Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21095 del 11/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/09/2017, (ud. 04/07/2017, dep.11/09/2017),  n. 21095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21689-2016 proposto da:

C.I., elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO ANTONIO

SARTI, 4, presso lo studio dell’avvocato MARCO BERNARDINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA SALONI;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PINTURICCHIO, 204, presso

lo studio dell’avvocato ANNAPAOLA MORMINO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 188/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 18/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/07/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che, con sentenza resa in data 18/2/2016, la Corte d’appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato l’entità del risarcimento del danno liquidato dal primo giudice in favore di C.I. a carico della Alleanza Toro s.p.a. (quale impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada), in relazione a un sinistro stradale verificatosi per responsabilità di un’autovettura rimasta non identificata;

che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha ritenuto parzialmente fondato l’appello proposto dal C. in relazione alla liquidazione del danno non patrimoniale dallo stesso sofferto, ritenendo, per converso, prive di giustificazione le censure sollevate dallo stesso C. in relazione alla liquidazione del danno patrimoniale riferito alla pretesa lesione della capacità lavorativa specifica, non avendo il C. fornito elementi probatori sufficienti ad attestare l’effettività del danno rivendicato a tale titolo;

che, avverso la sentenza d’appello, C.I. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

che la Generali Italia s.p.a. (già Ina Assitalia s.p.a. incorporante Alleanza Toro s.p.a.), resiste con controricorso;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., C.I. ha presentato memoria;

considerato che, con l’impugnazione proposta, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1223,1226,2043,2056,2697 e 2729 c.c., nonchè per insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente escluso la liquidazione del danno sofferto dal ricorrente per la perdita della capacità lavorativa specifica, non essendo lo stesso onerato di alcuna necessità di fornire la prova di una precedente attività lavorativa svolta, essendo piuttosto sufficiente l’indicazione, da parte del danneggiato, di elementi presuntivi idonei a fondare una valutazione prognostica in ordine alla certezza del danno alla propria capacità lavorativa specifica, nella specie puntualmente attestato dalla stessa consulenza tecnica d’ufficio in nessun modo considerata dal giudice d’appello;

che le censure illustrate dal ricorrente sono inammissibili;

che, al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, attraverso le censure indicate (sotto entrambi i profili di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), il ricorrente si sia sostanzialmente spinto a sollecitare la corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova valutati nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della motivazione;

che, in particolare, sotto il profilo della violazione di legge, il ricorrente risulta aver prospettato le proprie doglianze attraverso la denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non già della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente il C. nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

che, sul punto, è appena il caso di evidenziare come la corte territoriale, nel ritenere insufficiente il quadro degli elementi indiziari acquisiti al giudizio al fine di attestare l’effettività del danno rivendicato dal C. a titolo di lesione della capacità lavorativa specifica, si è correttamente allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide nella sua interezza e fa proprio, ritenendo di doverne assicurare continuità), ai sensi del quale il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all’integrità psico-fisica non si riflette automaticamente (nè tanto meno nella stessa misura) sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno della stessa, dovendo al riguardo il giudice procedere – là dove l’elevata percentuale di invalidità permanente renda altamente probabile (se non addirittura certa) la menomazione della capacità lavorativa specifica e il danno che necessariamente da essa consegue – all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi (cfr., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 17514 del 23/08/2011, Rv. 619451 – 01);

che, pertanto, avendo la corte territoriale espressamente escluso la sussistenza dei presupposti d’indole presuntiva indispensabili al fine di procedere all’esecuzione della valutazione prognostica indicata, la relativa decisione deve ritenersi immune dallo specifico vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3;

che, quanto alle denunce relative al vizio di motivazione o al preteso omesso esame dei fatti controversi richiamati nel motivo di censura, osserva il collegio come il C. si sia spinto a delineare i tratti di un vaglio di legittimità esteso al riscontro di pretesi difetti o insufficienze motivazionali (nella prospettiva dell’errata interpretazione o configurazione del valore rappresentativo degli elementi di prova esaminati) del tutto inidonei a soddisfare i requisiti imposti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

che, infatti, la corte territoriale risulta aver espressamente considerato le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel corso del giudizio, ponendone in evidenza gli aspetti di obiettiva inaccoglibilità, in ragione dell’irriducibile genericità dei rilievi avanzati e, talora, della totale infondatezza delle asserzioni in essa contenute;

che, conseguentemente, le odierne censure del ricorrente appaiono definitivamente risolversi nella sollecitazione della Corte di cassazione a procedere a una rivalutazione nel merito degli elementi istruttori acquisiti, sulla base di un’impostazione critica inammissibile in sede di legittimità;

che, sulla base delle considerazioni sin qui indicate, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.800,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2017

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