Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 211 del 05/01/2011

Cassazione civile sez. III, 05/01/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 05/01/2011), n.211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26575-2009 proposto da:

V.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato RIENZI

CARLO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

HDI ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS) in persona del suo procuratore

speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN,

45, presso lo studio dell’avvocato ARDITI DI CASTELVETERE MICHELE,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.B.N.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4063/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

30.9.08, depositata il 14/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2010 dal Consigliere. Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

udito per la ricorrente l’Avvocato Carlo Rienzi che si riporta agli

scritti, chiedendo la trattazione del ricorso in pubblica udienza;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GOLIA

Aurelio che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 27 novembre 2009 V.V. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 14 ottobre 2008 dalla Corte d’Appello di Roma, confermativa della sentenza Tribunale, che aveva accolto solo parzialmente la domanda di risarcimento danni da sinistro stradale proposta nei confronti della BNC Assicurazioni S.p.A. e di D.B.N..

La HDI Assicurazioni S.p.A. (già BNC Assicurazioni S.p.A.) ha resistito con controricorso, mentre il D.B. non ha svolto attività difensiva.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 164 c.p.c. con riferimento alla statuizione con cui la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile l’appello per incertezza del petitum. La censura viola il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione in quanto non riporta le pertinenti parti dell’atto d’appello necessario per verificare l’assunto. Il quesito finale si rivela astratto, poichè non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate, ma chiede una verifica dell’ammissibilità dell’appello, peraltro prescindendo dai necessari riferimenti al caso concreto e alla motivazione della sentenza impugnata.

Il secondo motivo lamenta omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.

La censura poggia su documenti (CTP, CTU) nei cui confronti non è stato rispettato l’onere processuale di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti è – orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3 n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

Inoltre la censura implica apprezzamenti e valutazioni riservate al giudice di merito. Infine, il momento di sintesi finale sostanzialmente ripropone la propria tesi anzichè specificare la ragioni per cui la motivazione della sentenza impugnata sarebbe incorsa nelle lamentate omissioni.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

I nuovi documenti prodotti unitamente alla memoria sono inammissibili;

non è consentito utilizzare la memoria ex art. 380 bis c.p.c. per colmare le lacune del ricorso; le argomentazioni con essa addotte sono in contrasto con lo stato della giurisprudenza e non scalfiscono i rilievi contenuti nella relazione;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;, visti gli artt. 380- bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 1.600,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2011

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