Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2106 del 24/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2019, (ud. 11/12/2018, dep. 24/01/2019), n.2106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21177-2018 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI ANGELO MURA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 507/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata l’01/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. SAMBITO

MARIA GIOVANNA C..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Cagliari rigettava il ricorso col quale O.J., cittadino nigeriano, aveva impugnato il diniego delle istanze di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale. Il proposto appello veniva rigettato dalla Corte distrettuale di Cagliari, che confermava l’ordinanza impugnata non considerando credibile il racconto del richiedente per le rilevate differenze tra le versioni fornite circa i motivi della fuga dal suo Paese e la genericità degli eventi narrati, e non ritenendo che la zona di sua provenienza fosse caratterizzata da situazioni di violenza indiscriminata in situazione di conflitto interno o internazionale. Avverso tale sentenza, che revocava l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, O.J. ha proposto ricorso, con due motivi, ai quali il Ministero ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007 e del D.Lgs.n. 25 del 2008, O.J. contesta la decisione della Corte di Appello di Cagliari, per non aver esercitato i doveri ufficiosi di indagine e per non aver applicato il principio di attenuazione del regime ordinario dell’onere della prova.

1.1. La censura è priva di pregio. Ed in vero, come è stato recentemente sottolineato da questa Corte, qualora le dichiarazioni siano considerate inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che, ma non è questo il caso, la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. n. 5224 del 2013; n. 16925 del 2018). Nella specie, la Corte d’Appello di Cagliari ha espresso un giudizio negativo sulla credibilità del richiedente sulla base di plurimi elementi ritenuti rilevatori, in maniera del tutto conforme ai parametri normativi di riferimento e tale conclusione, trattandosi di un accertamento di fatto, non può essere, in questa sede, messa in discussione se non denunciando, ove ne ricorrano i presupposti, il vizio di omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, che nella specie non è stato dedotto.

3. Col secondo motivo, si denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2 e dell’art. 131 c.p.c., comma 1, per non avere la Corte distrettuale correttamente applicato i criteri legali in punto di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Il motivo è inammissibile. Questa Corte ha più volte precisato (Cass. 13807/2011, 21685/2013, 21700/2015; 29228 del 2017; 3028 del 2018) con indirizzo maggioritario cui va data continuità, che tale statuizione deve essere impugnata con opposizione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 e non con ricorso per cassazione. Difatti, è principio consolidato che il mezzo impugnatorio avverso il provvedimento di revoca della ammissione al patrocinio a spese dello Stato in sede civile deve individuarsi, in mancanza di espressa previsione normativa, non nella disciplina penalistica dettata dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 99,112 e 113, ma nel medesimo decreto, art. 170.

4. Tale norma, pur rivolta a regolare l’opposizione ai decreti di pagamento in favore dell’ausiliario, del custode e delle imprese private incaricate della demolizione e riduzione in pristino, deve ritenersi estensibile alle opposizioni ai provvedimenti di revoca dell’ammissione al detto patrocinio deliberati dal giudice civile, configurando tale disposizione un rimedio generale contro tutti i decreti in materia di liquidazione, e quindi esperibile necessariamente contro un decreto del magistrato del processo che la rifiuti. Inoltre, il sistema non tollera una diversificazione del sistema impugnatorio unicamente sulla base dell’essere stata la pronuncia del provvedimento in tema di patrocinio inserita nel medesimo atto – la sentenza – che definisce il giudizio in relazione al quale la parte ha chiesto di avvalersi del beneficio.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato in riferimento a questo giudizio di cassazione, non si applica il D.P.R n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2019

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