Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21064 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10492/2019 R.G. proposto da:

C.E.M. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dall’Avv. VITO PETRAROTA, elettivamente domiciliato in Roma, presso

lo studio Venettoni Bailo, alla Via Fracassini, 18;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia, n. 2791/2018, depositata in data 21 settembre 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 10 settembre 2020 dal Consigliere Relatore Dott. D’Aquino

Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Risulta dalla sentenza impugnata che il contribuente C.E.M. ha impugnato un avviso di accertamento con metodo sintetico, conseguente alla individuazione da parte dell’Ufficio di elementi indicativi di capacità contributiva, costituiti per quanto rileva in questa sede – dal possesso di sei cavalli da corsa, relativo al periodo di imposta dell’anno 2008 con conseguente ripresa di maggiori imposte, interessi e sanzioni.

La CTP di Bari ha parzialmente accolto il ricorso e la CTR della Puglia, con sentenza in data 21 marzo 2018, ha accolto l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che nel caso di specie è stata fatta applicazione del cd. redditometro, nel qual caso l’Ufficio può fare applicazione di presunzioni supersemplici, restando a carico del contribuente la prova dell’insussistenza del reddito accertato. Conseguentemente, il giudice di appello ha ritenuto che l’indice costituito dal possesso di cavalli, qualificati come cavalli da equitazione, giustifichi l’accertamento dell’Ufficio, stanti i costi necessari alla manutenzione dei suddetti animali, in assenza di prova del fatto che la cura di tali animali fosse esente da spese.

Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria; l’Ufficio si è costituito ai fini della partecipazione all’udienza di discussione.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1 – Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, nella parte in cui la sentenza avrebbe ritenuto che il contribuente avesse l’obbli i presentare la dichiarazione. Assume il ricorrente che nella specie non fosse tenuto a presentare alcuna dichiarazione in quanto soggetto percettore di soli redditi di lavoro e di reddito fondiario non superiori ai limiti di legge a termini del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, con conseguente violazione della suddetta disposizione.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 38, 42, nonchè del D.M. n. 10 settembre 1992 e degli artt. 115,116 c.p.c., nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che i cavalli posseduti dal ricorrente fossero cavali da equitazione, deducendo che nel caso di specie si trattava di cavalli da affezione, non costituenti indici di capacità contributiva. Deduce il ricorrente che sarebbe stata omesso dal giudice di appello l’esame della documentazione prodotta, con particolare riferimento alla relazione medico veterinaria, riguardo alla quale sarebbe stato violato il principio di non contestazione per non essere stata oggetto di contestazione i contenuti di tale relazione. Contesta, inoltre, il ricorrente la congruità del reddito del nucleo familiare del ricorrente rispetto alle spese sostenute e oggetto di contestazione. Deduce, infine, che gli indici presuntivi addotti dall’Ufficio costituiscano unicamente presunzione semplice, la cui gravità, precisione e concordanza va verificata nel contraddittorio delle parti.

1.3 – Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, nella parte in cui la sentenza impugnata non avrebbe ritenuto esservi stata compressione del contraddittorio in caso di applicazione della prova di resistenza; ritiene il ricorrente che alla materia dell’accertamento sintetico mediante redditometro deve farsi applicazione del principio dell’obbligatorietà del contraddittorio.

2 – Preliminarmente va disattesa l’istanza di riunione con altra causa (N. 24125/2017 R.G.), posto che il ricorrente fa riferimento a un avviso di accertamento relativo ad altra annualità (“emesso nel 2006”) Nel sistema tributario, ogni anno fiscale mantiene la propria autonomia rispetto agli altri e comporta la costituzione, tra contribuente e fisco, di un rapporto giuridico distinto rispetto a quelli relativi agli anni precedenti e successivi. Ne consegue che, qualora le controversie relative a diverse annualità d’imposta del medesimo tributo, ancorchè concernenti questioni in tutto o in parte analoghe, siano separatamente decise con più sentenze (anzichè con una sola, previa riunione dei relativi giudizi), ciascun giudizio mantiene la sua autonomia e la decisione ad esso relativa non è suscettibile di costituire cosa giudicata rispetto ai giudizi relativi alle altre annualità (Cass., Sez. V, 30 maggio 2003, n. 8709; Cass., Sez. V, 24 novembre 2004, n. 22197), salvo che per gli elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente (Cass., Sez. V, 3 gennaio 2019 n. 37), che nella specie non sono stati indicati.

3 – Il primo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili, posto che delle questioni dedotte non vi è traccia nella sentenza impugnata, nè il ricorrente offre elementi per ritenere che la questione sia stata affrontata.

3.1 – Nel giudizio di cassazione non è, difatti, consentita la prospettazione di nuove questioni di diritto o contestazioni che modifichino il thema decidendum ed implichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, anche ove si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., Sez. II, 6 giugno 2018, n. 14477; Cass., Sez. H, 30 gennaio 2020, n. 2193). Pertanto, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controll e ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass., Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 2038).

3.2 – Si osserva, peraltro, che il terzo motivo si rivela in ogni caso infondato, non vertendosi in materia di tributi armonizzati per i quali occorre il contraddittorio preventivo, benchè nel rispetto della prova di resistenza (Cass., Sez. VI, 27 luglio 2018, n. 20036).

4 – Il secondo motivo è inammissibile, posto che il ricorrente non denuncia un errore di sussunzione, bensì una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa – nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che i cavalli posseduti dal ricorrente fossero cavalli da equitazione e non cavalli da “affezione” – è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla revisione del ragionamento decisorio, che è tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura non è consentita come violazione di legge ma sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054).

4.1 – Il che è reso evidente dal parametro normativo invocato, costituito dalle norme processuali di valutazione delle prove da parte del giudice, che non concernono propriamente il controllo di logicità del giudizio del giudice di merito, bensì revisione del ragionamento decisorio, ossia revisione dell’opzione che ha condotto il giudice del merito a una determinata soluzione della questione esaminata, giudizio che impinge nel giudizio di fatto, precluso al giudice di legittimità (Cass., Sez. I, 5 agosto 2016, n. 16526), posto che il principio del libero convincimento di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c. è situato interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, pertanto insindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), salvo che si deduca che il giudice del merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o abbia disatteso, valutandole secondo prudente apprezzamento, prove legali (Cass., VI, 17 gennaio 2019, n. 1229). Ne consegue che una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., Sez. VI, 17 gennaio 2019, n. 1229; Cass., Sez. VI, 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass., Sez. III, 10 giugno 2016, n. 11892).

5 – Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, in assenza di formulazione di difese scritte da parte dell’Ufficio intimato resistente, oltre raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in cancelleria il 2 ottobre 2020

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