Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2110 del 31/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2110 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso 2744-2012 proposto da:
BONACINA GLORIA BNCGLR68B42E507H, elettivamente domiciliata
ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI
BENITO PIERO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SANGIORGIO LUIGI, giusta procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente contro
ITALFONDIARIO SPA nella sua qualità di procuratore e mandatario di Intesa
Sanpaolo SpA e capogruppo del Gruppo Bancario Intesa Sanpaolo
(denominazione assunti a seguito della fusione per incorporazione del Sanpaolo
Imi SpA e Banca Intesa SpA) in persona del suo procuratore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato
LUCISANO CLAUDIO, rappresentata e difesa dall’avvocato AULETTA
ANDREA, giusta procura speciale in calce al controricorso;

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Data pubblicazione: 31/01/2014

- controricorrente nonchè contro
BANCA POPOLARE VALCONCA Soc. Coop. a r.l. di Morciano di Romagna,
MPS GESTIONE CREDITI BANCA SPA in nome e per conto di Monte dei
Paschi di Siena Capital Services Banca per le Imprese SpA,

– intimate avverso la sentenza n. 717/2011 del TRIBUNALE di LECCO del 3.1.2011,
depositata 1’11/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;
udito per la controricorrente l’Avvocato Claudio Lucisano che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO BASILE
che si riporta alla relazione scritta.

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BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CARATE BRIANZA;

Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
« 1. Con sentenza depositata in data 11.10.2011 il Tribunale di Lecco ha
rigettato l’opposizione proposta da Gloria Bonacina avverso il pignoramento
immobiliare eseguito ai suoi danni in data 21.05.2010 dalla s.p.a. Italfondiario
(quale procuratore e mandatario di Intesa Sanpaolo) e condannato l’opponente al

nell’indicata qualità, nonché nei confronti del MPS Gestione Crediti Banca s.p.a.,
in qualità di procuratore di Monte dei Paschi di Siena Capital Services Banca per le
Imprese s.p.a. (creditore intervenuto nella procedura esecutiva).
2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione Gloria Bonacina
formulando un unico motivo.
L’Italfondiario s.p.a. ha resistito con controricorso.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte del MPS Gestione Crediti
Banca e dagli altri intervenuti nella procedura esecutiva, in epigrafe indicati.
3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt.
376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere dichiarato
inammissibile o almeno rigettato.
4. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione
degli artt. 555 cod. proc. civ. e 29 legge n.52 del 1985 (art. 360 n.3 cod. proc. civ.),
per non avere il Tribunale dichiarato la nullità del pignoramento per omessa
indicazione di almeno tre confini dell’immobile come previsto dall’art. 29 cit..
4.1. La decisione impugnata poggia su una duplice ratio decidendi: ciò in quanto il
Tribunale ha, in primo luogo, escluso la necessità del requisito formale indicato
dall’opponente, avuto riguardo al testuale rinvio contenuto nell’art. 555 cod. proc.
civ. «ai requisiti richiesti dal codice civile per l’individuaione dell’immobile ipotecato» e
all’attuale disposto della norma di riferimento e, cioè, dell’art. 2826 cod. civ. (come
modificato dall’art. 13 della legge n. 52 del 1985), che non prevede (più)
l’indicazione di almeno tre dei confini dell’immobile, per tal via ritenendo

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pagamento delle spese processuali liquidate in favore dell’Italfondiario,

inconferente, ai fini di cui trattasi, la norma di cui all’art. 29 della stessa legge n. 52
del 1985, siccome «disposizione esterna al Codice civile e, come tale, non richiamata dalla
lettera del comma 1 dell’art. 555 cp.c.».

In ogni caso il Tribunale ha aggiunto, per

completezza, che, anche a volere accedere all’interpretazione prospettata
dall’opponente (che legge la modifica dell’art. 2826 cod. civ. in stretto
coordinamento con il cit. art. 29, intesa come norma di valore generale per tutti gli

pignoramento), nondimeno l’atto non potrebbe ritenersi nullo; e ciò in
applicazione del principio generale di cui all’art. 156 cod. proc. civ., in base al
quale la nullità non può essere pronunciata, ogni qualvolta l’atto abbia raggiunto lo
scopo cui è destinato. Ha precisato a tal riguardo il Tribunale che (a prescindere
dalla tempestività dell’opposizione

ex art. 617 cod. proc. civ.) l’atto di

pignoramento di cui trattasi ha raggiunto i suoi scopi, perché la Bonacina ha ben
compreso quali beni venivano sottoposti ad esecuzione forzata e l’atto è stato
debitamente trascritto, con conseguente applicabilità (nell’ipotesi in cui si volesse
aderire alla tesi di principio esposta dall’opponente) dell’art. 156 co.3 cod. proc.
civ..
4.2. Innanzitutto si osserva che parte ricorrente, deducendo violazione degli
artt. 555 cod. proc. civ. e 29 legge n. 52 del 1985, censura il primo argomento a
sostegno della decisione, senza attingere il secondo (e autonomo) ordine di
considerazioni, riguardo alle quali si limita ad osservare che «il richiamo del giudicante
all’art. 156 cp.c• non è pertinente al caso di specie, in quanto quello che importa è la mancanza
dei tre confini» (pag. 12 ricorso). In tal modo risulta sostanzialmente non censurata la
seconda e autonoma ratio decidendi, con la conseguenza che il ricorso appare
inammissibile, in conformità al principio costantemente affermato da questa
Corte, secondo cui l’impugnazione in sede di legittimità di una decisione di merito
che si fonda su distinte rationes decidendi, autonome l’una dall’altra e ciascuna
sufficiente, da sola, a sorreggerla, è meritevole di ingresso solo se risulta articolata
in uno spettro di censure che investano utilmente tutti gli ordini di ragioni esposte

atti riguardanti immobili che devono essere trascritti e quindi anche per il

nella sentenza, atteso che la eventuale fondatezza del motivo dedotto con
riferimento a una sola parte delle ragioni della decisione non porterebbe alla
cassazione della sentenza, che rimarrebbe ferma sulla base dell’argomento non
censurato (Cass. 16 dicembre 2010, n. 25510 exp/urimis).
4.3. Pur risultando assorbenti le considerazioni che precedono, non si ritiene
superfluo aggiungere, che il rilievo di parte ricorrente circa la “non pertinenza” del

Invero, avuto riguardo alla struttura complessa dell’atto di pignoramento di cui
all’art. 555 cod. proc. civ. (che risponde a logiche della pubblicità immobiliare, ma
è in primis atto dell’esecuzione), l'(eventuale) errore contenuto nell’atto di
pignoramento circa gli elementi, poi, riprodotti nella nota deve essere valutato, nei
confronti del debitore esecutato, in rapporto all’idoneità o meno del pignoramento
a raggiungere lo scopo suo proprio di atto iniziale del processo esecutivo, secondo
la regola generale delle nullità degli atti processuali. E, nello specifico, risulta
assolutamente incensurata la positiva valutazione espressa nella decisione
impugnata circa il raggiungimento dello scopo proprio dell’atto di pignoramento
di cui trattasi.
Peraltro nessuno degli elementi richiesti dall’art. 555 cod. proc. civ. (e dall’art.
2826 cod. civ.) è di per sé indispensabile alla funzione del pignoramento, a meno
che la sua mancanza (od indicazione erronea) non comporti incertezza assoluta sul
bene pignorato.
4.3. Tanto a tacer del fatto che le deduzioni di parte ricorrente in ordine al
principale argomento a sostegno della decisione, appaiono manifestamente
infondate, perchè si scontrano con la chiarezza del tenore letterale dell’art. 555
cod. proc. civ. (nel punto in cui richiede l’indicazione del bene pignorato «con gli
estremi richiesti dal codice civile») che individua (esclusivamente) nell’art. 2826 cod. civ.
la norma di riferimento senza consentire un ulteriore rinvio all’art. 29 legge n. 52
del 1985.»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il

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richiamo all’art. 156 cod. proc. civ., oltre che generico, appare anche infondato.

Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria che non hanno evidenziato
profili tali da condurre ad una decisione diversa da quella prospettata nella
relazione – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
In particolare è assorbente la considerazione dell’assenza di censura o (il che è
lo stesso) dell’inammissibile genericità del rilievo di “non pertinenza” mosso con
riguardo al secondo dei due argomenti, che ancorchè svolto in sentenza per

sentenza (o un capo di questa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente
idonee a sorreggerla, è necessario – per giungere alla cassazione della pronunzia non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma
anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di
tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione. Questa,
infatti, è intesa alla cassazione della sentenza in toto, o in un suo singolo capo, e,
quindi, di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. E’
sufficiente, pertanto, che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di
censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette
ragioni, perchè il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua
interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le
altre ragioni (in tale senso, ad esempio, tra le tantissime, Cass. 18 maggio 2005, n.
10420; Cass. 4 febbraio 2005, n. 2274; Cass. 26 maggio 2004, n. 10134).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei
parametri di cui al D.M. n. 140/2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso
delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore del controricorrente in €
3.600,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre accessori come per I
Roma 5 dicembre 2013

IL

ENTE

doi Roberta Vivaldi

completezza, risulta di per sé idoneo a sorreggere la decisione. Invero, ove una

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