Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21103 del 11/09/2017
Cassazione civile, sez. VI, 11/09/2017, (ud. 03/07/2017, dep.11/09/2017), n. 21103
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8112-2016 proposto da:
C.A.M., C.D., C.G., nella qualità
di soci della cessata C. COSTRUZIONI S.R.L., CE.GI.,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO STOPPANI 1, presso lo
STUDIO LEGALE LO FASO, rappresentati e difesi dall’avvocato ANDREA
LO FASO;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI PATERNO’, – P.I. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ANTONINO BATTIATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 201/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 04/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 03/07/2017 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI
VIRGILIO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
Con sentenza del 27/1-2/2/2016, la Corte d’appello di Catania,in accoglimento del primo motivo d’appello ed in totale riforma della sentenza impugnata, ha respinto la domanda di C. Costruzioni srl, intesa ad ottenere il pagamento da parte dell’appaltante Comune di Paternò delle riserve indicate, oltre accessori, ritenendo maturata la prescrizione decennale considerata l’ultimazione dei lavori avvenuta nel marzo 1981 e che la lettera di diffida era stata inviata il 7/1/1999, anche a considerare congruo per le operazioni di collaudo il termine di due anni dall’ultimazione dei lavori, quadruplo rispetto a quello introdotto dalla L. n. 741 del 1981, art. 5.
La Corte ha altresì richiamato l’orientamento del S.C. relativo alla immediata applicabilità dell’art. 5 legge cit. ai rapporti sorti anteriormente ed ancora in corso alla data di entrata in vigore della legge.
Ricorrono sulla base di un unico motivo CE.GI. ed altri.
Si difende con controricorso il Comune di Paternò.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
Considerato che:
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Ed invero, il motivo di ricorso è inteso a denunciare l’errata applicazione retroattiva della L. n. 741 del 1981 al caso di specie, nel quale l’ultimazione dei lavori è avvenuta il 21/3/1981, anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 741 del 1981, allorquando l’unica disciplina vigente era costituita dal R.D. n. 350 del 1985, art. 109 e D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 44 e quindi, approvato il collaudo l’11/3/1995, l’appaltatore avrebbe potuto azionare i suoi diritti entro i dieci anni dal collaudo, mentre la pronuncia non ha applicato retroattivamente, ma ha valutato la congruità del termine di due anni per il collaudo, seguendo l’orientamento di cui alle pronunce 132 dell’8/1/2009 e 13093 del 1992, che hanno affermato che in materia di appalto di opere pubbliche, l’appaltatore, secondo la regola posta già dall’art. 44 del capitolato generale approvato con D.M. 28 maggio 1895 e ripetuta nell’art. 44 del nuovo capitolato approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, può agire per far valere il suo diritto al saldo finale, allo svincolo della cauzione e ad eventuali compensi aggiuntivi, o comunque a tutela delle proprie ragioni, solo dopo che l’Amministrazione, a norma del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 109, abbia deliberato sull’approvazione del collaudo e sulle domande dell’appaltatore con provvedimento che deve essere posto in essere in un arco di tempo compreso nei limiti della tollerabilità e delle normali esigenze di definire il rapporto senza ritardi ingiustificati, tenuto conto della natura del rapporto medesimo, dell’economia generale del contratto e del rispettivo interesse delle parti; di conseguenza, ove l’Amministrazione abbia omesso di adottare e comunicare le sue determinazioni in un congruo periodo di tempo, tale comportamento omissivo denuncia di per sè il rifiuto dell’Amministrazione ed il suo inadempimento, e l’appaltatore può allora far valere direttamente i suoi diritti, in via giudiziaria o arbitrale, senza necessità di dover mettere preliminarmente in mora l’Amministrazione o di assegnarle un termine, e tanto meno di sperimentare il procedimento di cui all’art. 1183 cod. civ., realizzandosi in tal modo anche le condizioni perchè, a norma dell’art. 2935 cod. civ., incominci a decorrere il termine di prescrizione del suo diritto, a nulla rilevando che il momento iniziale di tale termine non sia stato preventivamente e precisamente determinato, essendo esso determinabile e individuabile in base ai suddetti oggettivi criteri di valutazione.
Si veda altresì in tal senso la pronuncia 5530/83, citata nella sentenza 132/2009.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 7000,00, oltre Euro 100,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2017