Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21070 del 16/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21070 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: DI CERBO VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 24051-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore. elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso STUDIO
LEGALE FIORILLO E ASSOCIATI, rappresentata e difesa
dall’avvocato FIORILLO LUIGI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1629

MACCARRI

ROBERTA MCCRRT67M57D656N,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 16/09/2013

difende giusta delega in atti;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

1158/2008 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 30/10/2008 R.G.N. 1409/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

DI CERBO;
udito l’Avvocato BURRAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine rigetto.

udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO

24051.08

Udienza 9 maggio 2013

Pres. A. Lamorgese
Rei. V. Di Cerbo

Sentenza

Rilevato che
1. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato
l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 1 luglio 2001
stipulato da Poste Italiane s.p.a. Roberta Maccari.
2. Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso affidato a
due motivi; la lavoratrice ha resistito con controricorso.
3. Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.
4. Come si evince dalla sentenza impugnata Roberta Maccari è stata assunta con
contratto a termine protrattosi dal 1 luglio 2001 al 31 agosto 2001. La sentenza
individua la causale di tale contratto nell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 e, in
particolare, nella previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997 che
prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di
esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli
assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi
produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo
e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane. La Corte di merito, dopo aver
affermato, in motivazione, che il c.c.n.l. 11 gennaio 2001, costituisce la disciplina
collettiva direttamente regolatrice del rapporto, ha poi affermato l’illegittimità del
termine apposto al contratto de quo sul rilievo che esso è stato stipulato in data
successiva al 30 aprile 1998. Nella parte in cui la causale del contratto faceva poi
riferimento alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per
ferie nel periodo giugno-settembre, la Corte territoriale ha tratto ulteriore argomento
a favore della ritenuta invalidità del termine dalla mancata indicazione, nel contratto di
assunzione, del nominativo del lavoratore sostituito ovvero, comunque, dalla mancata
indicazione del collegamento causale tra la carenza di lavoratori , sia pure temporanea,
e l’assunzione a termine della lavoratrice.
5. Con i due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto logicamente
connessi, viene denunciata violazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, degli artt.
1362 e segg. cod. civ., dell’art. 3 della legge n. 230 del 1962 e dell’art. 25 c.c.n.l. 11
gennaio 2001. La società ricorrente deduce che la sentenza impugnata è incorsa in un
palese errore nella parte in cui ha fatto riferimento, ai fini della decisione, all’art. 8 del
c.c.n.l. 26 novembre 1994 atteso che il contratto a termine de quo era stato stipulato

3

La Corte

ai sensi dell’art. 25 del citato contratto collettivo del 2001. Contesta inoltre la
statuizione della sentenza impugnata riferita alla necessità della prova della
sussistenza dei presupposti della clausola relativa alla necessità di espletamento del
servizio in concomitanza di assenze per ferie.

7. E’ evidente che il contratto a termine in esame, protrattosi dal 1 luglio 2001 al 31
agosto 2001, è disciplinato, ratione temporis, dall’art. 25 del c.c.n.l. del 2001, stipulato
in data 11 gennaio 2001; deve ritenersi pertanto, in accoglimento dei motivi di ricorso,
erroneo il riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, all’accordo integrativo del
25 settembre 1997, che, all’epoca della stipulazione del contratto de quo non era più
in vigore. Da ciò consegue l’erroneità del riferimento, contenuto nella sentenza
impugnata, alla circostanza che il contratto in esame è stato stipulato in data
successiva al 30 aprile 1998.
8. Con riferimento ai contratti conclusi ai sensi dell’art. 25 del c.c.n.l. del 2001 (nel regime
anteriore al d.lgs. n. 338 del 2001) più volte questa Corte Suprema (v., fra le altre, Cass.
26 settembre 2007 n. 20162, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608), decidendo in casi
analoghi, ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva dichiarato illegittimo il
termine apposto ad un contratto stipulato in base alla previsione della norma
contrattuale sopra citata, osservando, in linea generale, che l’art. 23 della legge n. 56
del 1987, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare oltre le fattispecie tassativamente previste dalla legge n. 230 del 1962 e successive
modifiche – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di
lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali,
pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine
comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite
di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in forza della
sopra citata delega in bianco le parti sindacali hanno individuato, quale ipotesi
legittimante la stipulazione di contratti a termine, quella di cui al citato art. 25, comma
2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001. In specie, quale conseguenza della suddetta delega in
bianco conferita dal citato art. 23, questa Corte ha precisato che i sindacati, senza
essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque
omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di
lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze
riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”,
costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea
garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti. Premesso, poi,
che l’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 prevede, come si è visto, quale
ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze di
carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricom prendendo
un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da
innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di
nuove tecnologie, prodotti o servizi, questa Corte ha ritenuto viziata l’interpretazione
dei giudici del merito che, sull’assunto della assoluta genericità della disposizione in
esame, ha affermato che la stessa non contiene alcuna autorizzazione ad avvalersi
liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi
4

6. Le suddette censure sono fondate.

9. Il sopra citato orientamento di questa Corte deve essere pienamente confermato e per
l’effetto il ricorso deve essere accolto non avendo la sentenza impugnata fatto corretta
applicazione dei suddetti principi.
10. La sentenza deve essere pertanto cassata in relazione ai motivi accolti; poiché non
sono necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, decidendo nel merito, ai sensi
dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigetta la domanda della ricorrente in
primo grado.
11. Trattandosi di controversia concernente una problematica sulla quale questa S.C. ha
espresso un orientamento assolutamente consolidato, si ritiene conforme a giustizia
compensare fra le parti le spese dei giudizi di merito e, in applicazione del criterio della
soccombenza, condannare la lavoratrice al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; compensa fra le
parti le spese dei giudizi di merito e condanna la lavoratrice al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione liquidate in Euro 50 per esborsi ed Euro 3500 (tremilacinquecento) per
compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 maggio 2013.

specifiche di collegamento tra i singoli contratti e le esigenze aziendali cui gli stessi
sono strumentali. Peraltro, nel quadro delineato, come pure è stato precisato, neppure
è necessario che il contratto individuale contenga specificazioni ulteriori rispetto a
quelle menzionate nella norma collettiva (v. fra le altre Cass. 14 marzo 2008 n. 6988).
Parimenti, poi, nello stesso quadro, con riferimento alla seconda causale della
necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo
giugno-settembre, stante l’autonomia di tale ipotesi legittimante ex art. 23 della citata
legge n. 56 del 1987, questa Corte ha affermato che non è necessario che il contratto
individuale contenga specificazioni ulteriori e neppure è necessario che siano allegate
e provate circostanze ulteriori (v., fra le altre, sulla ipotesi collettiva de qua Cass. 6
marzo 2008 n. 6052; Cass. 20 gennaio 2013 n. 811). In particolare non è, pertanto,
necessaria l’indicazione del lavoratore sostituito e nemmeno la dimostrazione delm
collegamento causale fra la tra la carenza di lavoratori e la singola assunzione a
termine.

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