Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21083 del 19/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 19/10/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 19/10/2016), n.21083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11636/2014 proposto da:

B.O., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappesentata e difesa dagli avvocati ANNA

CONCOREGGI e EUGENIO PIETRO BARLASSINA giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

E.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SANTIAGATONE

PAPA 50, presso lo studio dell’avvocato CATERINA MELE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASQUALE SCALAMBRINO

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.S., BO.GI., S.F., IMMOBILIARE

ALABAMA SRL IN LIQUIDAZIONE, B.B.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4575/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato ANDREA QUINTIGLIANI per delega;

udito l’Avvocato CATERINA MELE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI

E.R., C.S., Bo.Gi. e S.F. nel 2007 convenivano in giudizio (utilizzando il rito societario) B.O. e B.B., nonchè l’Immobiliare Alabama s.r.l., per sentir dichiarare, in via principale la simulazione assoluta della donazione da B.O. alla figlia B. delle quote pari al 50% della società Alabama, al loro valore nominale, ed in via subordinata per sentir dichiarare l’inefficacia della donazione nei propri confronti in quanto creditori del B. per vari anni di prestazioni professionali non retribuite

Il Tribunale di Lecco, all’esito del giudizio di primo grado, rigettava la domanda di simulazione e dichiarava, in accoglimento della revocatoria, inefficace nei confronti degli attori l’atto di donazione del 2005.

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, rigettava l’appello del B..

Onofrio B. propone cinque motivi di ricorso per cassazione contro la sentenza n. 4575/2013 depositata il 16 dicembre 2013 dalla Corte d’Appello di Milano, notificata il 29.1.2014, regolarmente depositata in copia notificata nei confronti di E.R., C.S., Bo.Gi. e S.F..

Resiste con controricorso il solo E.R., gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Non vi sono memorie.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, occorre dare conto della eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività della notifica sollevata dal controricorrente. La notifica del ricorso è stata tentata l’ultimo giorno presso il domicilio eletto del procuratore costituito, il primo tentativo non è andato a buon fine (“per ragioni ignote”, come precisa lo stesso controricorrente, che non contesta l’esattezza del luogo ove fu esperito il tentativo di notifica) per ragioni non imputabili al notificante ed il procedimento notificatorio è stato tempestivamente riattivato nei quindici giorni successivi e portato a buon fine.

Deve ritenersi che la notifica del ricorso sia tempestiva, in applicazione del principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo il quale è tempestiva la notifica dell’atto che, tentata in pendenza del termine per impugnare, non sia andata a buon fine per cause indipendenti dalla volontà del notificante, purchè essa sia stata da questi tempestivamente rinnovata, a nulla rilevando che la seconda notifica si sia perfezionata dopo lo spirare del termine per l’impugnazione (Cass. n. 3356 del 2014).

Con il primo e con il terzo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, il ricorrente deduce la nullità della sentenza e del procedimento, per intervenuta estinzione del procedimento D.Lgs. n. 5 del 2003, ex art. 8, comma 4 e art. 12, comma 5, ovvero ripropone in questa sede la questione della intervenuta estinzione del giudizio societario per inesistenza della notifica dell’istanza di fissazione udienza: estinzione a suo tempo dichiarata dal giudice designato, ma revocata dal Collegio in accoglimento del reclamo, ove l’organo collegiale rilevava la nullità della notifica dell’atto di citazione nei confronti del B. perchè eseguita ex art. 143 c.p.c., al di fuori dei presupposti e ne disponeva la rinnovazione, facendo “ripartire” il procedimento da un momento precedente a quello della proposizione della istanza di fissazione di udienza.

Gli argomenti con i quali in appello il B. ebbe a contestare la mancata dichiarazione di estinzione del giudizio di merito sono stati dichiarati inconferenti dalla sentenza di appello in quanto afferenti alla proposizione di un procedimento cautelare, e al mancato tempestivo inizio della causa di merito (dal quale, come correttamente osserva la corte d’appello, può derivate oltretutto l’inefficacia del provvedimento, e non l’estinzione del giudizio) e non pertinenti rispetto al rito societario, utilizzato dagli attori.

Il ricorrente riproduce e richiama argomentazioni svolte come lui stesso indica per la prima volta in comparsa conclusionale e come tali inidonee a modificare la linea argomentativa adottata in precedenza ed i riferimenti normativi sulla quale essa si fondava.

Il motivo va pertanto rigettato.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’esistenza di un error in procedendo in relazione all’omessa pronuncia sulla domanda di simulazione, riproposta dai controricorrenti con appello incidentale.

Il motivo deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse, essendo la domanda di simulazione stata proposta nei suoi confronti e volta a vanificare l’atto di donazione da lui stesso posto in essere. A ciò si aggiunga che nella pronuncia di appello, di accoglimento dell’azione revocatoria, vi è un implicito rigetto della domanda di simulazione, il cui accoglimento presupponeva la sussistenza di diversi e più rigidi presupposti.

Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che all’interno di uno stesso giudizio non si possano proporre, congiuntamente, la domanda di simulazione e la domanda di revocatoria, nè in forma alternativa nè in via subordinata l’una all’altra, perchè diversi ne sono i fatti costitutivi e i presupposti e che, anche laddove le due domande siano proposte in via alternativa e con conclusioni subordinate all’interno di uno stesso giudizio, il giudice, dopo aver constatato l’inesistenza di una simulazione assoluta dell’atto impugnato, non possa legittimamente verificare la sussistenza dei diversi presupposti a fondamento dell’azione revocatoria ma debba dichiararla improcedibile.

L’affermazione, infondata e contrastante con il principio dell’economia processuale, si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa corte, che riconosce la legittimità della proposizione delle domande di simulazione e di revocatoria all’interno dello stesso giudizio, anche se le stesse si fondano su fatti costitutivi diversi e contrastanti, rimanendo rimesso alla scelta della parte se collocarle in via alternativa o subordinata. Come chiarito da Cass. n. 17867 del 2007, l’azione di simulazione (assoluta o relativa) e quella revocatoria, pur diverse per contenuto e finalità, possono essere proposte entrambe nello stesso giudizio in forma alternativa tra loro o, anche, eventualmente in via subordinata l’una all’altra, senza che la possibilità di esercizio dell’una precluda la proposizione dell’altra. L’unica differenza tra la formulazione delle due domande in via alternativa, piuttosto che in via subordinata una all’altra, risiede esclusivamente nella circostanza che, nel primo caso, è l’attore a rimettere al potere discrezionale del giudice la valutazione delle pretese fatte valere sotto una “species iuris” piuttosto che l’altra, mentre nella seconda ipotesi si richiede, espressamente, che il giudice prima valuti la possibilità di accogliere una domanda e, solo nell’eventualità in cui questa risulti infondata (o, comunque, da rigettare), esamini l’ulteriore richiesta.

Infine, con il quinto motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 e 1109 c.c. e art. 115 c.p.c..

Il B. ha sostenuto, nella vicenda giudiziaria che viene sottoposta all’attenzione della Corte, di non saper nulla dei crediti dei professionisti, di aver avuto effettivamente intenzione di donare le quote societarie alla figlia, e che altrettanto fece la moglie con l’altro 50%, per porre fine ad un periodo di guerre familiari, che avevano portato quasi alla fine della famiglia e della società gestita dalla famiglia, e di non aver agito per depauperare la propria garanzia patrimoniale. Tali affermazioni sono state ritenute in parte irrilevanti, in parte infondate dalla corte d’appello.

Con il motivo in esame il ricorrente tende, inammissibilmente, a che questa Corte sindachi la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito (sotto lo schermo della violazione delle norme sulle presunzioni) per non aver considerato gli elementi di prova offerti dal ricorrente. Sostiene infatti che la corte d’appello non abbia adeguatamente considerato il contesto, e cioè che lo scopo della donazione alla figlia fosse quello di mettere fine ad un contenzioso pluriennale con la moglie che aveva portato sia la famiglia che la società sull’orlo del baratro.

Si tratta di circostanze di fatto che non possono essere oggetto di riconsiderazione in questa sede, ed inoltre del tutto irrilevanti atteso che, per come sono state prospettate dallo stesso ricorrente, esse attengono solo ai motivi che possono aver determinato il B. ad effettuare la donazione, non idonee ad inficiare nè la consapevolezza da parte sua della necessità di pagare i professionisti che avevano svolto attività professionale per anni in suo favore, nè l’oggettiva diminuzione delle garanzie patrimoniali.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Liquida le spese in favore del controricorrente in complessivi Euro 6.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 24 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2016

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