Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21088 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/07/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 22/07/2021), n.21088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 13747-2020 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’Avvocato LUFRANO GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 26/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nelle camere di consiglio non

partecipate del 19.1.2021 e 16/3/2021 dal Consigliere relatore,

Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

R.A., cittadino del Pakistan, propose ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego del riconoscimento della protezione sussidiaria e, in subordine, di quella umanitaria, adducendo di essere stato costretto a partire dal paese d’origine a causa delle aggressioni subite da esponenti locali del partito musulmano, per conto dei suoi datori di lavoro, che sarebbero state motivate dalla sua manifestata intenzione di lasciare il lavoro, dopo il periodo di prova, relativo ad attività pubblicitaria dedita alla creazione di falsi profili sui social network per gettare discredito su politici ed organi dello Stato, non condividendo tale attività.

Con decreto del 26.3.2020, il Tribunale di Ancona ha respinto tale ricorso, osservando che: il racconto del ricorrente non era credibile, in quanto totalmente generico, privo di qualsiasi indicazione utile per poter accertare il reale accadimento dei fatti descritti, neppure in termini di verosimiglianza e non ben delineato nel tempo omettendo di indicare il contenuto delle notizie false e il nome dei politici colpiti da tali notizie, e di rappresentare la natura, intensità e modalità delle minacce ricevute; da tale racconto erano emerse anche contraddizioni (in ordine al numero dei fratelli rispetto a quanto detto innanzi alla Commissione) e dichiarazioni inverosimili, quale il riferimento al parlamentare che si sarebbe recato presso la sua abitazione e avrebbe sparato in aria e alla mancata preventiva conoscenza del tipo di lavoro che avrebbe svolto; pertanto, non era riconoscibile lo status di rifugiato; dai report esaminati non si desumevano i presupposti del riconoscimento della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, né della protezione umanitaria in quanto lo svolgimento di attività lavorativa in Italia, in mancanza di ulteriori aspetti sintomatici di un’effettiva e seria integrazione, non costituiva elemento sufficiente per compiere una valutazione di elevata vulnerabilità, non sussistendo pertanto un’incolmabile sproporzione tra il contesto di vita vissuto e quello in cui verserebbe in caso di rimpatrio.

R.A. ricorre in cassazione con tre motivi.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

Che:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 13 del 2017, artt. 1 e 2, art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in quanto, da un lato, il got innanzi al quale era avvenuta la discussione, e che si era riservato di decidere, non aveva fatto parte del collegio che ha emesso il decreto, e dall’altro lamentando che il Tribunale aveva ritenuto inattendibile il racconto del ricorrente senza verificare la coerenza complessiva delle dichiarazioni rese.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per aver il Tribunale escluso l’esistenza in Pakistan di una situazione di violenza generalizzata, come invece desumibile dai report esaminati. Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non aver il Tribunale ritenuto che il ricorrente versasse in una condizione di vulnerabilità legittimante il permesso umanitario, sebbene l’integrazione in Italia risultasse dal rapporto di lavoro, in mancanza della comparazione tra la situazione attuale dell’istante con quella che vi sarebbe in caso di rimpatrio.

Il collegio ritiene che, con specifico riferimento al terzo motivo, sussistano i presupposti per rinviare la causa a nuovo ruolo, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione rimessa con ordinanza interlocutoria 28316/2020 della Prima Sezione in ordine ai presupposti della protezione umanitaria in presenza di indici di integrazione in Italia. In particolare, la Corte di Cassazione ha investito le Sezioni Unite della questione afferente alla valutazione se il rimpatrio dello straniero possa determinare una violazione del diritto alla vita privata e familiare, anche a norma dell’art. 8 CEDU, a fronte di una situazione di effettivo radicamento nel territorio italiano da intendersi in relazione non solo all’attività lavorativa, ma anche in ordine alle varie relazioni umane, sulla base di un giudizio prognostico degli effetti dello “sradicamento” che incentri la valutazione comparativa sulla condizione raggiunta dal ricorrente nel paese d’accoglienza, con attenuazione del rilievo delle condizioni del paese d’origine non eziologicamente ad essa ricollegabili.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, in attesa della sentenza delle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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