Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21076 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 22/07/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 22/07/2021), n.21076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5792/2020 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MACHIAVELLI

50, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PREZIOSI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI ROMA;

– intimata –

avverso il decreto del GIUDICE DI PACE di ROMA depositato il

25/07/2019 R.G.N. 36371/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con ordinanza 25 luglio 2019, il Giudice di Pace di Roma rigettava il ricorso proposto da M.S., cittadino albanese già attinto da analogo precedente decreto del Prefetto di Roma del 28 marzo 2017, avverso il decreto di espulsione 5 giugno 2019 del medesimo Prefetto per mancanza di permesso di soggiorno, non sussistendo le condizioni per la concessione di uno per motivi umanitari, a causa di precedenti penali e condanne per reati di rapina, furto aggravato e lesioni personali ostativi, in ragione della prevalente esigenza di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici in conseguenza della sua pericolosità sociale;

2. con atto notificato il 5 (7) febbraio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con tre motivi; la Prefettura di Roma restava intimata;

3. con ordinanza 9 settembre 2020 di questa Corte era disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso, a norma dell’art. 291 c.p.c., in quanto nulla (Cass. 29 dicembre 2005, n. 28852; Cass. 13 maggio 2019, n. 12665; Cass. 16 giugno 2020, n. 11660), siccome eseguita, a mezzo del servizio postale, alla Prefettura di Roma presso l’Avvocatura Generale dello Stato, non patrocinante nella precedente fase di merito la Prefettura (Cass. 13 maggio 2019, n. 12665); e la causa nuovamente fissata per l’odierna adunanza;

4. la Prefettura, ritualmente intimata, non svolgeva attività difensiva e lo straniero comunicava memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 166 c.p.c. e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 6, per mancata costituzione davanti al Giudice di Pace della Prefettura di Roma, solo soggetto legittimato, essendosi invece costituita la Questura di Roma illegittimamente in quanto, come puntualmente eccepito, priva di legittimazione propria né delegata, essendo stato l’atto di costituzione (pertanto inutilizzabile e dal quale attinte dal giudice le ragioni del rigetto) sottoscritto da funzionario privo di delega, essendone stati indicati altri in essa (primo motivo);

2. esso è infondato;

3. nel giudizio di opposizione al provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero, spetta al prefetto, quale autorità che ha emesso il provvedimento impugnato (con il conseguente difetto, per tale ragione, di legittimazione della Questura a contraddire nei ricorsi in materia di espulsione: Cass. 24 maggio 2007, n. 12173), la legittimazione esclusiva, personale e permanente a contraddire in giudizio anche in fase di legittimità (Cass. 19 gennaio 2010, n. 825; Cass. 30 luglio 2015, n. 16178);

3.1. peraltro, l’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato può costituirsi fino alla prima udienza e può stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 6;

3.2. nel caso di specie, il Giudice di Pace ha dato espresso atto della costituzione della Prefettura di Roma, tramite la “Questura di Roma come da Decreto del Prefetto di Roma del 25.2.2019” (così all’ultimo capoverso del “Rilevato che” dell’ordinanza): né la verifica di esistenza di un’apposita delega, ricavabile dalla constatazione giudiziale, è documentalmente smentita dalla sua prospettata carenza (al p.to 1.3. a pg. 9 del ricorso), in difetto di debita trascrizione della relativa documentazione, né di indicazione della sua sede di produzione (in realtà neppure essa risultante), comportante difetto di specificità, prescritta a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; con affermazione di principio ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1; Cass. 2 dicembre 2020, n. 27559);

4. il ricorrente deduce poi nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 112,115 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per non corrispondenza della pronuncia alla domanda e comunque per motivazione palesemente illogica e contraddittoria, basata su elementi di prova mai acquisiti ed essendone stati ignorati altri invece offerti; avendo, in particolare, il Giudice di Pace fondato la propria ordinanza di rigetto su ragioni giuridiche diverse da quelle poste a base del decreto prefettizio impugnato, ritenendo l’esistenza di condanne per reati di cui era stata formulata soltanto una prima notizia e completamente trascurando, ai fini del bilanciamento delle esigenze di pubblica sicurezza con la situazione personale e familiare del richiedente, le circostanze allegate e documentate nel ricorso introduttivo quali: il trasferimento in Italia con il proprio nucleo familiare dall’età di quattro anni; la residenza con la propria famiglia e la scolarizzazione primaria e secondaria ad (OMISSIS) e il successivo trasferimento a (OMISSIS), sempre con essa, dal 2013, tuttora mantenuta; la stabile relazione con una cittadina rumena, da sette anni in Italia ed occupata come badante (secondo motivo); omessa valutazione del motivo 1.1. del ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di denuncia della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, artt. 19, 28, 29, 30, non avendo il giudice, come invece “avrebbe dovuto”, affrontato “la questione posta con tale motivo”, in riferimento alla dedotta e documentata situazione familiare, a rischio di rottura nella sua unità: completamente ignorata dal decreto prefettizio impugnato, per la laconica esclusione delle condizioni di rilascio di “un permesso di soggiorno in quanto non ricorrono in capo al cittadino straniero i motivi previsti dalla normativa vigente o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano né ricorrono i presupposti di cui all’art. 19 T.U. e succ. modificazioni” (terzo motivo);

5. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;

6. in via di premessa, occorre correttamente qualificare (come è nel potere di questa Corte, avendo il giudice il potere – dovere di qualificare giuridicamente l’azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti, purché non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio tra le parti: Cass. 17 luglio 2007, n. 15925; Cass. 3 agosto 2012, n. 13945; Cass. 21 febbraio 2019, n. 5153) il vizio, formalmente denunciato come motivo, alla stregua di omessa pronuncia: avendo il ricorrente prospettato con chiarezza la questione, di omessa pronuncia sul motivo di appello, alla stregua di specifico vizio del provvedimento impugnato (Cass. 19 giugno 2018, n. 16170);

6.1. è nota la differenza che intercorre tra omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, che si coglie nel riguardare, nella prima, l’omesso esame direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della domanda di appello); non concernendo invece, nella seconda ipotesi, l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, direttamente la domanda o l’eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia (Cass. 5 dicembre 2014, n. 25761; Cass. 22 gennaio 2018, n. 1539);

6.2. l’omessa pronuncia su un motivo d’appello integra pertanto violazione dell’art. 112 c.p.c. e non già omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello (Cass. 16 marzo 2017, n. 6835): non avendo il Giudice di Pace esaminato il motivo di ricorso sub 1.1., fondato sulle suindicate circostanze allegate e documentate;

7. ma sussiste pure la violazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto, non già errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito (e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare: Cass. 8 ottobre 2019, n. 25166), mai sindacabile in sede di legittimità, ma errore di percezione, incidente sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti: ben sindacabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, vietando la suindicata norma denunciata di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte (Cass. 12 aprile 2017, n. 9356; Cass. 24 ottobre 2018, n. 27033);

8. pertanto, assorbita ogni altra questione, il secondo e il terzo motivo di ricorso devono essere accolti e il primo rigettato; sicché, l’ordinanza impugnata deve essere cassata, in relazione ai motivi accolti e, con decisione nel merito, il decreto prefettizio impugnato annullato, con la regolazione delle spese dei giudizi di merito e di legittimità secondo il regime di soccombenza, a carico della Prefettura e con distrazione al difensore antistatario, secondo la sua richiesta.

PQM

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo, rigettato il primo; cassa l’ordinanza impugnata, in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, annulla il decreto prefettizio e condanna la Prefettura di Roma alla rifusione, in favore dello straniero, delle spese di giudizio, che liquida: per il grado di merito, in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 1.500,00 per compensi professionali; per il giudizio di legittimità, in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 2.200,00 per compensi professionali; oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione al difensore antistatario.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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