Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21060 del 19/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 19/10/2016, (ud. 16/03/2016, dep. 19/10/2016), n.21060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12120/2013 proposto da:

G.S. (OMISSIS), C.F. (OMISSIS), G.R.

(OMISSIS), in proprio e in qualità di eredi legittimi di

G.I., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA QUINTINO SELLA, 41,

presso lo studio dell’avvocato MARGHERITA VALENTINI, rappresentati e

difesi dall’avvocato FERNANDO PEPE giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

L.L. SRL in persona del legale rappresentante pro tempore

D.V.L., D.P. (OMISSIS) e D.V.L.

nella qualità di eredi del sig. D.V.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA BUSSA, che li rappresenta e difende giusta

procura speciale in calce al controricorso;

GENERTEL SPA, in persona dei suoi legali rappresentanti dott.

M.R. e Dott. S.G., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO

VINCENTI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

EREDI D.V.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5973/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato PICCOLO GIUSEPPE per delega;

udito l’Avvocato VINCENTI MARCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del 1

motivo di ricorso, o, in subordine, per la rimessione alle S.U., con

assorbimento o rigetto degli altri motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28/11/2012 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dai sigg. G.R., C.F. e G.S. in relazione alla pronunzia Trib. Roma 29/10/2004, di parziale accoglimento della domanda proposta nei confronti del sig. D.V.R. e della società L.L. s.r.l. nonchè della compagnia assicuratrice Genertel s.p.a. di risarcimento dei danni iure proprio e iure hereditatis sofferti in conseguenza del decesso, dopo 10 giorni di coma, del congiunto sig. G.I., all’esito di sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) a (OMISSIS) direzione (OMISSIS), cagionato dal D.V. che alla guida dell’autovettura Bmw 520 tg. (OMISSIS), di proprietà della società L.L. s.r.l., collideva violentemente con il ciclomotore condotto dal predetto G.I. dopo aver invaso, in fase di sorpasso, la corsia di pertinenza di quest’ultimo.

La corte di merito ha ritenuto in particolare infondate le doglianze degli odierni ricorrenti e allora appellanti relative all’asseritamente insufficiente liquidazione del danno biologico e del danno morale loro spettante iure hereditatis; al mancato riconoscimento del danno edonistico o esistenziale; al mancato riconoscimento di alcune voci di danno patrimoniale subite dai genitori (danno emergente da spese universitarie e per l’acquisto della cappella di famiglia; danno da lucro cessante).

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. G.R., C.F. e G.S., in proprio e nella qualità, propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi la società Genertel s.p.a. e la società L.L. s.r.l., che hanno presentato anche memoria.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione o falsa applicazione” degli artt. 1223, 2043 e 2059 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente rigettato la domanda di risarcimento del danno biologico iure hereditatis, pur essendo nella specie il loro congiunto Ivano deceduto non già nell’immediatezza o a poche ore di distanza dall’evento lesivo bensì dopo 10 giorni dall’incidente stradale.

Con il 2 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente liquidato in un importo fisso il danno morale iure hereditatis, senza procedere alla relativa “personalizzazione”.

Con il 3 motivo denunziano “omesso esame” di fatto decisivo per l giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che la corte di merito abbia liquidato il danno morale iure hereditatis senza tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto (età dell’ G.I. di 25 anni all’epoca del sinistro, la dinamica del sinistro, l’intensa sofferenza della vittima, che subiva un trauma cranico-encefalico, fratture multiple delle pareti dei seni mascellari e sferoidale, della pareti del’orbita oculare di sinistra e dell’avambraccio di sinistra, nonchè vaste aree contusive diffuse su tutto il corpo).

Con il 4 motivo i ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1223, 2043 e 2059 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si dolgono che la corte di merito abbia rigettato la domanda di risarcimento “danno c.d. edonistico/esistenziale costituito dal mutamento in peius delle proprie abitudini e condizioni di vita in conseguenza del decesso del congiunto”, non valutato neanche nell’ambito del danno morale.

Con il 5 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si dolgono che la corte di merito non abbia riconosciuto, sulla base della prova presuntiva, il subito danno esistenziale.

I primi tre motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.

Come questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha già avuto modo di affermare, per la configurabilità del c.d. danno tanatologico indicato in termini di danno morale terminale o da lucida agonia o catastrofale o catastrofico (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26772; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26773), subito dalla vittima per la sofferenza provata nel consapevolmente avvertire l’ineluttabile approssimarsi della propria fine, assume rilievo il criterio dell’intensità della sofferenza provata (v. Cass., 20/8/2015, n. 16993; Cass., 8/4/2010, n. 8360; Cass., 23/2/2005, n. 3766; Cass., 1/12/2003, n. 18305; Cass., 19/10/2007, n. 21976; Cass., 24/5/2001, n. 7075; Cass., 6/10/1994, n. 8177; Cass., 14/6/1965, n. 1203. In tema di c.d. danno catastrofico v. già Cass., 2/4/2001, n. 4783), a prescindere dall’apprezzabile intervallo di tempo tra lesioni e decesso della vittima.

Per converso, in ipotesi di morte cagionata dalla lesione, allorquando come nella specie tra le lesioni colpose e la morte intercorra un “apprezzabile lasso di tempo” (nel caso, 10 giorni), è invero risarcibile il danno biologico terminale (v. Cass., 28/8/2007, n. 18163), e “per il tempo di permanenza in vita” (v. Cass., 16/5/2003, n. 7632), il diritto di credito al relativo risarcimento essendo quindi trasmissibile iure hereditatis (v. Cass., 23/2/2004, n. 3549; Cass., 1/2/2003, n. 18305; Cass., 16/6/2003, in 9620; Cass., 14/3/2003, n. 3728; Cass., 2/4/2001, n. 4783; Cass., 10/2/1999, n. 1131; Cass., 29/9/1995, n. 10271).

Diversamente dal danno morale terminale, il danno biologico terminale, quale pregiudizio della salute che anche se temporaneo è massimo nella sua entità ed intensità (v. Cass., 23/2/2004, n. 3549) in quanto conduce a morte un soggetto in un sia pure limitato ma apprezzabile lasso di tempo (v. Cass., 23/2/2005, n. 3766), si è ravvisato come “sempre esistente”, per effetto della “percezione”, anche “non cosciente”, della gravissima lesione dell’integrità personale della vittima nella fase terminale della sua vita (v. Cass., 28/8/2007, n. 18163).

Orbene, nell’affermare che gli “odierni appellanti… non hanno fornito la benchè minima prova dello stato di lucidità di G.I. nella breve frazione temporale di sopravvivenza (10 giorni), e nell’escludere che il G., nel breve periodo di sopravvivenza abbia conservato vigilanza e coscienza di sè e dell’ambiente circostante, ritenendo “insussistente il presupposto del suo stato di lucidità nel breve lasso temporale intercorso tra l’incidente ed il decesso”, pervenendo quindi a concludere che a tale stregua la vittima non ha “potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni subite e patire la sofferenza da lucida consapevolezza della morte imminente, sicchè è da negarsi la risarcibilità del danno c.d. tanatologico, la corte di merito ha disatteso i suindicati principi.

Ha in particolare erroneamente argomentato dall’insussistenza dello “stato di lucidità nel breve lasso temporale intercorso tra l’incidente ed il decesso” della vittima, che costituisce invero il presupposto del diverso danno morale terminale, laddove il danno biologico terminale si fonda sul differente presupposto della persistenza in vita della vittima per un apprezzabile lasso di tempo, che si è da questa Corte ravvisato sussistere in ipotesi di sopravvivenza pure per pochi giorni, e addirittura di un giorno (v. Cass., 23/2/2004, n. 3549, in motivaz.), e quindi per un periodo di tempo inferiore a quello come nella specie protrattosi per 10 giorni (cfr. Cass., 31/10/2004, n. 23183; Cass., 16/5/2003, n. 7632), irrilevante al riguardo essendo la circostanza che durante tale periodo la vittima abbia mantenuto uno stato di lucidità.

Con particolare riferimento ai restanti 4 e 5 motivo, va posto in rilievo come, nell’affermare che in “caso di morte del prossimo congiunto un danno non patrimoniale diverso ed ulteriore rispetto alla sofferenza morale (c.d. danno da rottura del rapporto parentale) non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane”, essendo necessaria “la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell’attore allegare e provare”; e nell’ulteriormente precisare che “tale onere di allegazione… va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche”, laddove nella specie gli “odierni appellanti che si sono limitati ad invocare presunzioni e fatti notori del tutto inidonei ai fini della dimostrazione dei fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita dei familiari superstiti (dal fatto, incontestato, che la vittima, figlio primogenito, era convivente con la propria famiglia, che era studente in architettura prossimo alla laurea, che era subentrato nelle attività imprenditoriali della famiglia si evincerebbe che sullo stesso la famiglia aveva investito enormemente in termini umani e professionali; inoltre dal fatto che il nucleo familiare non risultava travagliato da particolari divisioni o incomprensioni dovrebbe presumersi la notevole intensità del dolore per la prematura perdita del congiunto), la corte di merito ha fatto invero piena e corretta applicazione del principio enunziato in particolare nell’espressamente richiamata Cass. n. 10527 del 2011.

All’accoglimento, nei suindicati termini, dei primi tre motivi di ricorso, assorbita ogni altra e diversa questione e rigettati gli altri, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2016

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