Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21071 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2020, (ud. 30/05/2019, dep. 02/10/2020), n.21071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19806 del ruolo generale dell’anno 2018

proposto da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi,

n. 12;

– ricorrente –

contro

Puma Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e

difesa dagli Avv.ti Sara Armella e Marina Milli per procura speciale

a margine del controricorso, elettivamente domiciliata in Roma,

Piazzale Clodio, n. 8, presso lo studio di quest’ultimo difensore;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria, n. 1872/3/2017, depositata il giorno 21

dicembre 2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30

maggio 2019 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle dogane aveva notificato a Puma Italia s.r.l. tre avvisi di rettifica e successivi atti di contestazione delle sanzioni con i quali aveva contestato che, al momento delle importazioni operate da Puma Italia s.r.l. non erano stati aggiunti, al valore in dogana delle merci importate, i corrispettivi per i diritti di licenza sui prodotti venduti; avverso i suddetti atti impositivi Puma Italia s.r.l. aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Genova; avverso la pronuncia del giudice di primo grado aveva proposto appello Puma Italia s.r.l.; la Commissione tributaria regionale della Liguria ha accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che: il corrispettivo dovuto da Puma Italia s.r.l. a Puma Ag, non costituiva una royalty, avendo un contenuto più ampio e complesso, coinvolgendo l’attività di promozione del marchio per la merce importata; Puma Italia s.r.l. aveva stipulato con World Cat Limited un contratto di agenzia per essere assistita nella selezione dei migliori produttori, nelle trattative e nella valutazione delle migliori produzioni, sia da un punto di vista qualitativo che economico; i diritti di licenza non potevano essere riferiti alle merci importate; non sussistevano i presupposti di cui agli artt. 157 e 160 DAC ai fini dell’inclusione dei diritti di licenza nel valore delle merci in dogana;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli affidato a quattro motivi di censura, cui ha resistito Puma Italia s.r.l. depositando controricorso, illustrato con successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e dell’art. 132 c.p.c., in quanto non evidenzia alcun passaggio logico in ordine alla esclusione dei presupposti necessari per includere i diritti di licenza nel valore dichiarato ai fini doganali, mancando ogni specifico riferimento alle clausole contenute nei contratti di licenza e dei contratti con i fornitori;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione degli artt. 143,157,159 e 160 Reg. Ce n. 2454/1993, per avere erroneamente ritenuto che i diritti di licenza non potevano essere riferite alle merci importate e per non avere considerato che il complesso delle clausole contrattuali doveva condurre a ritenere sussistente un legame, anche indiretto, tra il licenziante ed il produttore;

i motivi, che possono essere esaminati unitamente, in quanto attengono alla questione della corretta applicazione delle previsioni normative di riferimento nonchè della completezza motivazionale sul punto, sono fondati;

in via preliminare deve essere disattesa l’eccezione d’inammissibilità che la controricorrente prospetta al punto 2 del controricorso in base alla considerazione che l’Agenzia tenderebbe ad ottenere la rivalutazione del merito;

in realtà, la ricorrente non ha contestato la ricostruzione in fatto operata in sentenza, ma l’identificazione delle nozioni giuridiche, che delineano la portata precettiva delle disposizioni unionali applicate, soprattutto gli artt. 157-160 D.A.C.;

ed invero, l’inquadramento dei fatti accertati dal giudice di merito nello schema legale corrispondente si risolve nell’applicazione di norme giuridiche e può, di conseguenza, formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità, sia per quel che concerne la descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia, infine, con riferimento alla individuazione delle implicazioni, sul piano degli effetti, conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo (Cass. civ., 5 dicembre 2017, n. 29111);

ciò precisato, va osservato che la pronuncia del giudice del gravame si articola su due diversi profili: da un lato, in un passaggio motivazionale con il quale viene escluso che i diritti di licenza possano essere riferiti alle merci importate, coinvolgendo l’attività di promozione del marchio per la merce importata e vendere nel territorio nazionale ed atteso che Puma Italia s.r.l. si era avvalsa di World Cat Limited per la selezione dei produttori, per le trattative e per la valutazione delle migliori produzioni; dall’altro, ha escluso la sussistenza dell’ulteriore presupposto consistente nella necessità che il pagamento dei diritti costituisca una condizione della vendita e, quindi, della sussistenza di un legame, anche indiretto, tra il licenziante ed il produttore;

con riferimento al primo profilo, è pacifico che tutte le merci in contestazione incorporassero il marchio Puma, e la giurisprudenza della Corte di giustizia ha chiarito che l’art. 32, paragrafo 1, lett. c) codice doganale non prevede che l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza sia determinato al momento della conclusione del contratto di licenza o al momento dell’insorgenza dell’obbligazione doganale, affinchè i corrispettivi dei diritti di licenza siano considerati relativi alle merci da valutare (CgUE 9 marzo 2017, causa C-173/15, GE Healthcare GmbH c. Hauptzollamt Dusseldorf), sicchè, nel caso di specie le merci ricadevano nella licenza;

peraltro, la stesse sentenza riporta che l’accordo stipulato tra Puma Ag e Puma Italia s.r.l. prevedeva il versamento, da parte di quest’ultima, di corrispettivi per una serie di servizi, quali la realizzazione di campagne di marketing internazionali, creazioni e sviluppo di nuovi prodotti, numerose attività di sponsorizzazione e attivi analoghe, ai cui costi la licenziataria contribuente mediante la corresponsione delle royalties;

non correttamente, sotto tale profilo, il giudice del gravame ha ritenuto che il corrispettivo pagata da Puma Italia s.r.l. non può essere considerato una royalty in quanto avrebbe un contenuto più ampio e complesso;

sul punto, si osserva che la Corte di giustizia sopra citata (9 marzo 2017, GE Healthcare) ha affermato che i corrispettivi e i diritti di licenza vanno considerati “relativi alle merci da valutare” anche quando si riferiscono soltanto in parte alle merci medesime, per cui la circostanza, considerata nella sentenza impugnata, relativa al fatto che i corrispettivi e i diritti di licenza dovuti dalla società contribuente sarebbero afferenti solo in parte all’autorizzazione all’utilizzo del marchio sulle merci importate, essendo collegati anche con la prestazione di servizi di marketing, promozione internazionale, ricerca e sviluppo, non risulta decisiva nel senso dell’esclusione della seconda condizione prevista dall’art. 32 codice doganale;

con riferimento al secondo profilo, va osservato che il giudice del gravame, in relazione alla questione se il pagamento dei diritti di licenza non è una condizione della vendita e a quella secondo cui il pagamento dei diritti di licenza non è stato richiesto dal venditore all’importatore, ha reso una motivazione meramente apparente, in quanto non consente alcuna ricostruzione del percorso logico e motivazionale seguito;

a tal proposito, si precisa che deve ritenersi nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo (Cass. civ., 25 ottobre 2018, n. 27112), come anche la sentenza la cui motivazione consista nel dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati elementi di prova, senza riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa (Cass. civ., 23 marzo 2017, n. 7402), e senza formulare (come nella specie) alcuna specifica valutazione sui fatti rilevanti di causa (Cass. civ., 31 maggio 2019, n. 14984);

l’accoglimento dei motivi di ricorso in esame comporta l’assorbimento dei restanti motivi: il terzo, con cui si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e errata applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in combinato disposto con gli artt. 143,157,159 e 160 Reg. Ce n. 2454/1993, per non avere correttamente applicato il canone ermeneutico contrattuale nel procedimento di interpretazione delle clausole contrattuali; il quarto, con cui si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio;

in conclusione, deve essere cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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