Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21096 del 16/09/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 21096 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ARMANO ULIANA

SENTENZA

sul ricorso 27149-2007 proposto da:
DI STEFANO GIOVANNINO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEL BANCO DI S. SPIRITO 48, presso lo
studio dell’avvocato D’OTTAVI AUGUSTO, rappresentato
e difeso dall’avvocato TONNI FABRIZIO giusta delega
in atti;
– ricorrente –

2013
1377

contro

ROSSI VALERIA, ROSSI MARIA ANTONIETTA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA CATANZARO 9, presso lo
studio dell’avvocato PAPADIA ALBERTO MARIA, che li

1

Data pubblicazione: 16/09/2013

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 302/2007 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 08/09/2007 R.G.N. 719/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ARMANO;
udito l’Avvocato ALBERTO MARIA PAPADIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

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udienza del 18/06/2013 dal Consigliere Dott. ULIANA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Pretore di Ancona Giovannino Di Stefano ha chiesto di
essere reintegrato nel possesso di un magazzino in Ancona ,detenuto in
locazione in forza di contratto stipulato con Primo Rossi.
A sostegno della domanda ha esposto che il proprietario Rossi, riottenute
temporaneamente le chiavi dell’immobile onde effettuare in esso urgenti

fine dei lavori ed anzi lo aveva concesso in locazione ad un terzo.
Il Pretore ha concesso la reintegra condannando il proprietario a
risarcire il danno da mancato utilizzo dell’immobile, liquidato in
complessive £. 14.000.000.
Su appello di Gemma Pignocchi e Maria Antonietta e Valeria Rossi, eredi
di Primo Rossi deceduto nelle more, il Tribunale di Ancona ha dichiarato
la nullità della citazione introduttiva e quindi della sentenza di primo
grado. La decisione, impugnata dal Di Stefano con ricorso cassazione, è
stata annullata con rinvio alla Corte di Appello di.Ancona, per procedere
all’esame degli altri motivi di appello, dichiarati assorbiti tribunale.
La Corte di appello di Ancona , con sentenza pubblicata 1’8-9-2007 , a
modifica della decisione di primo grado,ha rigettato la domanda proposta
dal Di Stefano, condannandolo al pagamento delle spese processuali
anche del giudizio di cassazione.
Propone ricorso Giovannino Di Stefano con due motivi illustrato da
memoria.
Resistono Maria Antonietta e Valeria Rossi.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denunzia vizio di motivazione e travisamento dei
fatti rispetto alle prove raggiunte.
Vengono formulati i seguenti quesiti di diritto.
1) Se la Corte di Cassazione possa esprimersi sulla legittimità della
decisione adottata dal Giudice di merito in caso di omessa valutazione
di una prova testimoniale, per totale obliterazione dalla deposizione resa
dai testi
2) Se l’impossibilità della prestazione dovuta a causa sopravvenuta non
imputabile al debitore si protrae nel tempo, l’obbligo del debitore di
prestare sia o meno sospeso, ai sensi dell’art. 1584, comma 2, cod.
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lavori di riparazione, non gli aveva restituito la disponibilità del locale alla

civ. che svolge il principio contenuto nell’art. 1256, comma 2, cod civ
3) se l’art. 1584, comma 2, rimetta o meno all’iniziativa del
conduttore di manifestare un interesse contrario alla protrazione del
rapporto di locazione
4) Se la risoluzione consensuale di un contratto possa essere accertata
di fatto o debba essere accertata di diritto in base a prove documentali
o dichiarazioni espresse dai contraenti di richiesta di risoluzione ed

5) se lo scioglimento del contratto di locazione, per protrarsi nel tempo
delle riparazioni o ad altre circostanze può essere ottenuto dal
conduttore previa manifestazione espressa di volontà al locatore di voler
risolvere il contratto.
6)Se la risoluzione anticipata del contratto di locazione che non abbia più
interesse alla continuazione della locazione , anche se formalmente
consensuale per adesione del locatore, debba farsi risalire ad una
manifestazione espressa di volontà del conduttore oppure possa essere
solo “desunta” dal Giudice di merito.
7) se sussista l’obbligo del conduttore privato del godimento
dell’immobile durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire
delle riparazioni di verificare periodicamente dello stato dei lavori nel
caso previsto dall’art. 1583 c. c. ovvero sussista l’obbligo del locatore di
avvisare del compimento dei lavori e della ripresa del rapporto
locatizio nella sua pienezza sino a quando non sia pronunciata la
risoluzione del contratto di locazione.
2.11 motivo è inammissibile per astrattezza del quesito di diritto.
In proposito le Sezioni Unite hanno insegnato che, “a norma dell’art. 366
“bis” c.p.c., applicabile ratione temporis , è inammissibile il motivo di
ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione
di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilita’ alla fattispecie in esame, tale
da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso
voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del
motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale
abrogazione del suddetto articolo (SU 6420/08; 11210/08).
3.1 quesiti in considerazione , a formulazione multipla, sono del tutto
inidonei a soddisfare i requisiti previsti dall’art. 366 bis cod. proc. civ.,
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accettazione espressa della risoluzione.

per la cui osservanza avrebbe dovuto compendiare: a) la riassuntiva
esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la
sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la
diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta
applicare al caso di specie (Cass 19769/08). Il tutto doveva essere
esposto in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della
questione, finalizzata a porre il giudice della legittimità in condizione di

asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo
enunciando una “regula iuris”, (Cass 2658/08), così rispondendo al
miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità
(Cass. 26020/08).
4.Con il secondo motivo si denunzia violazione degli articoli 91 e 92
c.p.c in tema di condanna al pagamento delle spese legali
Viene formulato il seguente quesito di diritto

:se in tema di

regolamento delle spese processuali le stesse possano essere poste a
carico della parte totalmente vittoriosa di una fase e grado del giudizio
5.11 motivo è inammissibile per astrattezza del quesito di diritto che non
contiene la ricognizione dei fatti di causa, la sintetica indicazione della
regola di diritto applicata dal quel giudice; la diversa regola di diritto che,
ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie
(Cass 19769/08).
6.Inoltre il motivo non censura compiutamente la motivazione della
sentenza impugnata che ,ai fini del regolamento delle spese processual,i
ha affermato che le spese dei vari gradi di giudizio seguono la regola
della soccombenza, da applicare all’esito globale del giudizio, senza
tener conto dell’esito parziale di ciascun grado di esso, così che il
promotore della presente iniziativa giudiziaria, che vede rigettate tutte
le sue istanze, va condannato alla refusione anche delle spese del
giudizio di legittimità che lo ha visto vittorioso.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M

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comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali liquidate in euro 2.200,00 ,di cui
euro 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.

Roma 18-6-2013
Il Presidente
téU-

Il Consigliere estens.

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