagni di Castelluccio s.r.l. nei confronti di DANSK Supermarked S/A, società di diritto danese, in relazione all’inquinamento dell’arenile condotto in concessione dall’attrice determinato a seguito dello versamento di nafta dalla Motonave container (OMISSIS), di proprietà della società danese, la Corte d’appello di Genova, con sentenza 20.5.2013 n. 654, riformava integralmente la decisione di prime cure che aveva condannato la proprietaria della nave al risarcimento dei danni.

Rigettate le eccezioni pregiudiziali, risultando comprovata dai certificati prodotti la qualità, oltre che di proprietaria, anche di armatrice della nave della società danese, i Giudici territoriali, in considerazione della attestazione rilasciata in data 10.12.1998 dalla Capitaneria di Porto di Genova in ordine al completamento delle operazioni di disinquinamento e bonifica “con rimozione di ogni ulteriore traccia” e del sopralluogo eseguito dalla medesima Capitaneria di Porto il successivo 12.1.1999 nel corso del quale veniva rilevava – nella zona antistante l’arenile – soltanto una “chiazza oleosa frammista a microrifiuti di mq. 2”, nonchè sulla scorta della c.t.u. di primo grado e dei supplementi alla c.t.u. disposti in grado di appello, ritenevano non provato il nesso di derivazione causale del danno dallo svernamento della nafta trasportata dalla neve container, avendo il CTU Ing. L. individuato varie cause alternative (vicinanza al porto petroli di Multedo; inquinamento prodotto dal disastro ecologico della Haven, verificatosi nel (OMISSIS); inquinamento determinato – qualche tempo prima – dalla fuoriuscita di petrolio dalla nave (OMISSIS)) ed avendo il CTU D.C., dottore in chimica, escluso una corrispondenza tra i campioni di sostanze inquinanti, prelevati presso la diga foranea con la quale era entrata in collisione la motonave, ed i campioni prelevati presso l’arenile in gestione alla società concessionaria. Conseguentemente i Giudici di appello rigettavano l’appello incidentale proposto da Bagni di Castelluccio s.r.l., volto ad ottenere il risarcimento di un maggior danno.

Avverso la sentenza di appello notificata in data 24.5.2013, ha proposto rituale ricorso per cassazione Bagni di Castelluccio s.r.l. deducendo come unico motivo la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c.., comma 1, 4.

Resiste con controricorso DANSK Supermarked S/A.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso Bagni Castelluccio s.r.l. impugna la sentenza di appello, per vizio di nullità, deducendo il vizio di violazione dell’art. 599 c.n., in conseguenza della mancata partecipazione dei consulenti tecnici alla fase decisoria del processo mediante intervento in camera di consiglio, come prescritto dagli artt. 599 e 600 c.n., nelle controversie aventi ad oggetto danni derivanti da sinistri navali, nel caso in cui debbano discutersi questioni di natura tecnica.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Le norme processuali contenute nel codice della navigazione, che rivestono natura speciale rispetto a quelle del codice di procedura civile (art. 588 c.n.), dispongono che nel caso in cui si controverta in materia di “danni cagionati da navi nell’esecuzione delle operazioni di ancoraggio e di ormeggio e di qualsiasi altra manovra nei porti…” (art. 589 c.n., comma 1, lett. b), ove il Giudice debba risolvere “questioni di carattere tecnico” è tenuto a nominare consulenti iscritti nell’albo speciale (consulenti marittimi) previsto dall’art. 475 reg. att. c.n. che debbono intervenire anche in camera di consiglio partecipando alla fase decisoria della causa.

La mancata nomina o la omessa partecipazione dei consulenti alla camera di consiglio è sanzionata a pena di nullità assoluta e rilevabile ex officio, venendo ad assumere in tali casi il consulente il molo di componente di un organo giudicate specializzato (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 7499 del 20/04/2004).

La indispensabilità dell’intervento del consulente speciale, necessaria anche in grado di appello, laddove il Giudice sia investito del riesame delle conclusioni raggiunte e delle questioni sulle quali il consulente si è espresso in primo grado, è condizionata pertanto a due specifici requisiti normativi:

a) la istituzione presso l’organo giudicante dell’albo speciale dei consulenti marittimi;

b) la necessità di affrontare nel corso del giudizio la risoluzione di “questioni tecniche”.

Quanto alla prima condizione, questa Corte ha ripetutamente affermato che in mancanza di istituzione presso l’organo giudicante dell’albo speciale previsto dall’art. 475 reg. att. c.n., il Giudice è esonerato dalla applicazione delle relative norme processuali del codice della navigazione, potendo disporre la nomina del CTU, tra gli iscritti all’albo istituto ai sensi dell’art. 13 disp. att. c.p.c., in tal caso venendo ad essere disciplinata l’attività dell’ausiliario dalle disposizioni del codice di procedura civile, e non trovando applicazione l’obbligo di partecipazione del CTU alla fase decisoria in camera di consiglio, meramente eventuale ex art. 197 c.p.c. (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 458 del 07/0211975; id. Sez. 1, Sentenza n. 6871 del 21/06/1993)

Quanto alla seconda condizione, è giurisprudenza costante della Supreme Corte quella che esclude: 1 – l’applicazione delle norme processuali del codice della navigazione, laddove la controversia non debba affrontare questioni tecniche; 2 – la incomunicabilità alle questioni giuridiche esaminate e decise in sentenza, della nullità delle statuizioni della sentenza adottate su “questioni tecniche” in violazione dell’obbligo di nomina e partecipazione alla decisione dei consulenti speciali (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 4422 del 23/11/1976; id. Sez. 3, Sentenza n. 7499 del 20/04/2004).

Tanto premesso la censura mossa con il motivo di ricorso in esame è carente sotto il profilo della necessaria allegazione delle condizioni, sussistenti in concreto, cui è subordinata l’applicazione degli artt. 599 e 600 c.n.. Nulla riferisce la ricorrente in ordine alla istituzione presso il Tribunale Ordinario di Genova dell’albo speciale, e nulla espone circa la natura delle “questioni tecniche” che avrebbero imposto nella specie il ricorso alla nomina ed alla partecipazione in camera di consiglio dei consulenti speciali, essendo appena il caso di osservare che la individuazione di tali questioni non può essere genericamente riferita ad un ambito specialistico indifferenziato che richieda la applicazione di nozioni scientifiche o tecniche che esulano dal sapere del Giudice, posto che tale presupposto è del tutto sovrapponibile a quello identico che giustifica il ricorso alla nomina di un ausiliario o di un esperto (qualsiasi esso sia) da parte dell’organo giudicante, ma la “questione tecnica” inerente le controversie di cui all’art. 589 c.n. deve – evidentemente – essere relazionata alla peculiare materia delle costruzioni navali o della navigazione marittima, sicchè debbono ritenersi “tecniche” nella specifica materia quelle questioni che comportano la risoluzioni di problemi che implicano l’applicazione di nozioni proprie delle scienze nautiche (ars navigandi) o delle regole tecniche che presiedono alla costruzione ed alla manutenzione della nave.

Orbene nel caso di specie la causa aveva ad oggetto il risarcimento dei danni cagionati dalla fuoriuscita di idrocarburi dalla motonave che aveva urtato contro la diga foranea, e la causa è stata risolta in punto di insufficienza di prova del collegamento causale tra il fatto incontestato dello sversamento della nafta causato dall’urto della nave e l’inquinamento della zona di mare antistante e dell’arenile gestito dalla società concessionaria. Trattavasi, dunque, di “questione giuridica” attinente al nesso di causalità materiale, in quanto la relativa indagine è demandata – attraverso l’operazione logica che viene a rivelare la connessione della condotta all’ “eventum damni”, secondo i criteri normativi fissati dagli artt. 40 e 41 c.p. – al Giudice di merito, e non esula quindi dall’accertamento dell’elemento giuridico causale – che si atteggia nei due nessi relazionali della causalità materiale e giuridica – appartenente allo schema dell’illecito aquiliano ex art. 2043 c.c. come costantemente affermato da questa Corte secondo cui in tema di illecito civile, la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e la conseguenza dannosa risarcibile implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti, il primo volto ad identificare – in applicazione del criterio del “più probabile che non” – il nesso di causalità materiale che lega la condotta all’evento di danno, il secondo essendo diretto, invece, ad accertare il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili, accertamento, quest’ultimo, da compiersi in applicazione dell’art. 1223 c.c. norma che pone essa stessa una regola eziologica (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 21255 del 17/09/2013).

Ne segue che in difetto della specifica indicazione nella esposizione del motivo di ricorso delle condizioni che costituiscono presupposto necessario per l’accertamento della denunciata violazione delle norme del codice della navigazione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile e la parte ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.800,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generale ed accessori di legge, da distrarsi a favore dell’avv. Miro Sorretino dichiaratosi antistatario;

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2016

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