Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21099 del 11/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/09/2017, (ud. 12/06/2017, dep.11/09/2017),  n. 21099

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3182-2013 proposto da:

B.C.R.E., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PASUBIO, 2 presso lo studio dell’avvocato MARCO MERLINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato TIBALDO FEDERICO;

– ricorrente –

contro

PREFETTO di VENEZIA, in persona del Prefetto pro tempore, MINISTERO

DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 141/2014 del GIUDICE DI PACE di VENEZIA,

depositata il 20/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il 09/09/2014 il Prefetto di Venezia emetteva nei confronti del Sig. B.C.R.E. un decreto di espulsione perchè privo di permesso di soggiorno o altro titolo autorizzatorio e perchè veniva tratto in arresto in flagranza di reato in quanto deteneva illecitamente sostanze stupefacenti al fine di farne commercio, usando inoltre violenza per opporsi ai pubblici ufficiali. Pertanto veniva notificato l’ordine del Questore di Venezia di lasciare il territorio nazionale. In data 20/09/2014 il Prefetto di Venezia emetteva sempre nei confronti del sig. B.C.R.E. un secondo decreto di espulsione, in quanto il primo decreto non era stato ottemperato.

Il ricorrente si rivolgeva al Giudice di Pace di Venezia, opponendosi ad entrambi i decreti di espulsione e chiedendone l’annullamento. Si costituiva in giudizio la Prefettura di Venezia con proprio funzionario che, contestando la domanda avanzata, chiedeva il rigetto del ricorso. Il Giudice di Pace, con ordinanza depositata il 20/11/2014, respingeva il ricorso proposto dal sig. B.C.R.E. e dichiarava inammissibile l’opposizione avverso il secondo provvedimento di espulsione, in quanto del tutto generica.

A sostegno della decisione impugnata il Giudice di Pace ha rilevato che dalla documentazione agli atti risultava che il ricorrente è stato riconosciuto colpevole dei reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, contraffazione di banconote, rifiuto di fornire le proprie generalità ed opposizione a pubblico ufficiale; è stato condannato nel 2011 alla pena detentiva di 1 anno e 10 mesi di reclusione e al pagamento della multa di Euro 8.000,00. 1 stato tratto in arresto una seconda volta in quanto nuovamente sorpreso in possesso di materiale stupefacente. Tutti questi elementi non facevano che attestare senza dubbio la valutazione di persona abitualmente dedita a traffici delittuosi e che viveva in parte con i proventi derivanti da tale attività, implicando dunque ipotesi delittuose derivate da contatti appartenenti ad organizzazioni criminali e rappresentando una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Avverso tale pronuncia B.C.R. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico complesso motivo, riguardante i seguenti profili della violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b):

1) assenza dell’attualità dei comportamenti antisociali: il ricorrente afferma che i fatti di reato citati nel provvedimento prefettizio a sostegno dell’espulsione non sono attuali, ma episodi legati ad un tempo passato e relative a reati dei quali aveva già espiato la pena;

2) assenza della pericolosità sociale abituale ed attuale: il ricorrente evidenzia che la pericolosità che si sostiene sia solo presunta e che non attenga alla abitualità e attualità delle condotte contestate;

3) il ricorrente lamenta, infine, l’illogicità della motivazione data dal giudice di pace in relazione all’inammissibilità del ricorso avverso il secondo decreto di espulsione, posto che non esiste alcuna norma che impedisca di impugnare due distinti decreti con un unico ricorso.

La Prefettura ha resistito con controricorso.

Non sono state depositate memorie.

Il ricorso è manifestamente infondato.

orientamento consolidato della Corte che in caso di ricorso avverso il provvedimento di espulsione disposto ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. c), il controllo giurisdizionale deve avere ad oggetto il riscontro) dell’esistenza dei presupposti di appartenenza dello straniero ad una delle categorie di pericolosità sociale indicate nella L. n. 1423 del 1956, art. 1 così come sostituito dalla L. n. 327 del 1988, art. 2 ovvero nella L. n. 575 del 1965, art. 1 come sostituito dalla L. n. 646 del 1982, art. 13. Nel compimento di tale riscontro, il Giudice di Pace, che ha poteri di accertamento pieni e non già limitati da una insussistente discrezionalità dell’amministrazione, deve tenere conto del carattere oggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni, dell’attualità della pericolosità, nonchè della necessità di effettuare un esame globale della personalità del soggetto, quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita (cfr. Cass. Civ. n. 24084 del 2015). Nel caso di specie il Giudice di Pace ha esaminato tutti i criteri d’individuazione della pericolosità sociale così come declinati da questa Corte, ed ha conseguentemente evidenziato che la natura del reato e la reiterazione delle condotte inducono a ritenere l’esistenza di un quadro univoco) relativo alla pericolosità sociale del ricorrente sia sotto il profilo dell’abituale ricorso all’attività criminosa, da ritenersi non occasionale; sia sotto il profilo dell’attualità, risultando il ricorrente appena scarcerato per la stessa tipologia di reati; sia, infine, per il profilo) della globale personalità del ricorrente, non risultando nè dedotto nè provato lo svolgimento) di una stabile e diversa attività lavorativa.

Ne consegue il rigetto del ricorso. 1,e spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in Euro 2000 per compensi, Euro 150 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2017

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