Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21074 del 16/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21074 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 25128-2008 proposto da:
UNILAND S.P.A. (già PERLIER S.p.a.) e PERLIER S.R.L.,
in persona dei legali rappresentanti pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI RIPETTA 22,
presso lo studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
2013
1755

PACCHIANA PARRAVICINI AGOSTINO, giusta delega in
atti;
– ricorrenti contro

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

Data pubblicazione: 16/09/2013

SOCIALE, 80078750587 in persona del suo Presidente e
legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

difesi dagli avvocati MARITATO LELIO, CORETTI
ANTONIETTA, CALIULO LUIGI, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

ESATRI S.P.A. (ora EQUITALIA ESATRI S.P.A.);
– intimata –

avverso la sentenza n. 19/2008 della CORTE D’APPELLO
di TRENTO, depositata il 24/06/2008 R.G.N. 11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/05/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
FILABOZZI;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega CORETTI
ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e

r.g. n. 25128/08
– udienza del 15.5.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Perlier spa (poi Uniland spa) ha proposto opposizione alla cartella di pagamento con cui
le era stata ingiunto il pagamento di contributi, somme aggiuntive e sanzioni relative al periodo

L’opposizione è stata respinta dal Tribunale di Trento con sentenza che è stata confermata dalla
Corte d’appello della stessa città, che ha rigettato l’appello proposto dalla società, ritenendo di
dover confermare, in particolare, le statuizioni con cui era stata accertata la sussistenza di un
rapporto di lavoro subordinato con alcune lavoratrici che avevano svolto attività di vendita al
dettaglio dei prodotti forniti dalla Perlier e quella con cui le somme aggiuntive erano state
determinate con riferimento all’ipotesi prevista dall’art. 116, comma 8, lett. b) della legge n.
388/2002, e cioè con riferimento all’ipotesi dell’evasione contributiva, anziché con riferimento
all’ipotesi prevista dalla lett. a) dello stesso articolo, ritenendo, con riguardo a quest’ultimo punto,
che non rilevasse la circostanza che il datore di lavoro aveva provveduto alla denuncia e alla
registrazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa formalmente posti in essere in
contrasto con la reale natura subordinata degli stessi rapporti.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società Uniland spa affidandosi a tre
motivi di ricorso cui resiste con controricorso l’Inps, anche quale mandatario della SCCI, Società di
cartolarizzazione dei crediti Inps spa.
L’Esatri spa non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 2084 e 2222 c.c., censurando la sentenza
impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza dell’elemento della
subordinazione non attribuendo rilevanza al nomen iuris che era stato dato dalle parti al rapporto di
lavoro e sulla base di elementi di natura meramente sussidiaria, quali lo svolgimento di una attività
di vendita (anziché promozione ) dei prodotti, l’alternanza delle prestatrici con rapporto di lavoro
autonomo con la dipendente responsabile del negozio, l’esecuzione della prestazione e
l’organizzazione del negozio secondo criteri generali stabiliti dall’azienda per tutti i negozi, la
reiterazione dei contratti di lavoro autonomo in funzione delle esigenze aziendali, il controllo

settembre 1998-maggio 2002.

telematico su vendite e incassi, l’obbligo delle prestatici di contattare il capo area nel caso in cui
non fossero state in grado di rendere la prestazione.
2.- Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 116, comma 8, della legge n. 388 del
2000, si sostiene che avrebbero dovuto essere applicate non già le sanzioni ricollegate all’ipotesi di
evasione contributiva, ma quelle dovute in relazione alla più lieve ipotesi di omissione.
3.- Con il terzo motivo si denuncia il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza della
“intenzione specifica di non versare i contributi o premi” che deve concorrere, insieme

contributiva.
4.- Il primo motivo è infondato. Questa Corte ha più volte ribadito che, ai fini della distinzione del
rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo, costituisce requisito fondamentale il vincolo di
soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il
quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di
vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative. L’esistenza di tale vincolo va
concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al
modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può
essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo. In sede di
legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso
concreto, mentre costituisce accertamento di fatto – incensurabile in tale sede, se sorretto da
motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici – la valutazione delle risultanze
processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o
nell’altro schema contrattuale (cfr. ex plurimis, Cass. 2728/2010, Cass. 23455/2009, Cass.
9256/2009, Cass. 14664/2001).
5.- E’ stato altresì precisato (cfr. ex plurimis Cass. n. 4500/2007) che elemento indefettibile del
rapporto di lavoro subordinato – e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro
autonomo – è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore di
lavoro al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento
delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e
funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esempio, la
collaborazione, l’osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa,
l’inserimento della prestazione medesima nell’organizzazione aziendale e il coordinamento con
l’attività imprenditoriale, l’assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione), i quali lungi dal surrogare la subordinazione o, comunque, dall’assumere valore decisivo ai fini della
prospettata qualificazione del rapporto – possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto,

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all’occultamento dei rapporti di lavoro o delle retribuzioni, per integrare l’ipotesi della evasione

come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non ne sia agevole l’apprezzamento
diretto a causa di peculiarità delle mansioni, che incidano sull’atteggiarsi del rapporto. Inoltre, non è
idoneo a surrogare il criterio della subordinazione nei precisati termini neanche il nomen iuris che
al rapporto di lavoro sia dato dalle sue stesse parti (c.d. “autoqualificazione”), il quale, pur
costituendo un elemento dal quale non si può in generale prescindere, assume rilievo decisivo ove
l’autoqualificazione non risulti in contrasto con le concrete modalità di svolgimento del rapporto
medesimo.

solo che l’oggetto e le modalità delle prestazioni rese dalle lavoratrici erano diverse da quelle
previste nei contratti di collaborazione coordinata e continuativa (donde l’irrilevanza
dell’autoqualificazione data dalle parti al rapporto di lavoro), ma anche, e soprattutto, che nello
svolgimento di tali prestazioni le lavoratrici erano assoggettate “a rigorose e vincolanti disposizioni
d’ordine con riferimento alla collocazione dei prodotti nel negozio e all’allestimento delle vetrine,
con riferimento all’approvvigionamento dei prodotti, alle giacenze ed a riassorbimento … ed ai
prezzi da applicare alla clientela”. Ha inoltre accertato che la società aveva adottato misure
organizzative idonee a consentire l’esercizio di un controllo assiduo sull’attività svolta dalle
lavoratrici, sia attraverso il collegamento telematico, sia attraverso l’uso dello “scanner”, sia
mediante l’obbligo di comunicare ogni sera l’ammontare dell’incasso giornaliero. Da tali
circostanze i giudici di merito hanno tratto la conclusione che le lavoratrici erano assoggettate in
concreto al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro, oltre che ad una assidua attività di
vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative, sì che non poteva dubitarsi della
sussistenza dell’elemento della subordinazione, così come definito dalla giurisprudenza della S.C.
7.- Non ravvisandosi pertanto nell’iter argomentativo della decisione impugnata i vizi e le
violazioni lamentati dalla ricorrente, il primo motivo deve essere rigettato.
8.- Anche il secondo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente per
riguardare problematiche strettamente connesse, sono infondati. Questa Corte ha già affermato (cfr.
Cass. n. 10509/2012, Cass. n. 28966/2011 e, da ultimo, Cass. n. 4188/2013), infatti, che in tema di
obblighi contributivi verso le gestioni previdenziali e assistenziali, l’omessa o infedele denuncia
mensile all’Inps attraverso i modelli DM10 circa rapporti di lavoro e retribuzioni erogate integra
“evasione contributiva”, ex art. 116, comma 8, lett. b), della legge n. 388 del 2000, e non la meno
grave “omissione contributiva” di cui alla lettera a) della medesima norma, in quanto l’omessa o
infedele denuncia fa presumere l’esistenza della volontà datoriale di occultare i dati allo specifico
fine di non versare i contributi o premi dovuti. E, sulla scorta di tale orientamento, ha precisato che
in tema di violazioni contributive, ove il lavoratore, adibito ad attività ordinaria, figuri nelle

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6.- Nella specie, il giudice di appello, confermando la sentenza di primo grado, ha accertato non

scritture del datore di lavoro, ad esempio, come apprendista, il mancato pagamento dei relativi
contributi integra l’ipotesi dell’evasione contributiva e non quella, meno grave, dell’omissione di
cui all’art. 116, comma 8, lett. a) della legge n. 388 del 2000, che riguarda solo il mancato
versamento delle somme “il cui ammontare è rilevabile dalle denunce o registrazioni obbligatorie”
(Cass. n. 6204/2012, Cass. n. 5773/2012).
La sentenza impugnata risulta del tutto conforme a tali principi e non merita dunque le censure che
le sono state mosse con il secondo ed il terzo motivo.

soccombenza della ricorrente nei confronti dell’Istituto previdenziale e vengono liquidate facendo
riferimento alle disposizioni di cui al d.m. 20 luglio 2012, n. 140 e alla tabella A ivi allegata, in
vigore al momento della presente decisione (artt. 41 e 42 d.m. cit.). Non deve provvedersi in ordine
alle spese nei confronti della Esatri spa, rimasta intimata.

P .Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio
liquidate in € 50,00 oltre € 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Nulla per
le spese nei confronti della Esatri spa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 maggio 2013.

9.- Il ricorso non può pertanto trovare accoglimento. Le spese del giudizio di legittimità seguono la

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