Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21059 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 07/08/2019), n.21059

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 977/2018 proposto da:

D.V., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Buccari n. 3, presso lo studio dell’avvocato Acone Maria Teresa,

rappresentato e difeso dagli avvocati Acone Modestino, Acone

Pasquale, Pezone Domenico, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SAPNA S.p.a., – Sistema Ambiente Provincia Di Napoli, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Monserrato n. 34, presso lo studio dell’avvocato Di Foggia

Vincenzo, rappresentata e difesa dall’avvocato Parisi Pasquale,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4478/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2019 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione in particolare del motivo 1;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Acone Pasquale che si riporta

per l’accoglimento.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con scrittura privata del 3 maggio 2002, D.V. ha concesso in affitto alla Spa Fibe – cui era subentrata infine la SAPNA Spa (Sistema Ambiente Provincia di Napoli) dal 1 gennaio 2010 un’area nuda, costituita da un appezzamento di terreno, in agro di (OMISSIS), da adibire a stoccaggio temporaneo di combustibile derivato da rifiuti, contenente, all’art. 15, una clausola compromissoria.

D. ha intimato lo sfratto per morosità per il mancato pagamento dei canoni scaduti; SAPNA si è costituita opponendosi.

Il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di emissione di ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. e, disposto il mutamento del rito, in accoglimento della domanda, ha pronunciato la risoluzione del contratto per inadempimento dell’affittuaria SAPNA, l’ha condannata al rilascio e al pagamento di un indennizzo.

La SAPNA ha proposto appello, difendendosi nel merito ed eccependo l’incompetenza o il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore del collegio arbitrale, in applicazione della menzionata clausola compromissoria.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 27 ottobre 2017, ha interpretato la predetta clausola come configurante un arbitrato irrituale o libero e ha dichiarato la domanda attorea improponibile.

D. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, resistito da SAPNA.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo il ricorrente D. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 808,808 ter e quater c.p.c., in riferimento agli artt. 1362 c.c. e ss. c.c., artt. 817, 819 ter e 829 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere ravvisato nella citata clausola un arbitrato irrituale o libero, mentre si trattata di arbitrato rituale, come si desumeva dalla presenza di indici semantici

inequivocabili presenti nella clausola; denuncia l’erroneità dell’interpretazione, cui assume essersi ispirata la sentenza impugnata, della presunzione di irritualità della clausola arbitrale in caso di dubbio, dovendosi al contrario privilegiare la presunzione in senso contrario, stante la natura eccezionale dell’arbitrato irrituale, come previsto dalla riforma del 2006, soprattutto a seguito dell’orientamento adottato dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 24153 del 2013, che ha sancito la natura giurisdizionale dell’arbitrato rituale.

Il motivo è fondato.

Si premette che, al fine di qualificare l’arbitrato come rituale o irrituale, la Corte di cassazione opera come giudice del fatto e ha, dunque, il potere di accertare direttamente, attraverso l’esame degli atti e degli elementi acquisiti al processo, la volontà delle parti espressa nella clausola compromissoria, in quanto la relativa qualificazione incide sull’ammissibilità dell’impugnazione della decisione arbitrale. Ed è noto che il criterio discretivo tra le due figure consiste nel fatto che nell’arbitrato rituale le parti vogliono la pronuncia di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c., con le regole del procedimento arbitrale, mentre nell’arbitrato irrituale intendono affidare all’arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla loro stessa volontà (Cass. n. 7198 del 2019, n. 23629 del 2015).

Nella giurisprudenza di legittimità, ai fini del discrimine tra le due figure, si è ritenuto che non possono essere ritenuti elementi decisivi per configurare l’arbitrato irrituale e per escludere quello rituale nè il conferimento agli arbitri della potestà di decidere secondo equità, ovvero nella veste di amichevoli compositori (non essendo tale specificazione del criterio di definizione della controversia incompatibile con l’arbitrato rituale, nel quale ben possono gli arbitri essere investiti dell’esercizio di poteri equitativi), nè la preventiva attribuzione alla pronuncia arbitrale del carattere della inappellabilità (ipotizzabile anche con riferimento al lodo da arbitrato rituale, ex art. 829 c.p.c.), nè la previsione di esonero degli arbitri da “formalità di procedura” (previsione non incompatibile con l’arbitrato rituale, a norma dell’art. 816 c.p.c.), dovendosi invece valorizzare, ai fini di una corretta lettura della volontà delle parti nel senso dell’arbitrato rituale, espressioni terminologiche congruenti con l’attività del “giudicare” e con il risultato di un “giudizio” in ordine ad una “controversia” (Cass. n. 833 del 1999; in tema di “arbitrato rituale di equità” Cass. n. 10805 del 2014). Al fine di distinguere tra arbitrato rituale e irrituale, occorre interpretare la clausola compromissoria con riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti ed al comportamento complessivo delle stesse, senza che il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell’arbitrato rituale deponga univocamente nel senso dell’irritualità dell’arbitrato, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte dall’arbitrato rituale quanto all’efficacia esecutiva del lodo e al regime delle impugnazioni (Cass. n. 11313 del 2018).

Nella specie, gli elementi valorizzati dalla Corte territoriale, in particolare le espressioni presenti nella clausola – “giudizio arbitrale”, “giudizio inappellabile”, “senza formalità di rito e secondo equità” -, non sono idonei a sciogliere il dubbio a favore dell’arbitrato irrituale. Deve quindi applicarsi il principio, espresso anche con riferimento alla disciplina applicabile prima della introduzione dell’art. 808 ter c.p.c., ad opera del D.Lgs. n. 2 febbraio 2006, n. 40, secondo cui il dubbio sull’interpretazione dell’effettiva volontà dei contraenti deve essere risolto nel senso della ritualità dell’arbitrato, tenuto conto della natura eccezionale della deroga alla norma per cui il lodo ha efficacia di sentenza giudiziaria (Cass. n. 6909 de 2015), non essendovi elementi certi per ritenere che l’arbitrato sia stato previsto come strumento di composizione amichevole riconducibile alla stessa volontà delle parti.

Pertanto, in accoglimento del suddetto motivo, assorbito il secondo motivo riguardante il governo delle spese, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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