Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21061 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. trib., 07/08/2019, (ud. 04/12/2018, dep. 07/08/2019), n.21061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11770-2013 proposto da:

COMUNE DI PORTOFERRAIO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo

studio dell’avvocato LUCIANA CANNAS, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

B.U., in proprio e nq di legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5, presso lo

studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati PAOLO BARABINO, CLAUDIO MAZZADI,

VIRGILIO ANTELMI, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 64/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LIVORNO, depositata il 13/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RITA SANLORENZO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato BOSCO per delega dell’Avvocato

CANNAS che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROMANELLI che si riporta e

chiede l’inammissibilità.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La CTR della Toscana, sezione staccata di Firenze – Livorno, ha respinto l’appello del Comune di Portoferraio avverso la sentenza con cui la CTP di Livorno, accogliendo il ricorso proposto da B.U., in proprio e nella qualità di legale rapp.te di Esaom Cesa s.p.a., aveva annullato gli avvisi di accertamento e gli atti di contestazione delle sanzioni notificati alla società per il mancato pagamento, negli anni 2001/2004, della TARSU relativa alle aree dello stabilimento industriale nelle quali si producevano anche rifiuti speciali.

2. La CTR ha ritenuto superata la presunzione relativa di produzione di rifiuti assoggettabili a TARSU, rilevando che Esaom Cesa aveva inviato al Comune una particolareggiata relazione tecnica circa l’estensione delle superfici coperte e scoperte occupate, con l’esatta individuazione di quelle dove produceva rifiuti speciali, per le quali aveva chiesto l’esonero dalla tassazione ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68 e che aveva inoltre provato di aver provveduto a proprie spese allo smaltimento di detti rifiuti, conferiti a ditte autorizzate con le quali aveva stipulato apposita convenzione. Ha aggiunto che la società aveva corrisposto all’amministrazione comunale gli oneri relativi ai rifiuti urbani, con la conseguenza che l’assoggettamento a TARSU anche delle superfici nelle quali si producevano solo rifiuti speciali avrebbe comportato una duplice, illegittima tassazione.

3. Il Comune di Portoferraio ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, sulla base di un unico motivo. La contribuente ha resistito con controricorso.

4. La trattazione della causa, chiamata per la prima volta all’udienza del 27.06.016, è stata rinviata su concorde richiesta delle parti, fra le quali pendevano trattative di bonario componimento.

5. Esaom Cesa ha depositato il 20.11.2018 memoria illustrativa, con la quale ha eccepito l’esistenza del giudicato formatosi sui medesimi avvisi di accertamento, atteso che con sentenza n. 10548/2017 questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Comune di Portoferraio contro la sentenza della CTR n. 63/23/12 che li aveva annullati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare vale osservare che la sentenza coperta da giudicato ha annullato l’atto impositivo avente ad oggetto la TARSU relativa all’anno 2001, mentre la presente controversia attiene agli anni di imposta 2001/2004, con la conseguenza che il giudicato non è invocabile con riferimento alle annualità 2002/2004.

2. Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 e art. 68, comma 3, per aver il giudice d’appello ritenuto spettante la detassazione totale delle superfici di formazione dei rifiuti speciali nonostante il regolamento comunale prevedesse per la categoria di attività soltanto una riduzione del 30%.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Vero che l’esonero da tassazione previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, per le superfici di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio integra un’eccezione, i cui presupposti spetta quindi al contribuente allegare e provare (Cass. 9 marzo 2004, n. 4766, Rv.570897; Cass. 14 gennaio 2011, n. 775, Rv. 616349; Cass. 31 luglio 2015, n. 16235, Rv. 636107).

Vero altresì che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, attribuisce ai Comuni la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, facoltà la quale esige tuttavia uno specifico esercizio regolamentare, in difetto restando le superfici esenti da tassazione (Cass., sez. un., 30 marzo 2009, n. 7581, Rv. 607450; Cass. 13 giugno 2012, n. 9630, Rv. 622870).

Ciò premesso, nella specie la riduzione del 30% è prevista dal regolamento comunale in via forfetaria e come tale è stata applicata alle superfici di che trattasi (“non essendo agevolmente identificabile quella ove venivano prodotti i rifiuti speciali”: pag. 3 di ricorso); invero, il Reg. comunale TARSU, art. 10, comma 4, indica una precisa condizione della detassazione a percentuale fissa (“ove risulti difficile determinare la superficie in cui si producono rifiuti speciali…”: pag. 10 di controricorso).

Con motivazione non censurata, la sentenza d’appello ha però accertato che ESAOM CESA ha provato in quali aree si formano i rifiuti speciali, in quale modo provvede allo smaltimento diretto e di aver reso di tutto ciò edotta l’amministrazione comunale: munita di informazioni specifiche e dettagliate, quest’ultima non poteva perciò applicare la disposizione regolamentare à forfait.

Quindi, la sentenza d’appello è immune da violazione di legge, denunciando la quale il Comune tende a ottenere un’inammissibile riedizione del giudizio di fatto.

5. Il ricorso va dichiarato inammissibile, con aggravio di spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 650,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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