Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21082 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 02/10/2020), n.21082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15721/2013 R.G. proposto da:

D.A., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Edoardo Violino

e Gennaro D’Avanzo, elettivamente domiciliati presso lo studio

dell’Avv. Gianluca Sole in Roma, via Lucullo n. 3, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 342/2/2012, depositata il 4 dicembre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio

2020 dal Consigliere Marco Dinapoli.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Letto il ricorso per cassazione proposto, con due motivi, da D.A. avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale indicata in epigrafe, che, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino n. 287/3/10, aveva confermato l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con cui era stato accertato a carico del contribuente, per l’anno di imposta 2004, un maggior reddito di Euro 36.709,00 con conseguenti maggiori imposte Irpef, Irap, Iva, contributi Inps e sanzioni.

2.- Considerato che la sentenza impugnata in questa sede ha precisato in motivazione che l’accertamento è stato effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 54, comma 1 ed è fondato sulla incongruenza fra le prestazioni rese nell’anno e i compensi dichiarati dalla parte – libero professionista, che ha sostenuto di non aver ottenuto detti compensi nel corso dell’anno, in quanto in materia varrebbe il principio di cassa, senza però fornire alcuna prova idonea al riguardo.

3.- Atteso che il ricorrente, che ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata con ogni conseguenza di legge, lamenta, con il primo motivo di ricorso, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 in quanto, data la regolarità delle sue scritture contabili, a differenza di quanto ritenuto dal giudice a quo, l’accertamento avrebbe dovuto fondarsi su presunzioni aventi il carattere richiesto dalla legge, nel caso di specie insussistenti.

4.- Visto che con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 54 (testo unico delle imposte sui redditi) che, ai fini della determinazione del reddito da lavoro autonomo, fa espresso riferimento ai compensi percepiti nel periodo di imposta, in applicazione del c.d. “principio di cassa”.

5.- Rilevato che l’Agenzia delle entrate non si è costituita tempestivamente in giudizio, essendosi limitata a depositare una richiesta scritta di partecipazione all’eventuale udienza di discussione, senza contro dedurre al ricorso.

6.- Ritenuto che entrambi i motivi di ricorso siano inammissibili in quanto mancanti del requisito dell’autosufficienza, richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6. Il ricorrente lamenta infatti l’errata valutazione da parte dei giudici del merito di documenti (in particolare l’avviso di accertamento, avverso il quale muove le proprie censure, più che avverso la sentenza) ed argomenti che però non indica specificamente, non trascrive nel ricorso nella parte ritenuta rilevante, nè allega ad esso, ed infine non “localizza” nell’ambito del giudizio di merito con l’indicazione dei modi e dei tempi della loro produzione, per cui il ricorso non possiede l’autonomia indispensabile per consentire alla Corte, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni proposte.

7.- Ritenuto pertanto, per i motivi indicati, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, senza obbligo di spese per il soccombente, poichè l’intimata Agenzia delle entrate non ha proposto controdeduzioni, e che debba darsi atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

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