Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21090 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. trib., 07/08/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 07/08/2019), n.21090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20634/2014 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

R.I., rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Rossi del

foro di Catania e dall’avv. Marco Selvaggi, elettivamente

domiciliata presso lo studio di questi in Roma, Via Nomentana n. 76;

– controricorrente –

per l’annullamento della sentenza n. 617/17/14 del Commissione

Tributaria Regionale della Sicilia, sez. stacc. di Catania, emessa

inter partes il 24.2.2014, notif. In 24.7.2014.

Fatto

RILEVATO

Che:

Il 31 marzo 2008 R.I., dipendente del Comune di Catania, formulò all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso delle 90% delle ritenute i.r.pe.f., subite negli anni 1990, 1991 e 1992, in forza dei benefici concessi dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, ai residenti nelle zone colpite dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990.

A fronte del silenzio rifiuto dell’amministrazione propose ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, asserendo che, non avendo potuto usufruire della dilazione tributaria prevista dalle ordinanze ministeriali in seguito al sisma del 1990, aveva patito un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi non aveva mai versato i contributi, posto che con la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, era stata prevista la possibilità di definizione automatica dei tributi mediante il versamento, entro il 16.4.2003, del 10% della sorte capitale e degli interessi.

La Commissione adita accolse il ricorso con sentenza che, appellata davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia è stata, con la sentenza qui impugnata, confermata.

Ricorre per la cassazione della sentenza l’Agenzia delle Entrate, deducendo, con due motivi, la mancata pronuncia sull’eccezione di decadenza dall’azione e la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 o, disgiuntamente, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21/2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La contribuente resiste con controricorso, nel quale ha dedotto l’inammissibilità e/o l’improcedibilità del ricorso ex art. 360 bis c.p.c., n. 1; l’inammissibilità e/o l’improcedibilità del ricorso per violazione dell’art. 369 c.p.c., in relazione alla mancata allegazione dei fatti di causa; l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, in relazione al principio di autosufficienza e, comunque, per difetto di effettiva portata impugnatoria; l’inammissibilità del primo motivo di ricorso per erronea denuncia di ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per omessa/insufficiente motivazione e violazione di legge – omessa censura di nullità della decisione ex art. 360, comma, 2, n. 4; infondatezza e illogicità del secondo motivo di ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

L’unica questione devoluta dall’Agenzia delle Entrate a questa Corte concerne la tempestività della domanda di rimborso del 90% delle ritenute i.r.pe.f., subite negli anni 1990, 1991 e 1992, in forza dei benefici concessi dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, ai residenti nelle zone colpite dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990.

Non è, in particolare, riproposta nè la questione dell’applicabilità della definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dalla disposizione suddetta (che già con sent. 20641/2007 era stato statuito che potesse “avvenire in due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post”; “in coerenza con l’interpretazione costituzionalmente orientata della legge e, in particolare, con i principi di ragionevolezza e uguaglianza da ritenere tanto più accentuati in quanto riferiti a vittime di calamità naturali” – Cass. n. 3832 del 2012); nè la questione della legittimazione attiva del lavoratore dipendente – che abbia subito la ritenuta delle imposte alla fonte ad opera del datore di lavoro e che questa Corte (Cass. n. 17472; cass., n. 17473 del 2017) ha già avuto modo di identificare con il contribuente – ad esercitare direttamente il diritto al rimborso per le somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro, restando del tutto indifferente ai fini della spettanza del beneficio la circostanza che la somma, oggetto di richiesta di rimborso, sia stata versata tramite ritenute operate dal sostituto d’imposta.

Ma anche la questione della tempestività della domanda di rimborso è stata superata e risolta dalla giurisprudenza di questa Corte che già nella sentenza n. 18205 del 2016 ha affermato che lo ius superveniens costituito dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, ultima parte, ha espressamente previsto che “Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248” e cioè dal 1^ marzo 2008.

Avendo la contribuente presentato domanda il 31 marzo 2008, il motivo si rileva infondato.

Non sembra inutile ribadire che il rimborso così tempestivamente richiesto dalla contribuente non è limitato dalla L. n. 123 del 2017, art. 16 – octies, comma 1, che, invariata la previsione del limite di spesa fissato nella misura “pari a 30 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2015-2017”, si è limitata a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati “nei limiti della spesa autorizzata dal presente comma” (primo periodo del comma 665 modificato dal cit. art. 16 – octies, comma l, lett. a)), ovvero nei limiti dei suddetti 90 milioni di Euro complessivi per il triennio 2015-2017, stabilendo che “in relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute” e che “a seguito dell’esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi” (quinto periodo del comma 665 come introdotto dal cit. art. 16 – octies, comma 1, lett. b)), demandando al direttore dell’Agenzia delle entrate l’emanazione di un provvedimento che stabilisca “le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma”, in precedenza riservando il cit. comma 665 al Ministro dell’economia e delle finanze l’emanazione di un “decreto” con cui stabilire “i criteri di assegnazione dei predetti fondi”.

Ritiene il Collegio che tale ius superveniens, attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale, non incide sulla questione della quale è investita la Corte con il ricorso in esame, ovvero del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è il ricorrente, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza.

Inoltre costituisce jus receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (es. tra le tante Cassazione civile, sez. trib., 24/04/2015, n. 8373, in tema di IVA).

Il che rende complessivamente tuttora operanti e pienamente attuali i principi di diritto già consolidatamente enunciati in materia da questa Corte (cass., Ord. n. 19668 del 24 luglio 2018).

Conclusivamente, quindi, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio, che liquida in Euro 1,500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali.

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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