Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21102 del 11/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/09/2017, (ud. 12/06/2017, dep.11/09/2017),  n. 21102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28613-2015 proposto da:

Z.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PASQUALE CERINO;

– ricorrente –

contro

QUESTURA NAPOLI UFFICIO IMMIGRAZIONE, PREFETTURA DI NAPOLI;

– intimati –

avverso il decreto del GIUDICE DI PACE di NAPOLI, depositato il

22/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con decreto del 12/10/2015 il Giudice di Pace di Napoli ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Z.K., cittadino algerino, avverso il decreto di espulsione emesso il 07/12/2012 dal Prefetto di Napoli e avverso l’ordine del Questore di Napoli del 24/04/2015, contenente l’invito a lasciare il territorio nazionale entro il termine di sette giorni.

Il decreto espulsivo era basato sul provvedimento di diniego di riconoscimento della protezione internazionale emesso il 07/11/2007 da parte della Commissione territoriale.

A sostegno della decisione il Giudice di Pace ha rilevato, in primo luogo, che l’ordine questorile non è suscettibile di autonoma impugnazione dinanzi all’autorità giudiziaria con il procedimento previsto per l’opposizione all’espulsione, nè in generale è previsto un controllo di carattere giurisdizionale, non trattandosi di provvedimento limitativo della libertà personale in quanto l’espellendo non è stato trattenuto presso un centro di permanenza temporanea nè è stato sottoposto ad accompagnamento coattivo alla frontiera.

Sotto altro profilo, il ricorso avverso il provvedimento espulsivo (notificato, quest’ultimo, in data 07/12/2014) è tardivo, in quanto depositato soltanto in data 29/04/2015, e pertanto oltre il termine di trenta giorni previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 3.

Avverso suddetta pronuncia ricorre per cassazione il cittadino straniero sulla base di un unico motivo, accompagnato da memoria. Non svolge difese l’Amministrazione intimata.

Il ricorrente censura la pronuncia impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Censura altresì il provvedimento espulsivo per violazione della L. n. 271 del 2004, del D.Lgs. n. 286 del 1998, e della L. n. 241 del 1990, lamentando innanzitutto che l’Amministrazione non ha provveduto a reperire un interprete di lingua araba per la traduzione del decreto di espulsione e del suo verbale di notifica. In secondo luogo, deduce che non è stato tenuto conto del fatto che egli aveva prodotto nel 2012 istanza per permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 18, e che le sue gravi condizioni di salute, necessitanti cure mediche urgenti, impediscono che possa essere validamente espulso. Da ultimo, evidenzia che l’espulsione è altresì impedita da motivi religiosi, in quanto il ricorrente professa la religione cristiana cattolica e sarebbe sottoposto a persecuzioni ove fosse costretto a rientrare nel proprio Paese, di religione musulmana.

Il ricorso è radicalmente inammissibile, in quanto tutte le censure sono dirette al provvedimento prefettizio e non alla sentenza del Giudice di Pace, di cui si lamenta in maniera del tutto generica un vizio motivazionale privo di qualsivoglia argomentazione.

Le questioni dedotte nel presente ricorso non sono state esaminate dal giudice di merito per l’assorbente declaratoria di inammissibilità dell’opposizione al decreto prefettizio per violazione del termine di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 130 del 2011, art. 18, comma 3 (“Il ricorso è proposto, a pena di inammssibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero”). Quanto all’ordine questorile, il Giudice di Pace ha correttamente rilevato che esso non è autonomamente impugnabile, essendo il controllo) giurisdizionale rimesso alla fase della convalida qualora venga disposto l’accompagnamento coattivo.

La memoria depositata, meramente ripetitiva di quanto già esposto nel ricorso, non consente di superare i predetti rilievi.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. In mancanza dell’attività difensiva della parte intimata, non occorre provvedere in ordine alle spese processuali.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2017

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