Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21097 del 16/09/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 21097 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA
SENTENZA
sul ricorso 6817-2010 proposto da:
LERNER
MOSHE
LRNMSH26P29Z226A,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA EUCLIDE TURBA 18, presso lo
studio dell’avvocato MURGIA ALESSIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato VIZZARDELLI ENRICO giusta delega
in atti;
– ricorrente contro
ROTH LUIGI RTHLGU4OSO1F205E, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 107, presso lo studio
dell’avvocato ALAJMO FILIPPO, rappresentato e difeso
Data pubblicazione: 16/09/2013
dagli avvocati MANDRIOLI CRISANTO, MANDRIOLI EUGENIO
giusta delega in atti;
ANSALDOBREDA S.P.A. 00109940478, in persona del suo
legale rappresentante, Ing. SALVATORE BIANCONI,
PONTECORVO GIOVANNI, elettivamente domiciliati in
dell’avvocato VASSALLI FRANCESCO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GOMMELLINI ALBERTO
giusta delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3289/2009 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 29/12/2009 R.G.N. 2476/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/06/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato ALBERTO GOMMELLINI;
udito l’Avvocato FILIPPO ALAJMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilita’ del ricorso.
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ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso lo studio
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.
Moshe Lerner conveniva in giudizio, davanti al
Tribunale di Milano, Luigi Roth, Giovanni Pontecorvo e la
Ansaldo Breda s.p.a. affinché fossero condannati al pagamento
in suo favore, a titolo di responsabilità contrattuale e/o
A sostegno della domanda esponeva di essere stato
contattato, nella sua qualità di consulente e promotore di
affari internazionali, dalla Ansaldo Breda s.p.a. allo scopo
di promuovere i contatti necessari per una fornitura di vagoni
ferroviari nella ex Jugoslavia. Grazie all’imponente impegno
profuso nella promozione delle trattative – rese ancora più
difficili dai successivi eventi bellici di quella Regione egli dichiarava di essere riuscito a condurle fino ad un punto
particolarmente avanzato; in seguito, però, la società Breda,
tramite il suo presidente Luigi Roth ed il suo manager di area
Giovanni Pontecorvo, lo avevano estromesso, proseguendo in
proprio nelle trattative senza pagargli quanto dovuto per la
sua attività.
Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto della
domanda.
Il Tribunale rigettava la domanda, compensando le spese.
2.
La pronuncia veniva appellata dal Lerner in via
principale e da Luigi Roth, Giovanni Pontecorvo e la Ansaldo
Breda s.p.a. in via incidentale; e la Corte d’appello di
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extracontrattuale, della somma di euro 4.000.000.
Milano, con sentenza del 29 dicembre 2009, rigettava entrambe
le impugnazioni, confermava la pronuncia di primo grado e
condannava il Lerner al pagamento delle spese del grado.
Osservava la Corte territoriale – riportando anche per
intero la motivazione della sentenza del primo giudice – che
onere, che il contratto concluso tra la Ansaldo Breda s.p.a. e
le Ferrovie dello Stato della Serbia non era stato eseguito
perché il Lerner era stato escluso dalla fase finale delle
trattative, nella quale era emersa la difficoltà di reperire i
necessari finanziamenti. L’ottenimento dei medesimi, infatti,
non costituiva oggetto di una obbligazione della società
Breda; d’altra parte era emerso dalla documentazione in atti
che l’ottenimento dei finanziamenti era reso pressoché
impossibile dall’esistenza di eventi bellici nella zona, e che
le Ferrovie dello Stato della Serbia avevano dato atto che la
società italiana si era attivata in ogni modo, sicché non vi
erano gli estremi di alcun inadempimento nei confronti del
Lerner.
Rilevava poi la Corte milanese che, per poter ipotizzare
un comportamento illecito rilevante ai fini dell’art. 2043
cod. civ. – conseguente alla presunta estromissione del
Lerner, da parte del Roth e del Pontecorvo, durante la fase di
reperimento dei finanziamenti sarebbe stato necessario
dimostrare che i predetti rappresentanti della società Ansaldo
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non era stato affatto dimostrato dall’appellante, come era suo
Breda
fossero
in
grado
di
valutare
la
serietà
e
l’attendibilità della concreta capacità del Lerner di ottenere
detti finanziamenti, obiettivo in vista del quale le prove
richieste si palesavano del tutto inconferenti.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Milano
Resistono con due separati controricorsi l’Ansaldo Breda
s.p.a., Giovanni Pontecorvo e Luigi Roth.
Il ricorrente ed il controricorrente Roth hanno presentato
memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione su fatti
controversi e decisivi per il giudizio, con riferimento
all’art. 2043 del codice civile.
Rileva il ricorrente – richiamando tutta una serie di
documenti e di vicende del giudizio di merito – che Luigi Roth
lo aveva tardivamente avvisato dell’incontro, tenutosi a
Belgrado, nel quale si sarebbe dovuto sottoscrivere il
contratto alla cui stesura il Lerner aveva largamente
contribuito. I due rappresentanti della Ansaldo Breda s.p.a.,
infatti, alterando il rapporto fiduciario esistente tra le
parti, avevano deciso di escludere il Lerner dalla fase finale
della trattativa. Di conseguenza, la Corte d’appello avrebbe
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propone ricorso Moshe Lerner, con atto affidato a due motivi.
dovuto ammettere il giuramento decisorio che il ricorrente
aveva chiesto di deferire al Roth, su circostanze che erano
decisive ai fini del giudizio; la sentenza, quindi,
manifestava evidenti carenze su questo punto.
2. Col secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
insufficiente
o
contraddittoria
motivazione
su
fatti
controversi e decisivi per il giudizio, con riferimento ai
principi di cui agli artt. 1218, 1337, 1366 e 1375 del codice
civile.
Rileva il ricorrente che gli atteggiamenti tenuti dal Roth
e dal Pontecorvo nella qualità di soggetti preposti alla
Ansaldo Breda s.p.a. avevano evidenziato una totale incapacità
di gestire un rapporto tanto complesso; il Lerner, avendo
compreso che essi si trovavano in difficoltà nel reperimento
dei finanziamenti, aveva cercato di intervenire in loro aiuto,
ma tale aiuto era stato rifiutato. Ne consegue che la sentenza
sarebbe viziata da carenze di motivazione gravi, non avendo
approfondito «tematiche essenziali» della vicenda in esame.
3. I due motivi di ricorso, che possono essere trattati
congiuntamente, sono entrambi infondati.
La semplice lettura delle censure ivi prospettate dimostra
come il ricorrente tenti nella sede odierna – prospettando una
propria versione dei fatti, senza tenere conto della
motivazione della pronuncia impugnata – di sollecitare questa
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dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omessa,
Corte ad una completa rivisitazione dei fatti processuali,
procedendo ad una diversa valutazione delle prove. Il
ricorrente,
tra
l’altro,
svolge
anche
una
serie
di
considerazioni critiche di natura personale che esulano del
tutto dal presente giudizio, nella parte in cui parla di
conduzione delle trattative in questione. In tal modo, anzi,
egli finisce con lo snaturare la stessa finalità del giudizio
di legittimità, mascherando come vizi di motivazione un
insieme di valutazioni sulla crisi dell’industria italiana e
sulle presunte responsabilità degli odierni controricorrenti
nella determinazione di simile situazione (p. 17 del ricorso),
valutazioni le quali nulla hanno di giuridico.
4. L’unica censura che, astrattamente parlando, potrebbe
essere da discutere in questa sede, cioè quella della mancata
ammissione del giuramento decisorio, non è stata prospettata
in termini di violazione di legge, bensì soltanto di vizio di
motivazione, senza peraltro tenere conto della motivazione
offerta sul punto dalla Corte territoriale la quale ha
evidenziato, attraverso il richiamo alla pronuncia di primo
grado (p. 17 della sentenza), che gli articolati delle prove
erano generici e inconferenti rispetto al punto che doveva
essere dimostrato. E, d’altra parte, costituisce principio
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte quello per cui
la valutazione (positiva o negativa) della decisorietà della
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“incertezza” e di “timidezza” del Roth e del Pontecorvo nella
formula del giuramento è rimessa all’apprezzamento del giudice
del merito, il cui giudizio circa l’idoneità della formula a
definire la lite è sindacabile in sede di legittimità con
esclusivo riferimento alla sussistenza di vizi logici o
giuridici attinenti all’apprezzamento espresso dal predetto
conformità a pacifico orientamento).
5. Come questa Corte ha più volte insegnato, la mancata
pronuncia, da parte del giudice di merito, su una istanza
istruttoria non integra, di per sé, il vizio di omessa o
insufficiente motivazione su un punto decisivo della
controversia occorrendo, a tal fine, che la risultanza
processuale ovvero l’istanza istruttoria non esaminata
attengano a circostanze che, con un giudizio di certezza e non
di mera probabilità, avrebbero potuto indurre ad una decisione
diversa da quella adottata (sentenze 3 febbraio 2000, n. 1203,
7 luglio 2005, n. 14304, 29 settembre 2006, n. 21249, e 28
maggio 2013, n. 13205).
Allo stesso modo, si è detto che il ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità non il potere di
riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo
la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta,
in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del
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giudice (così la sentenza 13 novembre 2009, n. 24025, in
proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente
prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti,
dicembre 2011, n. 27197). Ne consegue che il vizio di omessa o
insufficiente motivazione deducibile in sede di legittimità
sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale
risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o
deficiente esame di punti decisivi della controversia e non
può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle
prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché kík
l’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. non conferisce
alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare
il merito della causa (sentenze 23 dicembre 2009, n. 27162, 18
marzo 2011, n. 6288, 21 febbraio 2013, n. 4366 e 28 maggio
2013, n. 13205).
Nella specie, la Corte milanese ha dato conto, con
ampiezza di argomentazioni e senza contraddizioni logiche,
delle ragioni per le quali è pervenuta al rigetto della
domanda del Lerner, sicché l’accoglimento dei motivi di
ricorso richiederebbe, come già detto, una completa
rivisitazione del merito della causa, attività preclusa in
questa sede.
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salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (sentenza 16
6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità in favore di ciascuno
dei controricorrenti, liquidate in conformità ai soli
parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012,
PER QUESTI moTrvI
La Corte
rigetta
il ricorso e
condanna
il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
complessivi euro 5.200, di cui euro 200 per spese, in favore
di ciascuno dei controricorrenti, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 18 giugno 2013.
n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.