Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21079 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. trib., 07/08/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 07/08/2019), n.21079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23623-2016 proposto da:

R.F., R.L., elettivamente domiciliati in ROMA VIA

COLA DI RIENZO 212, presso lo studio dell’avvocato AURELIO RICHICHI,

che li rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI PERUGIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio

dell’avvocato LUISA GOBBI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA

ZETTI giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 136/2016 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 15/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal Consigliere Dott. MARINA CIRESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per il rigetto del 1, 2, 3 e 4

motivo di ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato RICHICHI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ZETTI che si riporta agli

atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.F. e R.L., comproprietari in ragione del 25% ciascuno del terreno sito in (OMISSIS), loro pervenuto per successione ereditaria nel 2004, e sito nel comparto edificatorio del PRG del Comune di Perugia denominato C), senza piano attuativo approvato, in data 13.2.2014 impugnavano dinanzi alla CTP di Perugia i due avvisi di accertamento con cui veniva loro richiesta l’integrazione dell’ICI già versata per l’anno 2007, sulla base del valore indicato nella tabella del regolamento ICI 2008 oltre sanzioni ed interessi.

La CTP di Perugia con sentenza in data 3.12.2014 rigettava il ricorso assumendo che il valore accertato era congruo, dichiarando altresì legittima la pretesa sanzionatoria.

Proposta impugnazione avverso detta pronuncia da parte dei contribuenti, la CTR dell’Umbria con sentenza in data 15.3.2016 rigettava il gravame.

Avverso detta sentenza i contribuenti proponevano ricorso per cassazione articolato in quattro motivi cui resisteva la controparte con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso rubricato “Omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360c.p.c., comma 1, n. 5, avendo il Comune di Perugia utilizzato per la stima del valore venale in comune commercio del terreno il criterio del “valore di trasformazione” e per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5,comma 5, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3,” parte ricorrente censurava la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto corretto il ragionamento del Comune che aveva determinato il valore dell’area sulla base di una perizia estimativa predisposta dall’Agenzia del Territorio di (OMISSIS) su incarico della Commissione Tributaria Provinciale.

Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 52 e 59, e art. 23 Cost., nonchè dell’art. 210 c.p.c., e dell’art. 111 Cost., (in relazione alla mancata allegazione ed esibizione della documentazione comunale relativa alla stima e pubblicazione ratione temporis di aree fabbricabili)” parte ricorrente deduceva che la CTR inspiegabilmente non aveva aderito alla richiesta ex art. 210 c.p.c., finalizzata a conoscere gli atti in base ai quali i contribuenti avrebbero dovuto stabilire l’esatto ammontare del valore del terreno e così verificare anche se vi fossero i presupposti di legge per esercitare l’azione sanzionatoria.

Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. n. 212 del 2000, artt. 1 e 3, nonchè dell’art. 23 e 25 Cost., e dell’art. 11 disp. Att. c.c., (in relazione all’applicazione retroattiva del regolamento comunale ICI 2008 per la stima del terreno dei ricorrenti)” parte ricorrente deduceva che erroneamente la sentenza impugnata, pur avendo riconosciuto che il Comune di Perugia aveva fatto applicazione del regolamento comunale ICI 2008, aveva comunque ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento.

Con il quarto motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4, e art. 14, (in relazione alla illegittima applicazione delle sanzioni dovute alla mancata presentazione della dichiarazione ICI)” parte ricorrente lamentava l’omessa applicazione delle sanzioni per assenza di colpa del contribuente, stante la situazione di incertezza che si era determinata all’epoca in ordine al valore delle aree fabbricabili esistenti nel territorio del Comune.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Ed invero il ricorrente, sub specie di difetto di motivazione, di fatto censura la valutazione effettuata dal giudice di merito in ordine al valore venale dell’area in relazione ai prezzi di mercato basata sulla considerazione delle caratteristiche del bene come ricavabili dalla consulenza tecnica predisposta dall’Agenzia del Territorio.

A riguardo va rilevato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione. Per converso deve ritenersi inammissibile il prospettato motivo di ricorso, atteso che non è stato indicato alcun “fatto”, dedotto e non adeguatamente valutato nella sentenza impugnata, idoneo a giustificare una decisione diversa da quella assunta, limitandosi a denunciare la valutazione compiuta dai giudice e a proporne una diversa.

Del pari inammissibile è il secondo motivo di ricorso.

Ed invero, l’ordine di esibizione di un documento (art. 210 c.p.c.), costituisce, per il giudice di merito, un potere discrezionale il cui mancato esercizio è censurabile in sede di ricorso per cassazione alla duplice condizione che quel giudice abbia omesso del tutto di motivare sull’istanza avanzata dalla parte e che il mezzo di prova richiesto e non ammesso risulti funzionale alla dimostrazione di punti decisivi della controversia.

Nel caso di specie la sentenza motiva sul punto “ritenendo valide e sufficienti le prove ed i documenti forniti dal Comune”.

Il terzo motivo di ricorso è infondato.

Ed invero “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la delibera con cui la giunta municipale provvede, ai sensi della L. n. 446 del 1997, art. 52, ad indicare i valori di riferimento delle aree edificabili, come individuati dall’ufficio tecnico comunale sulla base di informazioni acquisite presso operatori economici della zona, è legittima, costituendo esercizio del potere, riconosciuto al consiglio comunale dalla L. n. 446 cit., art. 59, lett. g), e riassegnato alla giunta dal D.Lgs. n. 267 del 2000, di determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della delimitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, e, pur non avendo natura imperativa, integra una fonte di presunzioni dedotte da dati di comune esperienza, idonei a costituire supporti razionali offerti dall’Amministrazione al giudice, ed utilizzabili, quali indici di valutazione, anche retroattivamente (vedi Cass. Sez. 5, n. 15555/2010; da ultimo Cass. Sez.6- 5, n. 15312/2018).

Ne deriva, pertanto, che i valori determinati dal Regolamento comunale ICI 2008 potevano essere utilizzati con efficacia retroattiva.

Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.

La questione della disapplicazione delle sanzioni per assenza di colpa non è oggetto di alcuna statuizione della sentenza impugnata nè risulta sia stata dedotta come motivo di appello trattandosi quindi di un tema nuovo e come tale inammissibile.

Conclusivamente il ricorso va rigettato.

La regolamentazione delle spese del giudizio, disciplinata come da dispositivo, segue la soccombenza.

Ricorrono le condizioni per l’applicazione al ricorrente del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 1700,00 oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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