Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21086 del 16/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21086 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

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ORDINANZA
sul ricorso 17597-2011 proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE —
INPS (c.f. 80078750587), in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Della
Frezza n. 17, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, rappresentato e
difeso dagli Avv.ti Antonietta Coretti, Emanuele De Rose, Vincenzo
Triolo e Vincenzo Stumpo per procura in calce al ricorso;

– ricorrente Contro
ANGELICO PAOLO;

– intimato avverso la sentenza n. 3715/2010 della Corte d’appello di Bari,
depositata in data 15.07.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
23.05.13 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Marcello Matera.
Ritenuto in fatto e diritto
Angelico Paolo, operaio agricolo a tempo determinato, si rivolse
al giudice del lavoro di Trani per ottenere il ricalcolo dell’indennità di
disoccupazione agricola percepita nell’anno 2003, ai sensi dell’art. 4 del
d.lgs. 16.4.97 n. 146, in relazione alla retribuzione fissata dalla

c7

Data pubblicazione: 16/09/2013

18. INPS c. Abbatecola Michele (r.g. 14935/11)

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contrattazione integrativa collettiva della provincia, anziché in base al
salario medio convenzionale rilevato nell’anno 1995 e non più
incrementato.
Rigettata la domanda e proposto appello dal ricorrente, la Corte
d’appello di Bari con sentenza del 15.07.10 accoglieva l’impugnazione
e condannava l’INPS a riliquidare l’indennità di disoccupazione
corrisposta per l’anno di riferimento, ponendo a base del calcolo il
salario fissato pro tempore dalla contrattazione collettiva provinciale,
compresa la c.d. quota di trattamento di fine rapporto, oltre accessori.
Proponeva ricorso per cassazione l’INPS il quale, deducendo
violazione degli artt. 46, 51 e 55 del ccril operai agricoli e florovivaisti
del 10.7.02, in relazione all’art. 6, c. 4, lett. a) del d.lgs. 2.9.97 n. 314 ed
agli artt. 1362 segg. e 2120 c.c., nonché 4, c. 10 e 11, della 1. 29.5.82 n.
297, contestava la tesi della Corte d’appello che l’emolumento
denominato trattamento di fine rapporto (t.f.r.) corrisposto agli operai
agricoli a tempo determinato costituisca una componente della
retribuzione, come tale idonea a detelminare la indennità di
disoccupazione, e non salario differito, escluso ai sensi del detto art. 6,
c. 4, lett a) sia dalla base imponibile dei contributi previdenziali, sia
dalla retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in
agricoltura. Non svolgeva attività difensiva Angelico.
Il consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha
depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale ed
è stata notificata ai difensori assieme all’avviso di convocazione della
adunanza della camera di consiglio.
Confermando quanto già ritenuto con la sentenza 9.5.07 n.
10546, secondo cui “ai fini della liquidazione delle prestazioni
temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla
contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario
medio convenzionale ex art. 4 d.lgs. 16.4.97 n. 146 – non è
comprensiva del trattamento di fine rapporto”, questa Corte ha
ulteriormente affermato che “sulla base del suddetto principio, la voce
denominata quota di t.f.r. dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di
disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti
stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al
d.l. 14.6.96 n. 318, art. 3, conv. dalla 1. 29.7.96, n. 402, a norma del
quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli
accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a
quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce
abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non
è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte

Per questi motivi
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e,
provvedendo nel merito, rigetta la domanda quanto alla richiesta di
computo della quota di trattamento di fine rapporto nella base di
calcolo dell’indennità di disoccupazione, compensando le spese
dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma in data 23 maggio 2013
Il Presidente

dell’autonomia collettiva” (v. Cass. 5.1.11 n. 202 e numerose altre
conformi).
Tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dal
legislatore il quale con norma interpretativa contenuta nel d.l. 6.07.11
n. 98 (conv. dalla 1. 15.07.11 n. 111) prevede che “l’art. 4 del decreto
legislativo 16 aprile 1997 n. 146, e l’articolo 1, comma 5, del decretolegge 10 gennaio 2006 n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge
11 marzo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile
per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai
agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del
trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva” (art. 18, c. 18).
Il ricorso è, dunque, fondato e deve essere accolto, con
conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384, c. 2, c.p.c.
può provvedersi nel merito e rigettarsi la domanda di computo della
quota di trattamento di fine rapporto.
In ragione dell’intervento della legge di interpretazione
autentica, che ha sopito ogni divergenza, sussistono giusti motivi per
procedere alla compensazione delle spese dell’intero giudizio.

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