Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2109 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/01/2022, (ud. 17/12/2021, dep. 25/01/2022), n.2109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34649-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA R.

GAROFALO 81, presso lo studio dell’avvocato FIAMMETTA FAGIOLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO FERRI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 726/12/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA, depositata l’08/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

L’Agenzia delle Entrate notificava in data (OMISSIS) a C.N. avviso di accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, con cui determinava per l’anno 2008 un maggior reddito di impresa e un maggior valore della produzione netta di Euro 395.634,76.

Il contribuente impugnava detto avviso avanti alla CTP di Modena che con sentenza nr 750/2015 lo accoglieva parzialmente fatta eccezione per la parte relativa alla sanzione.

La decisione veniva gravata dall’Ufficio avanti alla CTR dell’Emilia Romagna che con sentenza n. 726/2019 respingeva l’appello.

Il Giudice di appello, sulla premessa che la contestazione riguardava la cessione di alcuni beni senza emissione della relativa fattura e che in seguito alla procedura per adesione il contribuente aveva documentato la regolare fatturazione dei beni contestati in parte nell’anno 2008 ed in parte nel 2009 e che l’Ufficio aveva riconosciuto la correttezza della ricostruzione operata sulle vendite ma si rifiutava di applicarla ai componenti positivi o negativi di reddito per la non esatta imputazione in base al principio di competenza per via della preesistenza di un contenzioso afferente ad anni precedenti, riteneva sulla base della Circolare n.23E del 2012 e della Circolare n. 31E del 2012, invocate dall’appellato la possibilità di rettificare le componenti negativi o positive di reddito non imputate correttamente in base al principio della competenza con l’applicazione delle sole sanzioni.

Sosteneva che l’interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria, non supportata da alcuna previsione nella suddetta circolare, doveva considerarsi lesiva del divieto di doppia imposizione.

Avverso tale pronuncia l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste il contribuente con controricorso e ricorso incidentale illustrato da memoria.

Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si lamenta che la decisione in appello rappresenterebbe una pedissequa riproduzione della motivazione della sentenza di primo grado senza alcun esame delle censure dell’Ufficio sviluppate in appello, che ben lungi dal confermare la ricostruzione sulle vendite in contestazione, operava una dettagliata confutazione dell’idoneità probatoria della documentazione prodotta dal contribuente allegando le fatture d’acquisto contestate alle controdeduzioni di primo grado e svolgendo una analitica critica agli assunti del contribuente.

Si rileva che la CTR non avrebbe correttamente compreso la portata delle difese svolte in sede di gravame dall’Ufficio che, diversamente da quanto affermato nell’impugnata sentenza, aveva evidenziato che la documentazione offerta non era idonea a giustificare l’assenza delle rimanenze finali nell’anno 2008 con la pretesa cessione dei beni riferita all’anno 2009.

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si contesta comunque la decisione nella parte in cui aveva ritenuto che gli elementi presuntivi addotti dall’Ufficio (acquisti di beni non rinvenuti nelle rimanenze finali e conseguente presunzione di cessione in nero) fossero stati superati dalla controparte la quale avrebbe fornito la prova della rivendita dei beni.

Si rileva, in particolare, che sin dalla procedura di adesione l’Amministrazione finanziaria aveva riscontrato che tutte le cessioni cui il contribuente aveva tentato di abbinare le vendite, oltre a non essere riconducibile con certezza agli acquisti del 2008, presentavano incongruenze talmente gravi da impedire un controllo puntuale sui ricavi dichiarati dall’appellato nel 2008 e 2009.

Il contribuente, a sua volta con ricorso incidentale si duole della violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12 commi 3, 5 e 7.

Si lamenta che l’amministrazione aveva acquisito durante la fase precontenziosa tutta la contabilità senza poi restituirla, non avrebbero rilasciato copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di controllo ed emanato l’avviso di accertamento prima dei 60 giorni malgrado l’assenza di un motivo di urgenza. Violazione queste che avrebbero determinato una grave lesione dei diritti di difesa del contribuente.

Il primo motivo del ricorso principale è fondato con l’assorbimento del secondo. Giova ricordare che la nullità della sentenza ricorre sia nell’ipotesi di assenza di motivazione, sia di motivazione apparente, sia di manifesta ed irriducibile contraddittorietà, sia infine in caso di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. Lav., 20 giugno 2019, n. 16595), tale da comportare inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., Sez. VI, 25 settembre 2013, n. 22598) e da essere incompatibile con l’obbligo costituzionale di motivazione (Cass., Sez. VI, 1 ottobre 2015, n. 19677).

Si è ribadito (v., tra le altre, Cass. n. 3819 del 14/02/2020) che “In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito.

Ciò posto nel caso di specie, l’Ufficio aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado, contestando in modo puntuale che il contribuente avesse fornito la prova della rivendita dei beni come emerge dalla trascrizione dei motivi di gravame debitamente riportati nel ricorso in ossequio al principio dell’autosufficienza (pag 9 a pag 14).

La C.T.R., nel riportare per incontestato che la ricostruzione delle cessioni di vendita in oggetto, non ha minimamente preso in considerazione gli elementi fattuali che l’Agenzia aveva specificamente evidenziato nel proprio atto di appello (debitamente riprodotto nella parte di rilievo ai fini dell’autosufficienza), ossia che la cessione dei beni non era documentata né per l’anno 2008,neppure come sostenuto dal contribuente, era stato dimostrato un loro collegamento con le fatture di vendita emesse nell’anno 2009 e che comunque non risultavano contabilizzate fra le rimanenze finali di esercizio precisando che tutte le cessioni a cui l’appellato aveva tentato di abbinare le vendite sarebbero in ogni caso effettuate sottocosto o in perdita o con un margine estremamente ridotto.

L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo ed il ricorso incidentale; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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