Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2110 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 11/10/2019, dep. 30/01/2020), n.2110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23340-2018 proposto da:

M.Z., elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Massimo Goti del foro di Prato che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, ((OMISSIS)), in persona del Ministro

pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi,

n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta

e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 1572/2018 del Tribunale di Bologna (c.c.

16/5/2018, dep. 11/6/2018);

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/10/2019 dal consigliere relatore Dott. Giovanni

Ariolli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.Z., cittadino del (OMISSIS), ha proposto opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Bologna, Sezione di Forlì e Cesena, che ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale e di protezione umanitaria.

2. Con decreto depositato l’11/6/2018, il Tribunale di Bologna ha rigettato l’opposizione.

3. M.Z. ricorre per cassazione avverso il suddetto provvedimento; svolgendo due motivi ne chiede l’annullamento.

4. Con controricorso ritualmente notificato, si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, chiedendo la declaratoria di inammissibilità e/o il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la “violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 5), l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in (OMISSIS) e dell’omessa attività istruttoria”.

Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale ha escluso l’attendibilità del dichiarante evidenziando come questi abbia reso due versioni del tutto differenti con riguardo alle ragioni che l’avrebbero costretto a lasciare il Paese di origine: dapprima aveva riferito di essere omosessuale e di avere intrattenuto spontaneamente una relazione con il figlio del proprio datore di lavoro che aveva visto coinvolti anche altri ragazzi; la ragione dell’allontanamento andava quindi ricercata nel timore di essere perseguito dalla polizia per il suo orientamento sessuale a seguito della denuncia sporta nei suoi confronti dai familiari dei ragazzi coinvolti; poi invece ha negato di essere omosessuale, precisando di avere avuto quei rapporti perchè costretto e minacciato di essere denunziato alla polizia. Ulteriori contraddizioni sono state riscontrate a proposito della persona che avrebbe sorpreso lui e gli altri ragazzi durante il rapporto, al periodo di allontanamento dal (OMISSIS), a quando avrebbe avuto contezza della denunzia presentata nei suoi confronti, al tempo che avrebbe trascorso in Libia prima di entrare illegalmente in Italia e all’esatta data di nascita. Sono state quindi rilevate discordanze e contraddizioni su aspetti non affatto secondari o isolati della vicenda posta a fondamento del paventato periculum di rientro nel Paese di origine, idonee ad escludere, in ragione anche dell’assenza di allegazione di alcuna documentazione, la sussistenza del denunziato accadimento. L’inattendibilità delle dichiarazioni rese alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ha correttamente esonerato il Tribunale dal procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente (Sez. 6 – 1, ord. n. 16295 del 27/6/2018, Rv. 649697; Sez. 6 – 1, n. 21142 del 7/8/2019, Rv. 654674; Sez. 6 – 1, n. 26921 del 14/11/2017, Rv. 647023; Sez. 6 – 1, n. 7333 del 10/4/2015, Rv. 634949; Sez. 1, n. 25896 del 17/9/0291, n. m.).

A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame inammissibilmente dedotte sotto il profilo della violazione di legge – si traducono, in concreto, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Sez. 6, ord. n. 8758 del 4/4/2017, Rv. 643690).

La circostanza, poi, con cui si lamenta che il giudice di merito – ai fini della suddetta valutazione – non abbia tenuto conto delle differenze culturali tra la nostra società e quella (OMISSIS) e del basso livello di istruzione del ricorrente è peraltro del tutto generica, in quanto il giudizio di inattendibilità è stato espresso con riguardo alla narrazione di vicende della vita quotidiana che vedono il ricorrente direttamente protagonista e di cui lo stesso, per quanto asseverato nel decreto impugnato, risulta avere ben compreso il significato al momento in cui le ha riferite.

Quanto alla dedotta omessa valutazione della situazione di origine del ricorrente (il (OMISSIS)) ed al dovere di cooperazione istruttoria del giudice, il Tribunale ha proceduto all’accertamento consultando specifiche fonti di informazione a carattere autorevole circa la situazione di stabilità e sicurezza nella Regione del Punjab; a tale accertamento il ricorrente si è limitato genericamente a contrapporne un diverso precedente di questa Corte relativo ad un ricorso che risulta aver fatto riferimento a fonti informative datate nel tempo (2014-2015) e non prodotte nel presente giudizio. Nessun ulteriore intervento istruttorio era quindi dovuto da parte del giudice del merito.

6. Con il secondo motivo deduce “la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 in relazione all’omessa motivazione per quanto riguarda il riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 5)”.

Il motivo – che attiene alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria – si rileva inammissibile in quanto censura in modo del tutto generico l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente.

7. In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con condanna alle spese del ricorrente, secondo il principio della soccombenza, in favore del controricorrente Ministero dell’Interno, liquidate come in dispositivo.

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 2.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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