Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21063 del 16/09/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 21063 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza con motivazione semplificata

sul ricorso proposto da:
MANCUSO Attilio, elettivamente domiciliato in Roma, lungotevere Michelangelo n. 9, presso lo studio degli Avv. Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dai quali è rappresentato e difeso per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 5
maggio 2012 (cron. n. 2425; rep. n. 2026).

Data pubblicazione: 16/09/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 luglio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato Panieri Roda con dele-

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi, il quale ha chiesto raccoglimento
del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Con ricorso depositato il 1 ° febbraio 2011 presso la
Corte d’appello di Napoli, Attilio Mancuso ha proposto, ai
sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa della non
ragionevole durata del giudizio di equa riparazione introdotto
dinnanzi alla Corte d’appello di Salerno con ricorso depositato nel mese di luglio 2004, definito con decreto depositato
nel mese di dicembre 2004 e concluso, a seguito di ricorso per
cassazione notificato nel mese di dicembre 2005, con sentenza
di cassazione con rinvio del maggio 2008 e con decreto della
Corte d’appello di Salerno dell’ottobre 2010.
L’adita Corte d’appello ha ravvisato un’eccedenza rispetto
alla ragionevole durata di dieci mesi ed ha condannato il Ministero al pagamento della somma di euro 834, oltre interessi
legali dalla data del decreto al soddisfo, ed ha compensato
tra le parti le spese di lite.

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ga;

2. – Per la cassazione di questo decreto Attilio Mancuso ha
proposto ricorso, con atto notificato il 20 dicembre 2012,
sulla base di due motivi.
L’intimata Amministrazione non ha resistito con controri-

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
2. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione
e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e
degli artt. 6, 13 e 41 della CEDU, nonché illogicità ed insufficienza della motivazione.
3. – Il motivo è fondato.
Questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte in ordine alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla
legge n. 89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base
della legge stessa, per i quali deve ritenersi predicabile
l’operatività del termine ragionevole di durata e del conseguente regime indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge
presso le Corti d’appello ed eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più

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corso.

pressante per tale tipologia di giudizi, in quanto finalizzati
proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per
sé una condizione di sofferenza e un patema d’animo che sarebex lege

n. 89 del 2001. Né appare condivisibile l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico
procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato diritto
fondamentale, atteso che il procedimento interno rappresenta
una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una ragionevole
durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione, nelle numerose sentenze emesse nel 2012 (vedi, segnatamente, la n. 5924, cit.), questa
Corte ha ritenuto che ove, come nel caso di specie, venga in
rilievo un giudizio “Pinto” svoltosi anche dinanzi alla Corte
di cassazione e poi nuovamente, a seguito di cassazione con
rinvio, alla Corte d’appello, la durata complessiva debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di tre anni.

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be eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti

4. – Il motivo deve quindi essere accolto, essendo erronea
la decisione della Corte territoriale che ha quantificato
l’eccedenza rispetto alla ragionevole durata in appena dieci
mesi.

pugnato emerge che la durata complessiva del procedimento di
equa riparazione è stata di circa sei anni e tre mesi. Detratto il termine ragionevole, stimato in tre anni, nonché il termine di undici mesi intercorso tra il deposito del decreto e
la proposizione della impugnazione, ulteriore rispetto al termine breve previsto per il ricorso per cassazione, la durata
non ragionevole risulta essere stata di circa due anni e quattro mesi.
Resta assorbito l’esame del secondo motivo, relativo alla
decorrenza degli interessi legali.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio,
al ricorrente spetta un indennizzo che va liquidato sulla base
di euro 750 per anno, e quindi in complessivi euro 1.750, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo
Al ricorrente compete altresì il rimborso delle spese
dell’intero giudizio, liquidate complessivamente nella misura
indicata in dispositivo.

Nel caso di specie, infatti, dallo stesso provvedimento im-

Le spese devono essere distratte in favore dei difensori
del ricorrente, dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il
cassa il decreto impugnato e,

decidendo nel merito,

condanna il Ministero della giustizia al pagamento, in favore
del ricorrente, della somma di euro 1.750, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo;

condanna il Ministero

alla rifusione delle spese dell’intero giudizio, che liquida,
per il giudizio di merito, in euro 806, di cui euro 50 per esborsi, 311 per diritti e 445 per onorari, oltre alle spese
generali e agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro 606,25, di cui euro 506,25 per compensi ed
euro 100 per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Dispone

la distrazione delle spese del giudizio di merito e di legittimità in favore dei difensori del ricorrente, Avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratisi
antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2
Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 luglio
2013.

secondo,

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