Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21072 del 16/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21072 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA

sul ricorso 30575-2007 proposto da:
4/ /54 C F z?… s-s-r 6 4,46c9
RIZZO SEBASTIATCY-elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA QUIRINO MAJORANA 9, presso lo studio legale
FAZZARI, rappresentato e difeso dall’avvocato
NOTARIANNI AURORA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
1711

COMUNE

DI

CONDRO’,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 16/09/2013

dall’avvocato ANDO’ ANTONIO, giusta delega in atti;
– contrari corrente –

avverso la sentenza n. 475/2007 della CORTE D’APPELLO
di MESSINA, depositata il 25/06/2007 R.G.N. 873/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GARRI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. FABRIZIA

Svolgimento del processo

demografici (sesta qualifica funzionale) nel posto di settima qualifica funzionale di istruttore direttivo
dell’area demografica. Che a seguito di istanza del 6.11.1993 i con delibera n. 75 del 24 novembre

successivo nnipiyaka disposto l’inquadramento del Rizzo nella settima qualifica.
SO;
Che in data 5.2.1998 il CO.RE.CO . annullalo parzialmente la deliberazione n. 31 del Consiglio
(0,24A
comunale)che in data 19.11.1997 istituife la settima qualifica nell’area demografica culturale e che con
delibera n. 17 del 16.3.1998 era ndeterminata la pianta organica, annullata la citata delibera n. 31 del
1997, e previsto per l’area demografica solo il posto di sesta qualifica funzionale.
Che, tuttavia, il Sindaco del Comune di Condrò con provvedimento n. 19 del 16.1.1999, a seguito di
eAAA
vt
.
parere favorevole in tal senso espresso dall’Assessorato EE.LL. , nomma-Q) il Rizzo responsabile
dell’area demografica e culturale e gli attribuiva, ad personam, la settima qualifica.
r

Che successivamente il dirigente dell’Assessorato agli Enti Locali evidenztato che tale qualifica non
poteva essere attribuita e che, pertanto, dovevano essere ripetuti i maggiori emolumenti corrisposti.
In tal senso provved4o la Giunta comunale con le delibere n. 13 del 19.2.2001 (di reinquadramento) e
37 del 31.5.2001(di recupero delle somme erogate a decorrere dal 10.6.1997).
Ritenendo illegittimo il provvedimento con il quale era disposto il recupero delle maggiori somme
erogate /chiedeva quindi che ne venisse accertata l’irripetibilità e, in primo grado, chiedeva altresì il
riconoscimento del suo diritto ad essere inquadrato nella settima qualifica e la condanna del Comune al
risarcimento del danno alla salute oltre che al pagamento delle differenze retributive non percepite.
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto rigettava tutte le domande e la Corte d’appello di Messina,
investita del solo accertamento della illegittimità della ripetizione delle somme erogate e della richiesta
di condanna al risarcimento del danno alla salute causato dall’arbitraria condotta dell’Amministrazione,
rigettava anch’essa il ricorso.
In particolare la Corte territoriale, dopo aver accertato che le mansioni di fatto svolte non erano
riconducibili alla settima qualifica ha escluso il diritto del ricorrente a conseguire il relativo trattamento
economico. Il giudice d’appello ha sottolineato che l’Amministrazione aveva illegittimamente
trasformato un posto di sesta qualifica (istruttore dell’area demografica) in uno di settima (responsabile
dell’area demografica e culturale); che tale illegittimo provvedimento era stato annullato dal Comitato
Regionale di Controllo perché in contrasto con l’art. 21 del d.p.r. n. 268 del 1987 e che il posto era stato
soppresso; che non esistendo il posto in organico non poteva essere riconosciuta la settima qualifica
rivendicata (art. 56 d.1g. 29 1993 e s.m.) e che le mansioni che aveva comunque continuato a svolgere
erano riconducibili alla sesta qualifica e dunque indebitamente egli aveva continuato a percepire la
retribuzione erogatagli nel periodo precedente pur senza alcun titolo e giustificazione.
Concludeva quindi evidenziando che la ripetizione delle somme indebitamente percepite era consentita
in quanto da un canto non vi era prova della percezione in buona fede e dall’altro erano state
r.g. n. 30575/2007

F.Garri

Rizzo Sebastiano conveniva in giudizio il Comune di Condrò ed esponeva che con la delibera n. 8 del
30.3.1993 il Consiglio ga. Comunee- on e trasforma Ve il posto di istruttore dell’area servizi

comunque tutelata la sua posizione deteriore in quanto erano state disposte modalità di recupero che,
prevedendo una congrua rateizzazione, non incidevano sul complessivo tenore di vita del dipendente.
Con riguardo al chiesto risarcimento del danno, poi, la Corte d’appello ha sottolineato che il
comportamento del Comune era del tutto legittimo e, in mancanza dell’elemento soggettivo della colpa,
non si configuravano i presupposti per riconoscere il risarcimento dei danni chiesto.
Per la cassazione della sentenza ricorre il signor Rizzo articolando tre motivi.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso viene denunciata la violazione e falsa interpretazione degli artt. 56 del
dig. n. 29 del 1993, 25 del dig. n. 387 del 1998, 52 del clig. n. 165 del 2001 anche in relazione agli
artt.3 e 36 della Costituzione.
, chiede alla Corte il ricorrente se nel rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione l’attribuzione
in modo prevalente di mansioni superiori, con atto formale, dgk’diritto al lavoratore di percepire il
trattamento retributivo corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte anche se l’atto di
attribuzione, ritenuto illegittimo, sia poi successivamente annullato.
Il secondo motivo di ricorso attiene alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ed all’omessa
ed insufficiente motivazione pena parte in cui si afferma che il lavoratore non ha svolto le mansioni
superiori senza motivare sulla valenza probatoria di documenti prodotti in giudizio e si chiede alla Corte
di dire se, nell’impiego pubblico privatizzato, le delibere di assegnazione di mansioni superiori, anche se
ritenute illegittime e successivamente annullate, in uno con atti provenienti dall’amministrazione,
costituiscano prova documentale dello svolgimento delle mansioni stesse.
L’ultimo motivo censura la sentenza per avere in violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2126
c.c. e con omessa ed insufficiente motivazione trascurato di considerare che le somme di cui era stata
chiesta la ripetizione erano state erogate a fronte di una prestazione effettivamente resa e dunque, in
violazione dell’art. 2126 c.c. e con motivazione carente omette di contemperare l’interesse al recupero
delle somme con quello del lavoratore a vedere adeguatamente retribuita la sua prestazione ponendosi
così in contrasto con i principi di corrispettività, di tutela dell’affidamento e di ragionevolezza che
devono presiedere alla valutazione di legittimità del provvedimento di recupero. Aggiunge poi che
erroneamente la corte territoriale lo ritiene un atto dovuto e considera salvaguardato l’interesse del
lavoratore per mezzo delle modalità apprestate di rateizzazione della restituzione.
Le censure, che per la loro connessione possono essere esaminate congiuntamente 1 sono infondate e
devono essere rigettate.
Occorre in primo luogo rammentare che i giudici di appello hanno verificato che al conferimento delle
settima qualifica funzionale non è seguita l’attribuzione di mansioni corrispondenti.
Con accertamento in fatto incensurabile in questa sede la Corte territoriale ha verificato che i compiti
assegnati al Rizzo, comunque li si volesse chiamare (istruttore dell’area demografica o responsabile
dell’area demografica e culturale) in nessun modo erano inquadrabili per tipologia di mansioni e di
responsabilità, tra i compiti propri della settima qualifica funzionale.

r.g. n. 30575/2007

—n—

F.Garri

Resiste con controricorso il Comune di Condrò.

Poiché nel rapporto di lavoro, al di là delle denominazioni delle qualifiche, ciò che rileva è il concreto
atteggiarsi del rapporto e, dunque, l’oggettiva individuazione nelle mansioni svolte di dati caratteristici
di una qualifica astratta piuttosto che di un’altra, correttamente la Corte, prescindendo dal dato formale
per accertare il diritto alle retribuzioni in relazione alle mansioni di fatto svolte, ex art. 2126 c.c., si è
mossa su tale piano ed ha verificato in concreto la estraneità dei compiti e delle responsabilità attribuite
rispetto alle mansioni astrattamente classificabili nella qualifica di cui si rivendica il diritto al compenso.
In definitiva la qualificazione formale, pur documentalmente attestata, a maggior ragione ove poi sia
stata annullata per essere illegittima, non è di per sé prova sufficiente a dimostrare lo svolgimento di
mansioni riconducibili ad una qualifica diversa da quella successivamente ritenuta corretta.
La previsione del d.lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5 relativa al conseguimento del diritto al
corrispondente trattamento economico è, secondo la ratio della norma, quella di assicurare al lavoratore
una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36
Cost. (v. Cass. 4-8-2004 n. 14944, Cass. 25-10-2004 n. 20692). E tuttavia il presupposto per
l’attribuzione di tale diritto è definito dall’art. 56, comma 3, del d.lgs. n. 29 del 1993, ( ora d.lgs. n. 165
del 2001, art. 52), secondo cui “si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente
articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale,
dei compiti propri di dette mansioni”.
Quanto alla ripetibilità delle somme, va al riguardo rammentato che in materia di impiego pubblico
privatizzato, “qualora, risulti accertato che l’erogazione è avvenuta sine titulo, la ripetibilità delle somme
non può essere esclusa ex art. 2033 c.c. per la buona fede dell’ accipiens, in quanto questa nonna riguarda,
sotto il profilo soggettivo, soltanto la restituzione dei frutti e degli interessi” (Cass. n. 29926/2008).
Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato condivide tale orientamento statuendo in particolare che
“il recupero di somme indebitamente corrisposte dalla P.A. a propri dipendenti ha carattere di
doverosità e costituisce esercizio di un vero e proprio diritto soggettivo a carattere patrimoniale, non
rinunciabile in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse alle quali sono
istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate” (Cons. Stato, sez. 4, n. 290/2008; Cons.
Stato ord. gen. n. 145/2007) e, ancora, “il recupero di emolumenti indebitamente corrisposti ai
dipendenti, dopo che sia stata accertata la mancanza di un titolo alla corresponsione delle relative
somme e quindi l’esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo patrimoniale ex art. 2033 c.c. avente il
carattere della doverosità” (Cons. Stato, sez. 5 n. 561/2008).
Per le esposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM
La Corte
Rigetta il ricorso.
r.g. n. 30575/2007

F.Garri

Si tratta di accertamento di fatto che non viene censurato nel ricorso con il quale si valorizza
esclusivamente il dato formale della qualificazione delle mansioni come riconducibili alla settima
qualifica funzionale con provvedimento del Comune, prima la giunta, poi il sindaco con sua determina,
successivamente dichiarato illegittimo dal Comitato Regionale di Controllo.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in C 2500,00 per compensi
professionali ed in C 50,00 per esborsi. Oltre accessori dovuti per legge.
Così deciso in Roma il 14 maggio 2013

il Presidente

Il consigliere estensore

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