Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21101 del 16/09/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 21101 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: UCCELLA FULVIO

PU

SENTENZA

sul ricorso 14892-2007 proposto da:
3 L.L.L. S.R.L. 017333870602 in persona del legale
rappresentante pro tempore

Sig.

LOLLI

FELICE,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VAL DI FASSA
54, presso lo studio dell’avvocato FELLI MARIA RITA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FELLI FRANCO giusta delega in atti;

ricorrente

contro

AZIENDA AGRARIA MARTINI FILEZIO 00620720540 in
persona del legale rappresentante pro tempore Sig.

Data pubblicazione: 16/09/2013

MARTINI FILEZIO, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
PALUMBO UMBERTO con studio in 06122 PERUGIA VIA
ALESSI 19 giusta delega in atti;

nonchè contro

LIPPI ALBERTO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 483/2006 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 06/11/2006, R.G.N.
624/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/06/2013 dal Consigliere Dott. FULVIO
UCCELLA;
udito l’Avvocato UMBERTO PALUMBO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

– controricorrenti –

Svolgimento del processo

In data 7 novembre 2002 il Tribunale di Perugii% rigettava la
opposizione proposta dalla ingiunta s.r.1.3 L.L.L. a decreto
ingiuntivo emesso a favore della Azienda Agraria Martini
Filezio per la somma di lire 8.920.690 oltre interessi legali e

vendita di galletti vivi per una fornitura totale di lire
39.322.690
Nel giudizio era stato chiamato su istanza della opponente 3
L.L.L. anche Lippi Alberto in quanto procacciatore di affari e
rappresentante della Azienda opposta.
Infatti, assumeva l’opponente che non aveva mai avuto rapporti
con l’Azienda Agraria, ma con il Lippi, procacciatore di affari
e rappresentante della Azienda, a cui essa opponente aveva
pagato l’intera fornitura presso la propria sede in Paliano
mediante due assegni bancari di lire 15 milioni e lire 16
milioni oltre a danaro contante.
Il Lippi, assumeva l’opponente, nel ricevere il pagamento,
aveva quietanzato la fattura.
Dal canto suo l’ Azienda -opposta- precisava di non avere mai
quietanzato la fattura emessa a fronte della fornitura:
quietanza che evidentemente era stata arbitrariamente e
falsamente effettuata dal Lippi, il quale aveva girato al
titolare della Azienda, al Martini, a pagamento un assegno di
lire 28.408.000 a firma di Leoni Vittoria, per cui il debito
della 3 L.L.L. era determinato in lire 8.200.000, inutilmente

3

spese, quale corrispettivo di quanto ancora dovuto per la

richiesto in precedenza al legale rappresentante della società
e da questi mai negato.
Su gravame della 3 L.L.L. s.r.l. la Corte di appello di
Perugina in data 6 novembre 2006 condannava il Lippi a pagare
all’ appellata Azienda per la causale di cui in motivazione la

1991 e governava le spese dei primo grado tra la 3 L.L.L. nei
confronti dell’ Azienda e tra il Lippi e la 3 L.L.L. per
entrambi i gradi del giudizio.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la 3
L.L.L. s.r.1., affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso l’ Azienda Agraria di Martini
Filezio.
L’ intimato Lippi non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

In via preliminare va disattesa la eccezione della parte
resistente di carenza e/o nullità della procura rilasciata per
il presente ricorso, dovendosi interpretare la stessa come
idonea a proporre ricorso per cassazione.
Così come va disattesa la eccezione di insussistenza del
quesito di diritto circa il secondo motivo, in quanto lo stesso
sarebbe riferibile in realtà al primo motivo ( v.p.11 ricorso e
p.4 controricorso ).
1.-I1

primo motivo (

violazione e falsa applicazione degli

artt.1388 e 1389 c.c. in relazione agli artt.2697 c.c. e 116
c.p.c.

( art.360 n.3 e 5 c.p.c.- omessa, insufficiente e

4

somma di euro 4.606, 80 oltre interessi legali dall’ agosto del

contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi
per il giudizio- violazione e falsa applicazione degli
artt.1188 e 1189 c.c. in relazione all’ art.360 n.3 e 5
c.p.c.), cui segue un adeguato quesito di diritto, nonché il
secondo motivo (

errore di diritto per violazione e falsa

insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio ) , cui pure seguono due
corretti quesiti di diritto, vanno esaminati congiuntamente e
vanno disattesi, pur essendo in astratto congrui i quesiti
formulati, almeno per quanto concerne le dedotte violazioni di
norme di diritto.
In estrema sintesi, la società ricorrente lamenta che il
giudice dell’appello non avrebbe applicato l’art.1388 e
l’art.1389 c.c.

-primo motivo-

e sostiene di avere pagato

integralmente al Lippi le fatture-secondo motivo.
Entrambe le censure vanno disattese.
Infatti, il giudice dell’ appello ha escluso che nel contratto
tra l’ Azienda e la s.r.1.3L.L.L. il Lippi godesse del potere
di interloquire sul prezzo e ha posto in rilievo che il Lippi
esibì la fattura dell’ Azienda del Martini al quale dovevano
essere intestati i rilasciati assegni, come elemento
sintomatico della mera veste di intermediario, che già era
conosciuto come tale e che il legale rappresentante della

3

L.L.L. era ben consapevole dell’ acquisto dei galletti non dal

5

applicazione degli artt.116 c.p.c. e 2967 c.c.- omessa,

Lippi ma da altra azienda, il cui titolare non aveva mai
conosciuto, come si ricavava dal suo interrogatorio formale.
A fronte di ciò il giudice dell’ appello ha osservato che,
poiché era fuori discussione che il contratto fosse stato
eseguito dal venditore e l’ acquirente non avesse disconosciuto

avesse rilevanza perché la questione, nel concreto,
consisteva nel fatto che la 3 L.L.L., opponendosi al decreto
ingiuntivo, aveva dedotto soltanto di avere pagato ad un
soggetto legittimato a ricevere la somma in nome e per conto
del rappresentato ( p.9 sentenza impugnata ).
Così delineato il convincimento del giudice del merito, che ha
richiamato principi elaborati da questa Corte (Cass.n.13629/05;
Cass.n.16025/02 ) anche in tema di buona fede e venendo al
principio dell’ apparenza, invocato dalla 3 L.L.L. ( su cui
pure richiama giurisprudenza di questa Corte: Cass.n.15743/04;
Cass.n.6181/95; Cass.n.3988/99) e che va ribadite ( v.p.10-11
sentenza impugnata ), sulla base delle deposizioni testimoniali
ha escluso che da parte del Martini fosse intervenuto il benché
minimo comportamento atto ad ingenerare nel Lolli il
ragionevole convincimento che al primo fosse stato affidato il
delicato mandato di riscuotere il prezzo.
Il che avrebbe imposto, secondo un criterio di ordinaria
prudenza, l’ interpello del creditore, peraltro mai cercato e
ciò nonostante l’ intestazione degli assegni rilasciati al
Martini: circostanza, che, comunque, dimostrava chiaramente che

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la propria obbligazione di pagare la norma di cui all’ art.1388

il vero creditore non era il Lippi

(p.11-12 sentenza

impugnata).
Né si può parlare, come fa parte ricorrente, di presunta
ratifica per comportamento concludente perché l’ Azienda
avrebbe eseguito la vendita dei galletti e avrebbe accettato

del Lippi-circostanza appresa successivamente-), in quanto
mancano fatti concludenti.
Di vero, lo steso Lippi ebbe a dichiarare che il Martini non
volle accettare gli assegni perché inferiori all’ importo della
fattura e la riscossione, con la conseguenza di liberare
l’acquirente, non configurava un comportamento
inequivocabilmente diretto ad approvare l’ operato del

falsus

procura tor.
Nel caso

sub judice,

a fronte della -ed è pacifico-mancata

consegna di assegni per lire tre milioni rilasciati dal Lolli
ed incassati dal Lippi con firma apocrifa, come affermato dal
Martini e dal Lippi non contestato, non è seguita alcuna
manifestazione di volontà del Martini diretta al terzo di
accettare l’ operato del Lippi in ordine alla determinazione
del prezzo in misura inferiore a quella portata dalla fattura
quietanzata dal Lippi.
Quindi, nessuna apparenza né alcuna ratifica, tanto più che le
prove testimoniali già disattese dal Tribunale, perché in parte
riguardanti circostanze totalmente ininfluenti e per gran parte

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dal Lippi un assegno a firma di tale Leoni Vittoria ( moglie

non contestate sono state per la loro natura confermate dalla
sentenza impugnata, con motivazione esente da ogni vizio.
Ed, inoltre poiché l’ avvenuto pagamento a mani del Lippi era
inopponibile alla Azienda del Martini, correttamente il giudice
dell’ appello ha confermato il decreto ingiuntivo ( v.p.13-14

Tutto questo argomentare del giudice dell’ appello rende
oculi

ictu

palesemente infondate le considerazioni svolte dalla

parte ricorrente ( p.5-10 ricorso ).
2.-Con il terzo motivo (

errore di diritto per violazione e

falsa applicazione degli art.116 e 2697 c.c.-omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio-art.360 n.5-) la parte
ricorrente lamenta che il giudice dell’ appello non avrebbe
valutatole prove dell’ avvenuto pagamento delle fatture.
Ad illustrazione della censura vengono formulati i seguenti
quesiti:
In presenza di elementi obiettivi idonei a giustificare
l’opinione del terzo dell’ esistenza di una procura, il
pagamento effettuato dal leg.rapp.della 3 L.L.L.s.r.1 nelle
mani del sig.Lippi Alberto ha efficacia liberatoria atteso che
in virtù del principio dell’ apparenza qualsiasi atto e/o
contratto concluso dal falsus procurator” produce
direttamente effetti nella fera del ” dominus”
Se possa il giudice limitarsi ad enunciare il suo libero
convincimento in ordine alla prova testimoniale sull’ oggetto

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sentenza impugnata ).

del contendere e pervenire a giudizio negativo sull’ esistenza
dei fatti dedotti senza confrontare il ritenuto equilibrio
della prova testimoniale con documenti attinenti agli stessi
fatti e con i comportamenti tenuti dagli appellati nell’ intera
vicenda di cui è causa.

Le considerazioni espresse nella illustrazione il Collegio
rinvia a quanto già detto in precedenza.
In riferimento ai quesiti il primo si rivela incongruo e non
corrispondente alla ratio decidendi della sentenza impugnata.
Il secondo è del tutto astratto ed anch’ esso non corrisponde
all’ articolata argomentazione del giudice del merito.
Peraltro, sembra opportuno precisare che in merito ai sei
milioni in contanti la circostanza riportata nel ricorso (p.1213 ricorso) è stata esaminata dal giudice ed è stata ritenuta,
assieme alle altre, non “liberatoria” a favore della 3 L.L.L.,
perché il pagamento comunque effettuato nelle mani del Lippi
non era opponibile all’ Azienda del Martini per difetto di
tutela dell’ apparenza e per difetto di ratifica da parte di
questa.
Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese, che seguono
la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che

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In riferimento a questa censura il Collegio osserva.

liquida i euro 2.200, di cui euro 200 per spese, oltre
accessori come per legge.

Così deciso nella camera di consiglio del 21giugno 2013.

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