Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21100 del 16/09/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 21100 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA
SENTENZA
sul ricorso 28785-2007 proposto da:
COMUNE VALFABBRICA 00476350541,
in persona del
Sindaco pro tempore Sig. OTTAVIO ANASTASI,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI
51, presso lo studio dell’avvocato CARDI MARCELLO,
rappresentato e difeso dall’avvocato CALVIERI CARLO
giusta delega in atti;
– ricorrente contro
CALZIFICIO C.F.C. DI CARICCHI MARIA LUISA & C. S.N.C.
IN LIQ., in persona del suo legale rappresentante in
1
Data pubblicazione: 16/09/2013
carica,
il
liquidatore
MARIA
LUISA
CARICCHI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOSCANA 10,
presso lo studio dell’avvocato RIZZO ANTONIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
COACCIOLI ANTONIO giusta delega in atti;
–
avverso la sentenza n. 114/2007 della CORTE D’APPELLO
–
di PERUGIA, depositata il 12/04/2007 R.G.N. 348/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/06/2013 dal Consigliere Dott.
RAFFAELLA LANZILLO;
udito l’Avvocato GIANLUCA CALVIERI per delega;
udito l’Avvocato ANTONIO COACCIOLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
t
– controricorrente
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 26 maggio 1997, la s.n.c.
Calzificio CFC di
Caricchi Maria Luisa
C., ha convenuto
davanti al Tribunale di Perugia il Comune di Valfabbrica (PG),
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni provocati da
adiacenza alla rete di confine con lo stabilimento
dell’attrice, e propagatosi all’interno della proprietà.
Il Comune ha resistito alla domanda, negando ogni sua
responsabilità.
Il Tribunale di Perugia ha accolto la domanda risarcitoria
entro i limiti del 50%, ravvisando il concorso di colpa della
danneggiata al 50%, per avere questa ammassato materiali
infiammabili (cartoni e scarti in tessuti sintetici) in
corrispondenza del muro di confine, al di sotto di una
pensilina costruita senza rispettare la distanza legale dal
confine, ed ha liquidato in favore della danneggiata la somma
di E 5.205,96, oltre interessi e rivalutazione.
Proposto appello dalla danneggiata, a cui ha resistito il
Comune, con sentenza la Corte di appello di Perugia, con
sentenza depositata il 12 aprile 2007 n. 114 e notificata il 3
agosto 2007, ha ravvisato la responsabilità esclusiva del
Comune ed, in riforma della sentenza di primo grado, ha
liquidato in risarcimento dei danni la somma di C 10.411,92,
oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese processuali.
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un incendio sviluppatosi nel parco pubblico comunale, in
Con atto notificato il 12 novembre 2007 il Comune di Val
Fabbrica propone tre motivi di ricorso per cassazione.
Resiste l’intimata con controricorso.
Il Collegio raccomanda la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
controversa è quella concernente la configurabilità o meno di
–
un concorso di colpa del danneggiato, essendo stata accertata
la responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.
per il fatto che l’incendio si è sviluppato all’interno della
proprietà comunale e da qui si è propagato allo stabilimento
del Calzaturificio, ha ritenuto che non possa attribuirsi a
colpa del danneggiato il fatto di avere ammassato materiali
all’interno della sua proprietà e a ridosso del muro di
confine, essendo del tutto imprevedibile il fatto che si
potesse sviluppare e propagare un incendio dalferco confinante
– evento mai verificatosi in precedenza – ed essendovi un
muro di confine di notevole altezza, sovrastato da una rete,
sì da costituire un’efficace barriera taglia-fuoco,
•
e
trattandosi di materiale per lo più non infiammabile
(macchinari), se non per la parte costituente i cartoni di
imballaggio.
Ha specificato che il fatto che i materiali fossero collocati
sotto una pensilina in ferro, costruita a distanza inferiore a
quella legale, non ha avuto alcuna efficienza causale in
ordine al sinistro.
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l.- La Corte di appello, premesso che unica questione
2.- Con il primo motivo il Comune di Val Fabbrica denuncia
violazione degli art. 1227 e 2056 cod. civ. e con il secondo
motivo omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione,
quanto all’esclusione del concorso di colpa.
2.1.- I motivi sono manifestamente infondati, quando non
poiché
il
ricorrente,
pur
richiamando
formalmente anche la violazione di norme di diritto, pone in
realtà in discussione solo gli accertamenti e le valutazioni
in fatto mediante le quali la Corte di appello ha ritenuto di
escludere l’addebitabilità di un qualunque concorso di colpa
alla danneggiata: accertamenti e valutazioni che risultano
adeguatamente motivati ed oggettivamente condivisibili.
Il proprietario non ha alcun obbligo di utilizzare in un modo
o nell’altro il proprio fondo, né incorre in alcun divieto di
sistemarvi oggetti ed attrezzi nel modo ritenuto più
conveniente, qualora non sussista alcun elemento o circostanza
idonei a dimostrare la pericolosità di una data sistemazione.
Il ricorrente non afferma di avere dedotto o dimostrato
alcunché,
nelle competenti sedi di merito,
prevedibilità del sinistro verificatosi
i
circa la
quindi circa
l’imputabilità ad imprudenza o a negligenza del danneggiato
del fatto di avere collocato la sue merce in quel particolare
punto della sua proprietà, come ha correttamente rilevato la
Corte di appello.
Né sono consentite in questa sede ulteriori indagini in
merito.
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inammissibili,
3.- Con il terzo motivo il ricorrente censura il provvedimento
di liquidazione delle spese, a cui la Corte di appello avrebbe
proceduto parametrando le somme attribuite sul valore della
controversia posto a base della domanda attrice, anziché sul
valore effettivamente liquidato.
le spese di entrambi i gradi del giudizio sono state
compensate per un terzo e poste a carico del Comune solo per i
rimanenti due terzi, proprio in considerazione della parziale
soccombenza del
Calzaturificio
in ordine
al
quantum
risarcitorio.
Né il ricorrente ha dimostrato – come sarebbe stato suo onere
– che anche la riduzione di un terzo delle somme liquidate ha
comportato l’attribuzione alla parte vittoriosa di somme
superiori ai massimi di tariffa: unico aspetto in relazione al
quale la decisione sarebbe suscettibile di censura in sede di
legittimità (Cass. Civ. Sez. Lav., 23 agosto 2003 n. 12413;
Cass. Civ. Sez. 3, 24 ottobre 2007 n. 22347; Cass. Civ. Sez.
2, 16 febbraio 2007 n. 3651, ed altre).
5.- Il ricorso deve essere rigettato.
6.- Le spese processuali, liquidate nel dispositivo, seguono
la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate complessivamente in C 2.000,00, di cui C
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4.- Il motivo è manifestamente infondato, ove si consideri che
200,00 per spese ed C 1.800,00 per compensi; oltre agli
accessori previdenziali e fiscali di legge.
DEPO
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2013