Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21074 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2011, (ud. 29/03/2011, dep. 13/10/2011), n.21074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15727/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

P.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 100/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 14/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/03/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 14.4.05 la Commissione Tributaria Regionale di Napoli rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di rettifica della dichiarazione IVA presentata per l’anno di imposta 1997 dalla società Pellegrino Costruzioni di Giovanni Pellegrino sas, dichiarata fallita in data (OMISSIS). Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale, confermando quanto affermato già nella sentenza di primo grado, che l’avviso di rettifica non poteva ritenersi validamente notificato alla società contribuente, in quanto la relativa notifica era stata effettuata a mani del sig. P.R., già socio accomandatario della società, il 31.12.02, data in cui costui – avendo venduto la propria quota di partecipazione sociale fin dal 1999 – era già cessato da detta carica ed aveva quindi perso la rappresentanza della società.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate impugnano la sentenza della Commissione Tributaria Regionale denunciando, quale unico mezzo, la violazione dell’art. 2312 c.c. (recte art. 2313), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La società intimata non si è costituita nel giudizio di legittimità e il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 219.3.011, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si rileva l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Quest’ultimo non è stato parte del giudizio di secondo grado (a cui ha partecipato solo l’Ufficio locale dell’Agenzia delle entrate), cosicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente giudizio.

Quanto a ricorso dell’Agenzia, si osserva che la sentenza impugnata viene censurata per aver attribuito un ruolo decisivo al fatto che, al momento della notifica dell’avviso di rettifica alla società.

P.R. fosse cessato dalla carica di socio accomandatario e quindi avesse perso la legale rappresentanza della società stessa. Tale argomento, secondo la ricorrente, sarebbe in contrasto col disposto dell’art. 2313 c.c., per il quale i soci accomandatari, ancorchè cessati dalla carica, continuano a rispondere, in solido con la società, delle obbligazioni sociali sorte quando essi erano in carica; secondo l’Agenzia, infatti, P.R., pur dopo aver perso la legale rappresentanza della società, continuerebbe ad avere titolo a ricevere la notifica degli avvisi di accertamento relativi ad obbligazioni tributarie della società sorte nel periodo di imposta in cui egli è stato socio accomandatario, giacchè di tali obbligazioni egli risponde in solido con la società ai sensi dell’art. 2313 c.c., e, quindi, l’Amministrazione potrebbe esigere da lui la relativa soddisfazione.

Il motivo di ricorso va giudicato infondato, perchè non coglie il tema della questione affrontata dai giudici di merito, nè, quindi, la ratio deciderteli della sentenza impugnata.

Nel presente giudizio non si discute, infatti, della necessità della notifica dell’avviso di rettifica a P.R. in proprio, ma della validità della notifica dell’avviso di rettifica alla società Pellegrino Costruzioni di Giovanni Pellegrino sas mediante consegna a mani di P.R..

La questione, in altri termini, non consiste nello stabilire se il suddetto avviso dovesse o meno essere notificato (oltre che alla società, anche) a P.R. ai fini della assoggettabilità del medesimo alla procedura di riscossione coattiva del credito tributano accertato nell’avviso; ma nello stabilire se la notifica dell’atto impositivo alla società, peraltro fallita, fosse stata validamente effettuata mediante consegna di copia dell’atto a mani di persona che, alla data della notifica, era priva della legale rappresentanza della società stessa; e la risposta negativa fornita a tale ultima questione dai giudici del merito è corretta.

Al riguardo questa Corte ha già avuto modo di chiarire che l’accertamento tributario in materia di I.V.A., ove inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore – in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento – ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla “definitività” dell’atto impositivo (sentenze nn. 3427/2002, 6937/2002, 10606/03, 5671/2006). Qualora il contribuente fallito sia una società in accomandita di persone, la notifica dell’avviso che – alla stregua dei principi ora richiamati – deve essere effettuata nei confronti del “contribuente”, oltre che del curatore, va effettuata, a mente dell’art. 145 c.p.c., mediante consegna dell’atto alla persona fisica che rappresenta la società fallita alla data della notifica, ossia all’accomandatario in carica (a propria volta, di norma, fallito “per estensione”); salva la questione – che non rileva in questa sede, perchè la sentenza gravata è stata pronunciata nei confronti della società Pellegrino Costruzioni di Giovanni Pellegrino sas e non di P.R. in proprio – della necessità che l’avviso di accertamento sia notificato (anche) al socio accomandatario cessato dalla carica alla data della notifica (ma in carica al momento dell’insorgenza dell’obbligazione tributaria) affinchè l’Ufficio possa agire nei suoi confronti, per la riscossione coattiva del credito accertato con l’avviso, quale coobbligato solidale con la società ex art. 2313 c.c..

Il ricorso va quindi respinto.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, in difetto di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze e rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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