Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2108 del 28/01/2011

Cassazione civile sez. I, 28/01/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 28/01/2011), n.2108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente – Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere – Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere – Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere – Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere – ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Enna in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, via Gregorio VII 396, presso l’avv. Antonio Giuffrida, rappresentato e difeso dall’avv. Scuderi Andrea giusta delega in atti; – ricorrente – contro C.A. e S.L.; – intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta n. 382/03 del 15.12.2003; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17.12.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni; Udito l’avv. Nigro con delega per la ricorrente; Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 15.12.2003 la Corte di Appello di Caltanissetta rigettava la domanda con la quale il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Enna aveva chiesto di determinare l’indennità per l’avvenuta espropriazione degli immobili di proprietà di C. A. e S.L. in misura pari al valore agricolo tabellare corrispondente alla coltura praticata e di disapplicare, in quanto illegittima, la determinazione adottata sul punto dalla commissione provinciale di Enna con Delib. 16 marzo 1999. In particolare la Corte territoriale disattendeva la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica formulata dagli attori, stimando esaustiva l’indagine già espletata, e riteneva applicabile il D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis (convertito in L. n. 359 del 92) ai fini della relativa quantificazione, essendo risultata l’edificabilità legale e di fatto del terreno e non essendo d’altro canto applicabile, diversamente da quanto prospettato dal consorzio, il criterio dettato dalla L. n. 865 del 1971, art. 16, richiamato dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 a sua volta richiamato dalla L.R. Sicilia n. 21 del 1984, art. 5 bis.

Avverso la decisione il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Enna ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, poi ulteriormente illustrati da memoria, cui non hanno resistito gli intimati.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 17.12.2010.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di impugnazione il Consorzio ha rispettivamente denunciato:

1) violazione del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53, L.R. siciliana n. 1 del 1984, art. 21, L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, nonchè vizio di motivazione, poichè la legge regionale siciliana citata per le espropriazioni delle aree industriali (quali quella in oggetto) opera un richiamo alle procedure previste dal T.U. delle leggi sul Mezzogiorno, queste prevedono che l’indennità di esproprio debba essere calcolata seconde il criterio indicato dalla L. n. 865 del 1971, artt. 16 e 17 commisurato al valore agricolo medio, la successiva modifica di detta legge non avrebbe inciso sul suo antecedente recepimento da parte della regione siciliana, e pertanto i parametri adottati dalla Corte di appello di Caltanissetta non sarebbero condivisibili.

2) violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, L. n. 1150 del 1942, art. 41 septies, L. n. 729 del 1961, art. 9, D.M. 1 aprile 1968, n. 317400, art. 9, D.Lgs. n. 327 del 2001, art. 37, D.P.R. n. 218 del 1978, art. 51, L.R. n. 1 del 1984, artt. 19 e 20 nonchè vizio di motivazione, in relazione all’affermata edificabilità dell’area in questione. L’affermazione sarebbe in particolare errata per un triplice ordine di considerazioni, vale a dire: a) per il fatto che le particelle espropriate ricadrebbero in gran parte, incontestabilmente, in zona di fascia di rispetto stradale e pertanto, per effetto della detta collocazione, alla luce della richiamata normativa vigente sarebbero inedificabili; b) in quanto al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio le dette aree sarebbero state effettivamente agricole; c) per l’inedificabilità delle aree ricadenti nell’ambito dei Piani di Sviluppo Industriale, se non nei limiti delle potenziali finalità pubblicistiche, per il cui soddisfacimento i detti piani sono stati predisposti. Ne deriverebbe che nessuna possibilità di edificare sarebbe attribuita ai loro proprietari e che la Corte di appello a torto avrebbe quindi ritenuto edificabili i terreni in questione.

3) violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, per l’omessa considerazione dell’assenza di possibilità effettive di edificazione (c.d. edificabilità di fatto), che viceversa il detto articolo imporrebbe di valutare.

Osserva il Collegio che il ricorso è infondato, come d’altro canto già ritenuto da questa Corte in fattispecie sostanzialmente identica (C. 09/5565).

Ed infatti, per quanto riguarda il primo motivo, questo è incentrato sulla pretesa erroneità della normativa applicata per la liquidazione dell’indennità di espropriazione che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere quantificata ai sensi del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 (richiamato dalla L.R. siciliana n. 1 del 1984), che a sua volta rinvia alla L. n. 865 del 1971, vale a dire in ragione del valore agricolo tabellare.

Il detto rilievo tuttavia non può essere condiviso alla luce della successiva dichiarazione di incostituzionalità di detti criteri, intervenuta a seguito delle sentenze n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983, dalle quali emerge che per le aree edificabili devono essere applicati i criteri ordinar, e quindi quelli dettati dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis che, costituendo norma di riforma economico – sociale, si pone come limite all’esercizio della stessa potestà legislativa esclusiva regionale, restando applicabile la normativa regionale al solo procedimento espropriativo (C. 06/11742).

Tale principio deve poi trovare conferma anche dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 5 bis della citata legge, che non si è estesa alla bipartizione tra aree agricole e aree edificabili (come è stata qualificata quella in oggetto) ed è stata limitata ai soli terreni fabbricabili, che possono essere espropriati soltanto con la corresponsione del valore venale all’espropriato.

L’avvenuta eliminazione dall’ordinamento del parametro dei valori agricoli medi (circostanze cui si è fatto sopra riferimento), unitamente alla funzione limitativa all’esercizio della potestà legislativa regionale attribuibile al menzionato art. 5 bis sotto il profilo precedentemente delineato, escludono dunque che nella specie si possa configurare un rinvio ricettizio ai criteri L. n. 865 del 1971, ex artt. 16 e 17 (per essere stati acquisiti dal D.P.R. n. 218, art. 53 e quindi successivamente da L.R. n. 1 del 1984), mentre il richiamo alla L. n. 865 del 1971, artt. 16 e 17 operato dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 deve essere interpretato come riferito esclusivamente ai profili procedimentali contenuti nella detta norma, non intaccati dalle sentenze della Corte Costituzionale sopra richiamate.

In ordine al secondo motivo va poi rilevato che l’erroneità della decisione con riferimento ai parametri adottati per la determinazione dell’indennità è stata dedotta sotto diverso aspetti, e cioè per il fatto che comunque la Corte di Appello non avrebbe potuto ritenere il terreno edificabile, per tre ordini di ragioni, vale a dire poichè: a) le particelle ricadono in parte in zona D2 e in parte in fascia di rispetto stradale; b) al momento dell’apposizione del vincolo le aree sarebbero state agricole; c) le aree comprese nei Consorzi di Sviluppo Industriale non sarebbero edificabili. Tuttavia in proposito si osserva che la questione sub a) risulta nuova, ove si consideri che, come emerge dall’esposizione dei fatti di causa riportati nella parte della sentenza dedicata allo svolgimento del processo, il Consorzio non ne aveva fatto cenno in precedenza, sicchè la stessa risulta prospettata per la prima volta in sede di legittimità; quella sub b) è generica ed inidonea pertanto a costituire adeguata censura della decisione adottata sul punto, e ciò in quanto la Corte di appello ha correttamente affermato in diritto che le possibilità legali di edificazione di un’area espropriata vanno valutate con riferimento al momento del verificarsi della vicenda ablatoria, ed ha quindi accertato in fatto che al momento dell’espropriazione il terreno aveva destinazione edificatoria (p. 9), rilievi che sono stati contestati apoditticamente con la semplice indicazione “che al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio da parte del Piano ASI esse erano effettivamente agricole” e con una prospettazione contrastante in punto di fatto con l’accertamento compiuto dalla Corte di Appello; quella sub c) contiene rilievi in punto di fatto (dai quali emergerebbe l’impossibilità di edificazione sui terreni su cui è controversia) in contrapposizione alle indagini svolte dal consulente tecnico, le cui conclusioni sono state criticate con la semplice rappresentazione di una difforme interpretazione dei dati acquisiti, oltre che della normativa vigente asseritamente applicabile nella specie. Resta infine il terzo motivo, con il quale è stata lamentata l’erroneità della stima dei terreni effettuata dal consulente tecnico, doglianza che risulta inconsistente, trattandosi di valutazione di merito avente ad oggetto accertamenti in fatto, non sindacabile in questa sede di legittimità. Ne consegue, conclusivamente, che il ricorso va rigettato, mentre nulla va stabilito in ordine alle spese processuali, poichè gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2011

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