Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21073 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2020, (ud. 14/06/2019, dep. 02/10/2020), n.21073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22990/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

A.Z. EDILMONT S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 43/11/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 15 aprile 2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 giugno 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Lombardia ha rigettato (con compensazione delle spese anche del primo grado di giudizio) il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Bergamo che aveva accolto il ricorso di A.Z. Edilmont s.r.l. contro l’avviso di accertamento (OMISSIS) con cui era stato chiesto – a seguito di accertamento induttivo D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 2, – il pagamento dell’IVA, IRPEG e IRAP, oltre sanzioni, relativamente all’anno 2000 per omessa presentazione della dichiarazione IVA, della dichiarazione dei redditi e del bilancio;

2. la CTR ha ritenuto che: a) effettivamente la contribuente non aveva presentato la dichiarazione modello Unico 2001, con conseguente legittimo accertamento induttivo dell’ufficio; b) tuttavia, detto accertamento non aveva considerato quanto emergente dalla documentazione esibita dalla società su richiesta dell’ufficio ossia, oltre i dati di bilancio del 2000, la cessazione dell’attività della società dal 1 agosto 1998 senza produzione di utili; c) pertanto, la società “aveva offerto una valida prova contraria all’accertamento induttivo posto in essere dall’Ufficio, laddove la mera dimenticanza della dichiarazione dei redditi andava eventualmente sanzionata con altri provvedimenti” (p. 3 della sentenza);

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato ad un motivo; la società non ha svolto difese. Ritenuto che:

4. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 1 e art. 39, comma 2, nonchè del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 1, comma 1, e art. 5, comma 1; deduce l’amministrazione: i) pacifica l’omissione del modello Unico 2001 e la conseguente legittimità dell’accertamento induttivo (legittimità affermata, del resto, dalla sentenza in linea di principio), la CTR, pur avendo evidenziato la reiterazione dell’omissione anche l’anno successivo e la gravità della stessa, trattandosi di società di capitali, ha nondimeno annullato l’accertamento così violando non solo l’art. 39, comma 2, cit. (che faculta l’amministrazione a determinare il reddito d’impresa anche prescindendo dalle risultanze del bilancio), ma anche le cennate norme sulle sanzioni in caso di omessa dichiarazione; ii) constatata l’esistenza della partita IVA per gli anni successivi e la messa in liquidazione della società intimata A.Z. Edilmont s.r.l. nel 2002, la CTR ha errato nel ritenere rilevante la sopraggiunta inoperatività della società essendo invece legittima l’applicazione del metodo induttivo alla luce dell’omessa dichiarazione;

4.1. il mezzo è parzialmente fondato con riferimento alle sanzioni;

4.2. invero, quanto al merito della pretesa fiscale, la censura risulta inammissibilmente formulata poichè non attacca la ratio decidendi, spesa dalla CTR, fondata sulla ritenuta sussistenza della prova contraria, fornita dalla società, circa l’avvenuta cessazione di ogni attività anteriormente agli anni d’imposta in relazione ai quali si è avuta l’omissione delle dichiarazioni in oggetto;

4.3. l’assunto della ricorrente si basa infatti su una lettura meccanica del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, che cozza contro il principio secondo cui (Sez. 6-5, 15 giugno 2017, n. 14930) “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, il potere-dovere dell’Amministrazione è disciplinato non già dell’art. 39, bensì dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 ai sensi del quale, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, l’Ufficio determina il reddito complessivo del contribuente medesimo; a tal fine, esso può utilizzare qualsiasi elemento probatorio e può fare ricorso al metodo induttivo, avvalendosi anche di presunzioni cd. supersemplici – cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 38, comma 3, del D.P.R. citato -, le quali determinano un’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante dalla somma algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio”; ancora (Sez. 5, 13 aprile 2012, n. 5851), “In tema di IVA, la cessazione dell’attività, che, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 30 determina il sorgere del diritto del contribuente al rimborso dell’IVA versata in eccesso rispetto a quella dovuta, si verifica quando vi sia la cessazione effettiva dell’attività economica, irrilevante essendo, invece, l’ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione, perchè la cessazione è riferita dalla legge all’attività e non al soggetto, mentre il perdurare della soggettività d’imposta nonostante l’assenza di operazioni imponibili è in contrasto con i principi costituzionali in tema di capacità contributiva e di correttezza dell’azione amministrativa; nè a tale conclusione osta la previsione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 35, comma 4, (che pospone la presentazione della dichiarazione di cessazione dell’attività all’ultimazione delle operazioni di liquidazione), in quanto tale norma ha mere finalità di anagrafe tributaria, come si evince dall’art. 22, n. 1, della VI direttiva CEE, come interpretato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 22 dicembre 2010, in causa 438/09”;

4.4. la doglianza è invece fondata, come detto, con riferimento alle sanzioni amministrative: queste, previste per il caso di dichiarazione omessa, incompleta o infedele, sono dovute a prescindere dalla circostanza che l’imposta, non dichiarata, vada poi effettivamente riscossa, atteso che le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, in quanto volte a prevenire i detti comportamenti (non conformi a diritto ovvero elusivi) dei contribuenti, riconnettono le sanzioni al dato obiettivo della dichiarazione omessa, incompleta o infedele, come tale idonea a legittimare – e ciò è stato appunto riconosciuto dalla CTR l’accertamento, che a sua volta determina l’irrogazione della sanzione, essendo la fase della riscossione necessariamente successiva (in tal senso si v. Sez. 5, 11 novembre 2015, n. 23029, Sez. 5, 4 giugno 2014, n. 12460 e Sez. 5, 14 giugno 2011, n. 13014);

4.5. e ciò è tanto più vero avendo la stessa CTR affermato – come condivisibilmente evidenziato dall’Agenzia ricorrente – la “gravità oltremodo accentuata” della reiterata “dimenticanza” della presentazione della dichiarazione dei redditi da parte di una società di capitali quale l’intimata (cfr. p. 3 della sentenza).

5. In conclusione, il ricorso merita accoglimento nei sensi di cui in motivazione e la sentenza impugnata dev’essere conseguentemente cassata limitatamente alla questione delle sanzioni amministrative, con rinvio alla CTR della Lombardia che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame attenendosi ai suesposti principi e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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