Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21074 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2020, (ud. 14/06/2019, dep. 02/10/2020), n.21074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24477/2013 proposto da:

AUTOMONTREAL GROUP S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Nazionale n. 54,

presso lo studio dell’Avv. Francesco Monarca, rappresentato e difeso

dall’Avv. Luigi Iannettone giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 80/31/13 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata l’11 marzo 2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 giugno 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Campania ha accolto il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Caserta di accoglimento del ricorso di Automontreal Group s.r.l. contro l’avviso di accertamento (OMISSIS) con cui erano state rideterminate l’IRES, l’IRAP e l’IVA per l’anno 2004, oltre sanzioni, avendo l’ufficio ritenuto, in sede di accertamento, che i versamenti infruttiferi versati per cassa dai soci per complessivi Euro 588.000,00 (esposti fra le passività di bilancio) in più periodi dell’anno non trovavano giustificazione economica e pertanto andavano imputati a vendite “al nero” da tassare, atteso inoltre che la contabilità palesava la ripetitività e sequenzialità delle operazioni, non inframmezzate da altre attività;

2. la CTR ha ritenuto, per quel che qui ancora rileva, che: a) la CTP aveva accolto il ricorso della società accettandone acriticamente la tesi della sussistenza della capacità reddituale dei soci a fini di finanziamento della società per la realizzazione della nuova sede, capacità ritenuta provata in quanto non debitamente contestata dall’amministrazione; b) al contrario, l’amministrazione aveva contestato le tesi della società, sicchè la sentenza gravata era carente quanto alla motivazione; c) in ogni caso le pregresse redditività ritratte dalla gestione della società di persone Automontreal s.a.s., pur cristallizzate da precedenti giudicati, non potevano per ciò solo ritenersi refluite nei conti di Automontreal Group s.r.l.; d) non era stata provata la perdurante disponibilità delle dette ingenti somme (Euro 588.000,00) in capo ai soci – i quali nell’anno d’imposta 2003 avevano dichiarato un reddito pari a zero – e non era credibile il versamento delle dette somme in contanti; e) peraltro, mancava totalmente la tracciabilità di dette somme mediante bonifici, assegni ed altri mezzi per il loro versamento nella casse sociali;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione Automontreal Group affidato ad un unico motivo; l’Agenzia delle Entrate ha depositato “atto di costituzione” ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RITENUTO

che:

4. va dichiarata inammissibile la costituzione dell’intimata Agenzia delle Entrate con un “atto di costituzione” che non è qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”;

4.1. risulta infatti in tal modo violato il combinato disposto dell’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (Sez. 2, 13 marzo 2006, n. 5400); anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c. alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei detti requisiti essenziali, nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (Sez. 3, 18 aprile 2019, n. 10813);

5. tanto ritenuto in via pregiudiziale, il fondo della questione attiene alla giustificazione dei versamenti effettuati dai soci per cassa: secondo la società l’onere della prova ricade integralmente sull’amministrazione e, in ogni caso, i detti versamenti, basati sulle delibere di acquisizione di una nuova sede, trovano la loro fonte nella capacità reddituale dei soci e nella pregressa redditività (utili 19971998) della disciolta s.a.s. refluita nella s.r.l. ricorrente;

6. orbene, con l’unico motivo di ricorso Automontreal Group denuncia “1. violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 e art. 41 bis; 2. violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c.; 3. violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 5”;

6.1. in sintesi, sostiene la ricorrente che: l’ufficio non avrebbe provato la sottofatturazione delle vendite posta a base dell’accertamento; la CTR avrebbe trascurato il punto decisivo della controversia costituito dalla realizzazione della nuova sede della società, “operazione così impegnativa” che, come “ovvio”, “non poteva non impegnare tutte le risorse dei soci”, secondo nozione di comune esperienza (p. 9 del ricorso); l’ufficio non avrebbe contestato con elementi di segno contrario la dedotta disponibilità finanziaria dei soci, manifestata con i versamenti effettuati non per contanti, come dimostrato dalla sostanziale corrispondenza tra “entrate di cassa” e “entrate in banca” (p. 10); la rilevata nullatenenza dei soci nel 2003 sarebbe contraria alle evidenze documentali; le delibere assembleari di richiesta dei finanziamenti ai soci sarebbero valide e coerenti con lo scopo di finanziamento dell’acquisizione della nuova sede di vendita; addirittura la sentenza impugnata avrebbe erroneamente retrodatato di un decennio (1987-1988) le annualità 1997-1998 (attestate da due sentenze, passate in giudicato, relative ad altri accertamenti relativi alla società) costituenti la disponibilità finanziaria pregressa dei soci;

6.2. il mezzo è, all’evidenza, inammissibile;

6.3. va ribadito infatti che nel ricorso per cassazione, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Sez. 5, 14 settembre 2016, n. 18021; Sez. 1, 20 settembre 2013, n. 21611); è stato infatti recentemente riaffermato, più compiutamente, che “In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse” (Sez. 1, 23 ottobre 2018, n. 26874);

6.4. in ogni caso la doglianza, lungi dal proporre le dichiarate censure di violazione e falsa applicazione di legge, maschera sostanzialmente l’espressione del dissenso sulla valutazione delle prove effettuata dal giudice del merito, valutazione che è invece sorretta da una motivazione esistente e non apparente, satisfattiva dello standard del “minimo costituzionale” attualmente censurabile nei limiti del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

6.5. Va inoltre ricordato che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del n. 4 (disposizione che per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante: Sez. 3, 10 giugno 2016, n. 11892);

6.6. deve infine osservarsi che la pretesa “decisività” del fatto costituito dalla realizzazione della nuova sede è meramente affermata dalla ricorrente e che comunque trattasi di profilo valutato dalla CTR in relazione alle delibere assembleari, al contrario di quanto asserito dalla ricorrente; è poi del tutto evidente che la “retrodatazione” delle annualità costituenti la pregressa disponibilità finanziaria è frutto di mero refuso, come pianamente evincibile dalla lettura complessiva della motivazione (il relativo richiama è infatti riportato correttamente nell’esposizione in fatto).

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, stante la rilevata inammissibilità del controricorso (Sez. 5, 26 maggio 2009, n. 12171); doppio contributo unificato a carico della ricorrente, sussistendone i presupposti di legge.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

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