Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21070 del 19/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 19/10/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 19/10/2016), n.21070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16078/2013 proposto da:

F.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato ENNIO MAZZOCCO,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MASSIMO

SANGUINI, GHERARDO FIUME, CRISTIANO DE FILIPPI giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, amministratore delegato Avv. F.P., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MONTEZEBIO 28 SC. A INT. 6, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE BERNARDI, che la rappresenta e difende

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2047/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 19/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. F.G. ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. Autostrade per l’Italia avverso la sentenza del 19 dicembre 2012, con cui la Corte d’Appello di Torino ha rigettato l’appello da lui proposto contro la sentenza del Tribunale di Alessandria, Sezione Distaccata di Novi Ligure, che aveva rigettato la domanda di esso ricorrente, intesa ad ottenere il risarcimento dei danni sofferti in un sinistro occorso il (OMISSIS), allorquando, nella prospettazione fatta valere, mentre percorreva a bordo della sua autovettura un tratto autostradale in concessione dell’intimata, si era verificato l’impatto della stessa con un sasso presente sulla carreggiata.

p.2. Al ricorso, che prospetta due motivi, ha resistito con controricorso l’intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Con il primo motivo si denuncia letteralmente “violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio ai sensi dell’art. 360 comma I n. 5 c.p.c. in riferimento agli artt. 2051 e 2697 c.c.”.

Il motivo esordisce, in modo singolare, affermando che “dagli argomenti sopra illustrati si desume come la sentenza impugnata incorra dunque nella censura ex art. 360, comma 1, lett. 3) (sic) per aver la Corte d’Appello di Torino violato o comunque falsamente escluso l’applicazione dell’art. 2051 c.c., alla fattispecie del caso”.

In tal modo il ricorrente espressamente suppone che il lettore del ricorso debba ricercare il fondamento del motivo in quanto esposto precedentemente, cioè nell’esposizione del fatto.

a) non solo il rinvio che così si fa a tale parte del ricorso risulta effettuato senza fornire alcuna spiegazione del come e del perchè quelli che si definiscono “argomenti sopra illustrati” evidenzierebbero la violazione delle norme di cui all’intestazione del motivo, sicchè resta affidato al lettore del ricorso di individuare i detti argomenti e di comprendere perchè dovrebbero avere quell’efficacia;

b) ma, inoltre, nell’esposizione del fatto si coglie solo, conforme alla funzione di essa nell’economia di un ricorso per cassazione, la narrazione del fatto sostanziale e dello svolgimento processuale e non certo argomenti di critica della sentenza impugnata.

Ne segue che, anche a voler accettare l’insolita tecnica espositiva del motivo, non certo conforme al paradigma dell’art. 366 c.p.c., che distingue nel ricorso l’esposizione del fatto e l’enunciazione dei motivi, risulta vano individuare il motivo di ricorso ricercandone le ragioni in quanto si è esposto nella parte del ricorso dedicata ad espone il fatto sostanziale e processuale.

Il Collegio rileva, pitche l’illustrazione del motivo dopo la singolare enunciazione di cui si è detto svolge, del resto, considerazioni evidentemente nel fallace presupposto del valore “degli argomenti sopra illustrati” – che risultano del tutto inidonee a rivelare un motivo di impugnazione, atteso che si sostanziano in argomentazioni sull’esegesi dell’art. 2051 c.c. e sull’evocazione di massime giurisprudenziali, le une e l’altra svolte in modo del tutto astratto e privo di riferimenti alla vicenda oggetto di giudizio, alle emergenze processuali e – soprattutto – alla motivazione della sentenza impugnata.

Ne segue che, anche accantonando l’assoluta e segnalata inidoneità dell’anomalo rinvio all’esposizione del fatto, non è dato percepire in alcun modo nell’illustrazione del motivo quello che esige la struttura minimale di un ricorso per cassazione. E ciò tanto quanto alla denunciata violazione dell’art. 2015 e dell’art. 2697 c.c., quanto al vizio ai sensi del nuovo n. 5 (sui ci limiti si vedano Cass. sez. un. nn. 8053 e 8054 del 2014), riguardo al quale nemmeno risulta individuato il c.d. fatto decisivo ed appare singolare che il vizio venga denunciato “in riferimento agli artt. 2051 e 2697 c.c.”, cioè a parametri normativi, a meno di ritenere che si sia inteso così assolvere all’indicazione della decisività (che, peraltro, per le indicate considerazioni resterebbe del tutto oscura).

Il motivo è, pertanto, inammissibile per assoluta inidoneità, per le ragioni indicate, ad assumere il contenuto minimale di un motivo di impugnazione.

p.2. Con un secondo motivo si denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento all’art. 2043 c.c. e 90 c.p.c. e segg.”.

L’illustrazione inizia con l’enunciare che la Corte territoriale avrebbe “tralasciato: a) la domanda riproposta in Appello in via subordinata ai sensi dell’art. 2043 c.c., per l’insidia stradale, b) la domanda sulle spese di lite ove nelle conclusioni nell’atto d’Appello e nelle P.C. si rinviene la richiesta di spese competenze e onorari di entrambi i gradi di giudizio, motivi sottostanti a tutto l’atto di impugnazione i secondo grado e comunque presente in maniera esplicita nelle conclusioni”.

Il primo assunto è contraddetto dalla successiva prosecuzione dell’illustrazione, dove si critica “la scarna motivazione sulla inammissibilità della domanda di responsabilità per l’insidia stradale”, così ammettendo che la domanda è stata considerata.

Non solo: subito dopo si critica la sentenza impugnata dicendo che essa avrebbe indicato “apoditticamente l’assenza di una prova di una condotta colposa rimettendosi poi alle confuse motivazioni di primo grado di cui aveva recepito la critica”.

Tanto conferma che la sentenza impugnata non ha tralasciato il problema della domanda subordinata, ma l’ha considerato. Nel contempo evidenzia una palese smentita della prospettazione iniziale dell’illustrazione.

Non senza che si debba rilevare che la stesa prospettazione dell’omesso esame della domanda avrebbe richiesto la denuncia di violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al motivo di appello tendente a sollecitare l’esame della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c..

In disparte tale rilievo, si osserva che, se anche si volesse esaminare il motivo in quanto espositivo di un vizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., in esso non si coglie affatto quanto è riconducibile al detto paradigma secondo le citate sentenze delle Sezioni Unite, giacchè si critica la motivazione enunciata dalla Corte territoriale sulla questione.

Peraltro, tale critica è svolta in modo del tutto assertorio e senza riferire i termini esatti del motivo di appello proposto, che ci si contenta di indicare come i rilevanti elementi di giudizio evidenziati dall’esponente”, nonchè senza individuare le “confuse motivazioni di primo grado”, che la Corte territoriale avrebbe recepito.

Sicchè, il motivo si rivela del tutto generico e privo della necessaria specificità anche qualora lo si voglia intendere come denuncia di violazione di norma di diritto, di modo che anche sotto tale profilo è inammissibile (sulla necessaria specificità del motivo di ricorso per cassazione, si veda Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi).

In fine, nell’illustrazione nulla si dice a spiegazione dell’assunto che la Corte territoriale avrebbe tralasciato “la domanda sulle spese lite “, assunto che così risulta privo di qualsivoglia spiegazione.

Il motivo è, per le plurime ragioni indicate, inammissibile.

p.3. L’inammissibilità dei due motivi induce quella del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemilasettecento, di cui Euro duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 9 giungo 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2016

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