Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 211 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 211 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –

IgsG’

contro

ANDREOLI Emilio, elettivamente domiciliato in Roma, via Federico Cesi
n. 44, presso l’avv. Giuseppe Merlino, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avv. Angelo Vola, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia,
sez. staccata di Brescia, n. 140/63/07, depositata 1’8 giugno 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 ottobre

Data pubblicazione: 09/01/2014

2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito l’avv. Angelo Vola per il controricorrente;
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale dott. Umberto Apice, il
quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione

dell’appello di Emilio Andreoli, esercente attività di commercio al dettaglio
di carne, è stata annullato l’avviso di accertamento con cui era stato
rideterminato il reddito d’impresa del contribuente per l’anno 2002.
Il giudice d’appello ha ritenuto insussistenti nella fattispecie i
presupposti per procedere all’accertamento induttivo del reddito, ai sensi
degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993
(convertito in legge n. 427 del 1993), poiché l’Ufficio non aveva contestato
la regolarità della contabilità, né era ravvisabile una grave incongruenza tra i
ricavi dichiarati e gli studi di settore.
2. Emilio Andreoli resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1. L’eccezione del controricorrente di improcedibilità del ricorso ex art.
369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., per omesso deposito degli atti
processuali (nella specie, atto di controdeduzioni in appello) sui quali il
ricorso si fonda, deve essere disattesa, alla stregua del principio secondo cui,
per i ricorsi per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie,
la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, ex art. 25, secondo
comma, del d.lgs. n. 546 del 1992 restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e
sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la
parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ai sensi della norma
suddetta, della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica
degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a
quello d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369,
terzo comma, cod. proc. civ., a meno che la predetta parte non abbia
irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria
della commissione tributaria (Cass., sez. un., n. 22726 del 2011).
2. Con il primo motivo, l’Agenzia ricorrente denuncia la violazione
2

staccata di Brescia, indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento

dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 62

sexies del d.l. n. 331 del 1993 (conv. in legge n. 427 del 1993), censurando
la sentenza impugnata sulla base del rilievo che l’Ufficio non aveva mai
messo in dubbio né la correttezza della tenuta della contabilità, né la
corrispondenza dei redditi dichiarati a quelli risultanti dagli studi di settore,
ma, attraverso l’analisi della documentazione (fatture, certificati dei
veterinari, documenti di trasporto), ricostruito i ricavi del contribuente sulla

Formula, pertanto, il quesito “se l’accertamento di cui all’art. 39, comma
1, lettera d), possa fondarsi unicamente su presunzioni gravi, precise e
concordanti, anche in presenza di una contabilità tenuta correttamente e
astrattamente attendibile, in assenza di gravi incongruenze desumibili dagli
studi di settore, e anche a fronte di ricavi dichiarati dal contribuente
maggiori rispetto a quelli medi desumibili dagli studi di settore”.
Il motivo è fondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in materia di
accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di contabilità
formalmente regolare non impedisce l’accertamento in rettifica di cui all’art.
39, primo comma, lettera d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che
prevede un tipo di accertamento definibile in base al processo logico
adottato, analitico-induttivo, presupponendo tale accertamento l’esistenza di
scritture contabili regolarmente tenute dal punto di vista formale, ma affette
— in virtù di valutazioni condotte sulla base di presunzioni semplici, desunte
da indizi gravi, precisi e concordanti – da incompletezze, inesattezze ed
infedeltà tali da giustificare il motivato uso del potere di rettifica (Cass. nn.
8494 del 1998, 10664 del 2001, 20857 del 2007).
Occorre, infatti, distinguere le irregolarità della contabilità meno gravi,
contemplate dal primo comma dell’art. 39 cit., a fronte delle quali
l’amministrazione può procedere a rettifica analitica, utilizzando gli stessi
dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando, anche per presunzioni
munite dei requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ., l’inesattezza od
incompletezza di singole componenti reddituali (ancorché di grande rilievo,
quale l’ammontare dei ricavi), dai casi, di maggiore gravità, previsti dal
secondo comma della medesima norma, che evidenziano un’inattendibilità
globale delle scritture ed autorizzano l’amministrazione a prescindere da
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base di presunzioni gravi, precise e concordanti.

ESEN37
Al SE.
N. l.;

77. -.710NE
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esse e procedere in via induttiva avvalendosi anche di semplici indizi
sforniti dei requisiti necessari per costituire prova presuntiva (Cass. nn.
9097 del 2002, 27068 del 2006, 20857 del 2007, 17626 del 2008).
2. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia vizio di
motivazione della sentenza, resta assorbito.
3. Pertanto, va accolto il primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza
impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della
nuovo esame della controversia uniformandosi agli enunciati principi, oltre
a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa
la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione
della Commissione tributaria regionale della Lombardia.
Così deciso in Roma il 16 ottobre 2013.

Commissione tributaria regionale della Lombardia, la quale procederà a

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