Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21066 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11700/2019 R.G. proposto da:

STUDIO ASSOCIATO LUNARDI LUSARDI (C.F. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.

PATRIZIO POZZOLI, elettivamente domiciliato presso il suo studio in

Parma, al Piazzale Santafiora, 1;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Emilia Romagna, n. 2158/2018, depositata in data 17 settembre

2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 10 settembre 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il contribuente STUDIO ASSOCIATO LUNARDI LUSARDI, il quale svolge attività odontoiatrica, ha impugnato il silenzio rifiuto, relativo al periodo dell’anno di imposta 2010, per rimborso IVA, sostenendo che il regime di indetraibilità degli acquisti per prestazioni esenti quali quelle sanitarie, secondo il sistema del pro rata, fosse in contrasto con l’art. 17 Dir. 77/388/CEE in materia di IVA e, in particolare, con il principio di neutralità.

La CTP di Parma ha rigettato il ricorso e la CTR dell’Emilia Romagna, con sentenza in data 17 settembre 2018, ha rigettato l’appello del contribuente, ritenendo che – pur essendo il ricorrente soggetto attivo del rapporto IVA – la disciplina di diritto interno del pro rata non è in contrasto con la disciplina unionale, rigettando anche la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE.

Ha proposto ricorso per cassazione parte contribuente affidato a due motivi; resiste con controricorso l’Ufficio, che propone a sua volta ricorso incidentale.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1 – Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 5 e art. 19-bis in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1. Deduce il ricorrente che il sistema normativo del pro rata risulterebbe distorsivo per le imprese e per il mercato, in quanto l’indetraibilità di tali spese comporterebbe il ribaltamento “occulto” del costo dell’IVA sul consumatore finale.

2 – Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 carenza e illogicità di motivazione in merito alla richiesta di remissione della vertenza alla Corte costituzionale e alla Corte di Giustizia”, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha accolto la richiesta di remissione della presente causa alla Corte costituzionale e alla Corte di Giustizia, al fine di valutare la disparità di trattamento tra gli operatori italiani e gli operatori di altri Stati dell’UE. Evidenzia, in particolare, il ricorrente una violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in quanto aventi ripercussione sul diritto di proprietà.

3 – Con l’unico motivo di ricorso incidentale, l’Ufficio deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 1 in relazione all’art. 10, nn. 18) e 19), D.P.R. cit., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il ricorrente sia legittimato a proporre istanza di rimborso IVA per prestazioni esenti IVA, assumendo che il rimborso può essere richiesto da soggetti gravati del correlato prelievo. Deduce, inoltre, il ricorrente che l’esercizio della rivalsa nei confronti dei consumatori finali non ha alcun rilievo in quanto rapporto privatistico.

4.1 – Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile sotto più profili. In primo luogo, il ricorrente viola il principio di specificità dei motivi di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, principio che va letto in correlazione al disposto dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, essendo inammissibile, per difetto di specificità, il motivo di ricorso che, nel denunciare la violazione di norme di diritto, ometta di raffrontare la ratio decidendi della sentenza impugnata con la giurisprudenza di legittimità e, ove la prima risulti conforme alla seconda, ometta di fornire argomenti per mutare orientamento (Cass., Sez. VI, 2 marzo 2018, n. 5001). Nella specie, il ricorrente non si è confrontato con le questioni affrontate dal giudice di appello.

4.2 – In secondo luogo, il ricorrente indica nel motivo delle argomentazioni che non risultano trattate nella sentenza impugnata, per cui il motivo si rende ulteriormente inammissibile non avendo il ricorrente nè allegato, nè indicato in quale atto del giudizio precedente tali argomentazioni siano state svolte (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804). Qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass., Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 2038).

4.3 – In terzo luogo, il ricorrente non censura, nè si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha ritenuto, sulla base della ivi citata giurisprudenza di questa Corte, nonchè della Corte di Giustizia UE (Corte di Giustizia UE, 14 dicembre 2016, Mercedes Benz Italia, C-378/15), la conformità della disciplina del pro rata ai principi unionali.

5 – Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile, posto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo, concerne un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto, controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ascrivibile a questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass., Sez. VI, 6 settembre 2019, n. 22397).

6 – Il ricorso principale va, pertanto, dichiarato inammissibile. Conseguentemente è assorbito l’esame del ricorso incidentale. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato quanto al ricorrente principale.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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